Stefanos Tsitsipas non è più il giocatore di tre mesi fa. Dopo l’ottima stagione su terra battuta, il ragazzone di Atene ha mal digerito il passaggio a superfici più rapide. I dati, parziali ma certo inoppugnabili, dicono che Cincinnati diventa il terzo grande torneo consecutivo nel quale Tsitsipas si ferma all’esordio, dopo le sconfitte con Fabbiano a Wimbledon e Hurkacz a Montreal. Questa volta lo stop gli viene imposto da Jan-Lennard Struff, alla quarta vittoria contro un top 10 nel 2019, metà delle quali ottenute proprio contro Tsitsipas: aveva già battuto il greco agli ottavi di Barcellona.
Si può perdere contro questo Struff, certo, specie quando il tedesco concede appena 9 punti su 61 giocati con il conforto della prima di servizio. Ma se ti chiami Tsitsipas, e hai appena perso la top 5 a causa del fiasco canadese, è perlomeno lecito attendersi una reazione d’orgoglio. Che arriva nel secondo set, anche se solo parziale, quando Stefanos dimostra grande freddezza nel tie-break che rimanda il verdetto al parziale decisivo. Il tie-break che decide l’incontro, però, lo vince Struff nonostante un paio (anzi tre, in forma di match point mancati) di tentennamenti che avrebbero potuto trasformare la faccenda in un dramma. Un drittaccio steccato da Tsitsipas, non il primo della partita, manda però Struff agli ottavi. Affronterà Daniil Medvedev, (relativamente) comodo vincitore di Paire ed esempio, lui sì, di giovanotto in sfavillante condizione di forma.
Per un russo in ascesa che pare inarrestabile, eccone un altro ben deciso a recuperare il tempo perso tra infortuni e incertezze. Andrey Rublev elimina con un doppio 6-4 Stan Wawrinka e si guadagna un prestigioso ticket per affrontare Federer agli ottavi di finale. Cinque palle break annullate su cinque concesse, è un Rublev che picchia a convince. Sulle spalle di Wawrinka hanno pesato le quasi tre ore necessarie a battere Dimitrov ventiquattr’ore prima, ma va detto che le spalle di Stan non sono certo robuste come quelle di qualche anno fa.
Un altro ragazzo che nella sua ben più giovane carriera non sembra aver mai avuto spalle così fragili è Alexander Zverev. Analizzare le prestazioni del 22enne tedesco sta diventando un’operazione sempre più estenuante, perché la sfiducia globale che se ne deduce riesce persino a oltrepassare lo schermo e quasi contagia lo spettatore. Zverev è insicuro, costantemente abbattuto, non si incita e persiste nel mantenere una posizione tanto arretrata in campo da rendere più complicato ogni progetto di reazione. Il nome di Miomir Kecmanovic (alla prima vittoria contro un top 10) si aggiunge a quelli di Struff, Ferrer, Munar, Jarry, Garin, Brown e Vesely, solo alcuni tra i giocatori che sono riusciti a battere Zverev quest’anno. Al tedesco non è bastato vincere il primo set al tie-break, perché il 19enne serbo (compirà 20 anni a fine mese) ha fatto della solidità un dogma nei due set successivi, sfruttando soprattutto le accelerazioni di dritto. Un colpo non troppo ortodosso tecnicamente, ma alquanto efficace. Quanto a Zverev, ci limitiamo a enucleare il dato dei venti doppi falli. Vincere una partita con numeri del genere diventa facilmente un’impresa.
A leccarsi le ferite c’è anche la sesta testa di serie Kei Nishikori, che nel derby dei Nishi- lascia spazio a Yoshihito Nishioka. Anche per il giapponese, come per Tsitsipas, questa sconfitta completa una disastrosa doppietta di sconfitte al primo turno tra Montreal (contro Gasquet) e Cincinnati. Non è da escludere che le gambe fossero un pizzico pesanti, magari con l’obiettivo di presentarsi al top tra due settimane a New York. Del resto il 2019 di Nishikori parla chiaro: tre volte ai quarti negli Slam, sempre maluccio nei Masters 1000 (appena quattro partite vinte in sette tornei).
La principale conseguenza delle sconfitte di Zverev e Nishikori è la caduta di ogni ordine precostituito nella parte bassa del tabellone. Sono soltanto due le teste di serie rimaste in gioco, Bautista Agut (che in nottata affronterà Tiafoe) e Goffin, e qualora lo spagnolo – finalista a Shanghai 2016 – dovesse essere eliminato, avremmo già la certezza di un esordiente in finale. Basti pensare che in questo momento sembrano in rialzo le quotazioni di De Minaur, facile vincitore di Opelka in due set. Certo, avevamo detto che Cincinnati non sembra un torneo per giovani, ma la diagnosi è presto fatta: quando manca uno dei big 3, e gli altri due abitano la stessa metà di tabellone, nell’altra metà è sempre corrida.