2- le tenniste nella top 25 WTA – entrambe pluri campionesse Slam e ex numeri uno del mondo, Angelique Kerber e Serena Williams- ad aver superato i 30 anni. Il ricambio generazionale ai vertici del tennis femminile è testimoniato dalla circostanza che, nella stessa fascia di classifica, più della metà delle giocatrici (tredici) non hanno compiuto 26 anni, dieci non sono ancora ventiquattrenni e ben sette, tra le quali le teen-ager Andreescu e Anisimova, sono nate dal 1997 in poi. Una netta differenza con quanto avviene nel settore maschile, dove dieci dei primi diciotto della classifica di questa settimana sono over 30 e solo tre (Zverev, Coric e Tsitsipas) tra i primi venti non hanno ancora compiuto 23 anni. Il continuo venir fuori ad alto livello di giovani tenniste fa il paio a un equilibrio estremo, confermato dall’alternanza al numero 1 (da gennaio sono già avvenuti quattro cambi al vertice tra Halep, Osaka, Barty e, questa settimana, nuovamente Osaka). Nel 2019 nessuna tennista ha ancora conquistato almeno tre titoli di categoria International o di livello superiore. Barty, Karolina Pliskova, Kvitova, Yastremska, Teichmann, Kenin e, con il trionfo a Toronto tra il pubblico di casa della scorsa settimana, Andreescu sono al vertice di questa speciale graduatoria. Anche in questo caso, balza all’occhio la differenza col settore maschile, dominato dai tre grandi campioni dominatori da quindici anni e passa, capaci di vincere sinora tutti i Major sin qui giocati nel 2019, monopolizzare due finali Slam su tre, vincere quattro dei sei Masters 1000 sin qui disputati e portare a casa due ATP 500.
4- le vittorie nel circuito maggiore ottenute prima di Toronto da Marie Bouzkova, a sorpresa semifinalista nel Premier 5 nordamericano . E dire che la ventunenne ceca prima dei Canadian Open non aveva ancora mai sconfitto una tennista nella top 80 WTA, giocando in appena tredici tabelloni principali 5. Maria, cresciuta ammirando come tennista Azarenka, da giovanissima si era già fatta notare: era stata la campionessa dell’edizione del singolare femminile juniores degli US Open 2014. Trasferitasi quando aveva solo dieci anni da Praga-dove è nata anche tennisticamente- all’ tttttt di Bollettieri in Florida, Bouzkova ha pagato lo scotto dell’evoluzione del suo gioco per il circuito professionistico: solo questo mese, grazie alla vittoria dell’undicesimo ITF (nove dei quali giocati sul cemento) era entrata nella top 100. A Toronto, partendo dalle quali, è arrivata in semifinale senza perdere un set: e se le prime tre partite sono state giocate contro avversarie peggio classificate (Jaksic e Vickery nelle quali, la wc locale Fernandez nel tabellone principale) è dai sedicesimi che è cambiata la carriera di Bouzkova. Di seguito ha infatti sconfitto una top ten come Stephens (6-2 7-5), una ex campionessa Roland Garros come Ostapenko (duplice 6-2) e approfittato del ritiro di Halep, dopo averle strappato il primo set(6-4 0-0). In semifinale non ha sofferto di nessun timore reverenziale contro una leggenda come Serena Williams, portata al terzo (1-6 6-3 6-3). La nuova classifica, che la posiziona al 53 WTA, è il giusto premio di una settimana che non dimenticherà mai.
