Non arriva a grande sorpresa, specie dopo la finale di Montreal dominata contro Medvedev, la notizia del ritiro di Rafa Nadal dal Masters 1000 di Cincinnati. Lo spagnolo ha difeso i 1000 punti conquistati lo scorso anno a Toronto e si è chiamato fuori dalla mischia in Ohio (Kukushkin prenderà il suo posto in tabellone), mettendosi adesso in una posizione piuttosto comoda: con 500 punti di vantaggio su Federer in classifica, di qui a fine stagione deve difendere ‘soltanto’ i 720 della semifinale di New York laddove allo svizzero tocca (Finals escluse) fronteggiare l’uscita di 2000 punti. Inoltre, se Djokovic appare irraggiungibile in classifica, nella Race to London è in realtà dietro lo spagnolo di circa 500 punti (6735 vs 7225). Questo implica che Djokovic dovrà fare sensibilmente meglio di Rafa nei prossimi tornei per tenere la vetta della classifica a fine stagione.
Per la quinta volta in carriera Nadal non disputerà almeno uno dei due 1000 nordamericani che precedono lo US Open, terza volta negli ultimi quattro anni (lo scorso anno saltò Cincinnati, nel 2016 la Rogers Cup anche a causa delle Olimpiadi). Al contempo, per la quinta volta (seconda consecutiva) comincerà gli US Open avendo sollevato il trofeo canadese (nel 2013 riuscì a fare doppietta, vincendo anche Cincinnati). Se si esclude il primo set contro Fognini e in parte il primo del torneo contro Evans, Nadal ha vinto questo torneo con relativa facilità. Il 6-3 6-0 inflitto a Medvedev ha poi assunto i (soliti?) contorni delle sfide tra uno dei Fab 3 e uno degli under 23 che si affacciano al grande tennis. Quelli della lezione di tennis.
“Il primo gioco è stato duro. Scambi molto lunghi, lui ha giocato alla grande. Per me era importante iniziare nel modo migliore, lui arrivava alla finale dopo diverse partite sul cemento, comprese quelle della scorsa settimana (Medvedev era arrivato in finale a Washington, ndr). Per me era diverso, avevo giocato soltanto tre partite in questo torneo. Penso che anche lui abbia giocato un buon primo game, ha avuto una palla break (l’unica della partita, ndr) ma io mi sono salvato. Dopo ho giocato la miglior partita della settimana, con cambi di ritmo e di direzione. Anche lo slice ha funzionato alla grande“.
Ennesima dimostrazione di forza da parte di Nadal, che vince il suo 35esimo Masters 1000 e stacca nuovamente Djokovic di due lunghezze. Ennesima dimostrazione di longevità, se consideriamo che lo spagnolo aveva vinto per la prima volta il torneo canadese nel 2005, a soli 19 anni. “Penso di essermi sempre circondato delle persone giuste e di grandi professionisti che mi hanno aiutato in ogni modo“, ha detto a riguardo un Rafa molto istituzionale. Che si dice anche piuttosto soddisfatto della sua condizione atletica negli ultimi mesi (non viene eliminato in un torneo prima della semifinale da Acapulco, sconfitto da Kyrgios agli ottavi). “Mi sento bene da un po’. Da Madrid penso di essere andato in crescendo. Il corpo sta bene e questo mi fa giocare meglio, perché la mia mente è concentrata sul tennis e non sul fatto di riuscire o meno a fare una cosa“.
In ogni caso, le partite vanno sempre portate a casa. Anche quando sei sopra 6-3 4-0, apparentemente in pieno controllo dei giochi. “Anche se so di essere in vantaggio, non posso essere sicuro al 100% che vincerò la partita. Forse per questo motivo ho vinto quello che ho vinto, perché non mi ‘fido’ mai troppo (del punteggio, ndr). Rispetto ogni situazione e ogni avversario“. Il contesto di Montreal, poi, città nella quale solleva il trofeo della Rogers Cup per la terza volta, sembra giovargli particolarmente. “Penso che qui ci sia grande passione per lo sport e per il tennis. Poi mi è sempre piaciuta la città, è molto europea. Mi piace uscire per cena e passeggiare. Sono felice di venirci durante l’estate perché parlando con Jacque, il mio autista dal 2005, lui mi racconta sempre che qui l’inverno è terribile!” dice Rafa sorridendo.
Nelle battute finali della conferenza, Rafa si sofferma sull’ormai pluri-dibattuto argomento della sua programmazione, sempre più lasca negli anni per via degli infortuni. “Quando ti fai male, poi devi recuperare. Sto solo cercando di evitare queste situazioni: se sono in grado di vincere partite, ovviamente posso scegliere con più facilità i tornei da giocare“. Sulla lunghezza del calendario: “No, non credo che la stagione sia troppo lunga. Anzi, questo crea maggiori opportunità perché più giocatori possono giocare più tornei. Lo sport non riguarda soltanto i top player che vincono molti soldi. Il problema sono i tornei obbligatori programmati fino a novembre, fino all’ultima settimana della stagione. Se fossimo in grado di cambiare in modo tale da giocare questi eventi prima, secondo me sarebbe meglio per tutti“. Chissà se le orecchie stanno fischiando di più agli organizzatori del torneo di Bercy o ai tenaci difensori della collocazione in calendario delle ATP Finals.