7- gli anni trascorsi dall’ultima volta nella quale Grigor Dimitrov non era presente nella top 70 del ranking ATP. Vi entrò, per la seconda volta in carriera, nel giugno 2012, dopo la semifinale persa al Queen’s contro Nalbandian, e non ne era più uscito sino alla scorsa settimana, quando ha perso i punti conquistati con i quarti di Toronto nel 2018. Del resto il 28enne bulgaro paga un anno e mezzo disastroso nei risultati (nelle ultime cinquantadue settimane è arrivato tra gli ultimi otto di un torneo solo a Brisbane e vinto tre partite di fila in un’unica circostanza, a Melbourne). A nulla gli è servita la coraggiosa svolta di maggio, con la separazione dopo quasi tre anni dal coach Daniel Vallverdu: si assiste in questi mesi a una versione irriconoscibile del tennista capace di vincere appena due anni fa ATP Finals, Masters 1000 di Cincinnati e di raggiungere il numero 3 del mondo. Dimitrov da agosto 2018 ha perso ben dieci partite contro tennisti non presenti nella top 50, sconfiggendo un top 20 in appena un’occasione delle cinque in cui li ha affrontati: una crisi piuttosto inspiegabile e, soprattutto, all’apparenza lontana dal concludersi.
8- le vittorie di Stefanos Tsitsipas negli ultimi sei tornei giocati. Un rendimento in netta controtendenza con quello avuto nei primi cinque mesi dell’anno dal neo ventunenne greco, che continua a essere il tennista più giovane nella top 20 del ranking ATP. Sino agli Internazionali d’Italia,Stefanos era al terzo posto della Race e sembrava in crescita inarrestabile. La vittoria su Federer e la successiva semifinale agli Australian Open, i due titoli a Marsiglia e Estoril, la finale a Dubai e l’ingresso nella top 10 avevano aperto in maniera brillante il suo 2019. Madrid lo aveva poi sdoganato come protagonista di primissimo livello anche sulla terra rossa: superando Nadal in semifinale non solo aveva raggiunto la seconda finale in carriera in un Masters 1000, ma -ad appena venti anni e mezzo- era anche riuscito ad aver sconfitto almeno una volta i tre tennisti che hanno maggiormente dominato il nuovo millennio (e attualmente ancora ai primi tre posti del ranking). Senza dimenticare che la vittoria madrilena su Rafa lo aveva fatto divenire appena il terzo giocatore dal 2017 in poi ad aver sconfitto il maiorchino sulla terra rossa (assieme a Thiem e lFognini). Dopo quegli ottimi risultati è arrivato un calo fisiologico: la sola semifinale raggiunta a Washington non nasconde la flessione (questa settimana è sceso di due posizioni dal quinto posto del ranking, suo best career ranking) di rendimento di Stefanos. Negli ultimi mesi ben tre sconfitte sono arrivate contro tennisti non nella top 50 e una quarta, la settimana scorsa a Montreal, contro Hurkacz, 48 ATP. Avvicinamento preoccupante in vista dell’imminente ultimo Major stagionale.
12- i tennisti francesi presenti nella top 100 della ATP Race di questa settimana. Continua anche in questo 2019 la capacità della scuola francese di produrre un elevatissimo numero di buoni giocatori: sebbene nessun atleta transalpino abbia vinto o sia stato protagonista assoluto nei tornei che contano, a tre mesi dalla conclusione della stagione, il movimento d’Oltalpe ha portato a casa ben cinque tornei, sebbene di minore importanza (Monfils ha conquistato l’ATP 500 di Rotterdam, Paire è stato vincitore a Lione e Marrakech, Mannarino a S’Hertogenbosh, Tsonga a Montepellier). Continua in tal senso a ben figurare anche la scuola italiana, in un 2019 molto positivo per il settore maschile: ben otto azzurri – tra cui due nella top 20 e un terzo, Sonego, tra i primi 50- figurano nella top 100 della classifica che considera i risultati da gennaio in poi (e Yannick Sinner, attualmente 106°, promette di aggiungersi prestissimo). Solo la Francia e la Spagna (seconda, con dieci rappresentati) tra gli uomini fanno quantitativamente meglio dell’Italia: gli Usa ci eguagliano con otto tennisti, mentre seguono Argentina con 6, Serbia con 5, Australia con 4, Germania, Regno Unito, Russia e Svizzera con tre. Statistiche piuttosto fini a se stesse, ma che senz’altro rinfrancano dopo decenni che nemmeno a livello quantitativo ci vedevano abili a produrre un sufficiente numero di tennisti capace di accedere ai tabelloni dei grandi tornei.
38- le partite vinte nel 2019 da Daniil Medvedev. Solo Rafael Nadal, con quarantuno vittorie, ha fatto meglio quest’anno, e il tennista moscovita (appaiato in tal senso da Federer), sebbene le vittorie nel tennis abbiano un peso specifico derivante dall’importanza dei tornei dove sono ottenute (e negli Slam sinora ha raggiunto un solo ottavo), sopravanza tutti gli altri del circuito. Nella Race che pesa le vittorie, Daniil è “solo” sesto, ma è comunque curioso notare come abbia fatto meglio di Tsitispas (37), Djokovic (35), Auger Auliassime (33), Bautista e Zverev (32), Thiem e Pella (31). Una quantità di successi tale da consentire a Daniil non solo di conquistare a febbraio il quarto titolo della carriera a Sofia, ma anche di raggiungere in questi ultimi otto mesi e mezzo ben quattro finali e due semi. Una serie di piazzamenti che ben spiega l’ottavo posto nel ranking ATP, sinora suo miglior piazzamento della sua giovane carriera di tennista ventitreenne. La pecca che aveva sinora contraddistinto Danill era l’incapacità di giocare il suo miglior tennis nei tornei che fanno la storia di questo sport: oltre all’unico ottavo conquistato a Melbourne, prima dei Canadian Open nei Masters 1000 il russo aveva raggiunto i quarti solo a Monte Carlo, dove lo scorso aprile aveva agguantato la semifinale. A Montreal, invece, prima di sciogliersi in finale davanti a Nadal, ha raggiunto la finale senza perdere un set e concesso la miseria di venti giochi per sconfiggere prima due ottimi tennisti e poi due top ten come, nell’ordine, Edmund (6-3 6-0), Garin (6-3 6-3), Thiem (6-3 6-1) e Khachanov (6-1 7-6).
86- la percentuale di partite vinte/giocate sul cemento all’aperto di Rafa Nadal dagli Autralian Open 2017 in poi. Il campione maiorchino negli ultimi due anni e mezzo, pur centellinando la sua programmazione su questa superficie capace di logorare il suo fisico (anche questa settimana, in vista degli Us Open ha evitato di affaticarsi saltando Cincinnati), è tornato a fare benissimo anche su campi differenti dall’amata terra rossa. Dopo circa tre anni di netto calo di rendimento sul duro – ultimo titolo importante, Us Open 2013, le ultime finali prestigiose erano quella di Miami 2014 e quella dei giochi olimpici di Rio 2016- il maiorchino dal 2017 è tornato molto competitivo sul cemento all’aperto, vincendo 65 match su 75. Vittorie che gli hanno fruttato uno Slam (Us Open 2017), due Masters 1000 (Canadian Open 2018 e 2019) e il titolo di Pechino, vinto due anni fa. Un ritorno ad alti livelli sulla superficie dove si gioca la maggioranza dei tornei della stagione che gli ha permesso anche di tornare nelle zone di vertice della classifica e riconquistare momentaneamente il numero 1 (posizione con cui ha chiuso il 2017), dopo un 2015 e un 2016 nei quali era stato al massimo il terzo giocatore al mondo. Dal 2017 gli unici a sconfiggerlo sull’hard outdoor sono stati Federer (quattro volte), Kyrgios (due), Djokovic e Querrey (una), oltre ai ritiri a partita, in verità piuttosto compromessa, avvenuti contro Del Potro e Cilic (rispettivamente agli Us Open e Australian Open 2018). A Montreal, anche aiutato da un pizzico di fortuna (vedasi il ritiro di Monfils prima di scendere in campo in semifinale), solo Fognini è riuscito a impensierirlo strappandogli un set (2-6 6-1 6-2). Rafa ha avuto molti meno problemi per confermare il titolo dello scorso anno sconfiggendo ai sedicesimi Evans (7-6 6-4), in ottavi Pella (6-3 6-4) e in finale Medvedev (6-3 6-0).