1 – la finale raggiunta negli ultimi due anni da Madison Keys, quando la settimana scorsa è arrivata a Cincinnati, per giocare il torneo dove, in cinque partecipazioni, aveva raggiunto solo una volta i quarti. Fattasi conoscere nel grande tennis nel 2014, quando da 19enne vinse il torneo di Eastbourne, era entrata nella top ten nel 2016, con le finali raggiunte a Roma e Montreal e il titolo al Premier di Birmingham. Sembrava definitivamente esplosa due anni fa, con la finale conquistata agli Us Open, che, tuttavia, non le consentiva di chiudere la stagione tra le prime 10. Le semifinali del 2018 al Roland Garros e al Major newyorkese sono stati il miglior piazzamento, ottenuto lo scorso anno, concluso comunque nella top 20. Quest’anno ad aprile ha vinto il quarto titolo, ma a Cincinnati è arrivato il successo sin qui più importante, sconfiggendo in finale Kuznetsova e, prima ancora, tre ex numero 1 (Muguruza, Halep, Venus Williams), oltre Kenin e Kasatkina.
2 – i tennisti attorno al trentunesimo anno di età, Fognini e Bautista Agut, ad aver raggiunto nel 2019 per la prima volta la top ten. Lo spagnolo aveva vissuto la prima svolta della carriera nel 2014, anno in cui per la prima volta aveva raggiunto la top 20, una fascia di classifica frequentata con assiduità in tutte le stagioni successive (per un totale attuale di 184 settimane), issandosi sino al numero 13 e non uscendo in ogni caso mai fuori dai primi 30 del mondo. Pur essendo nato sulla terra battuta e avendo una buonissima adattabilità sul rosso, ha raggiunto appena due delle sedici finali (vincendo quella di Stoccarda nel 2014) su questa superficie. Ha in bacheca titoli vinti in ogni condizione di gioco (erba di S’Hertogenbosh nel 2014, duro indoor a Sofia nel 2016), ma dove si esprime meglio è sul cemento all’aperto, dove ha vinto sei dei nove titoli attualmente in bacheca e raggiunto cinque dei soli sei quarti di finale guadagnati nei Masters 1000 (il miglior risultato in assoluto in questa categoria di tornei è la finale a Shanghai nel 2016). Quel piazzamento venne ottenuto sconfiggendo in semifinale il già allora numero 1 al mondo Djokovic, sconfitto per ben due volte (Doha e Miami) in questo per lui sinora magico 2019. Quest’anno, superando anche il campione serbo, infatti, ha vinto il ricco Atp 250 di Doha. Inoltre ha migliorato in questi mesi i suoi risultati negli Slam: è arrivato per la prima volta nei quarti di finale di un Major: è accaduto prima a Melbourne, sconfitto da Tsitsipas dopo aver eliminato Khachanov e Cilic, e poi a Wimbledon, dove ha raggiunto la semifinale. Un risultato che, assieme ai due quarti di finale nei Masters 1000 sul cemento nordamericano raggiunti nelle ultime due settimane, gli ha permesso di raggiungere la più prestigiosa delle fasce di classifica.
4 – le tenniste (Sevastova, Stephens, Karolina Pliskova e Barty) tre le prime 11 del mondo sconfitte da Svetlana Kuznetsova per raggiungere la finale a Cincinnati. Per ottenere il medesimo numero di vittorie contro giocatrici di questa classifica, l’ex numero 2 del mondo (nel settembre 2007) e vincitrice di due Major (Roland Garros 2004 e Us Open 2009) aveva impiegato tre anni, prima del Premier 5 giocatosi in Ohio. Non va però dimenticato che la russa classe 1985 aveva vissuto l’ultimo paio di stagioni costellate da infortuni (con annessa operazione al polso sinistro) e conseguenti assenze dal circuito. Nel 2018 aveva comunque vinto il titolo di Washington, ma senza una vittoria a livello Slam e con un saldo vittorie/sconfitte in negativo. Il 2019 è iniziato agonisticamente solo ad aprile, con una classifica che la vedeva fuori dalle prime 100. Un anno che non è iniziato nemmeno bene come risultati: Svetlana è arrivata a Cincinnati avendo vinto sette partite negli otto tornei giocati. In Ohio, per la prima volta in una carriera che le ha regalato 18 titoli, ha sconfitto tre top 10 nello stesso torneo, tornando in finale ad un Premier prestigioso, per la prima volta dopo Indian Wells 2017. Davvero irto di ostacoli il suo cammino, dopo che la settimana precedente, per problemi burocratici, non era riuscita ad avere in tempo il visto e provare a difendere il titolo vinto lo scorso anno a Washington. Nell’ ordine, Kuznetsova ha eliminato Sevastova (7-6 6-7 6-4), Yastremska (4-6 7-6 6-2), Stephens (6-1 6-2), Pliskova (3-6 7-6 6-3)e Barty (6-2 6-4), prima di arrendersi a Keys in finale (7-5 7-6).
13 – le tennniste statunitensi nella top 100 del ranking WTA. Quando una delle campionesse più grandi della storia del tennis, Serena Williams, è, a quasi 38 anni, nella fase finale e inevitabilmente calante della carriera – non ha vinto nessuno dei 14 tornei ai quali ha partecipato da quando è diventata mamma – il movimento femminile a stelle e strisce sembra avere la forza per produrre ricambi capaci di competere ad altissimo livello. Il torneo di Cincinnati ha dato segnali più che incoraggianti in tal senso, con i quarti raggiunti da Venus Williams e, sopratutto, la semifinale tutta yankee tra Kenin e Keys, che ha garantito alla prima l’esordio, a nemmeno 21 anni, questa settimana nella top 20, ed alla seconda di raggiungere il titolo più importante della carriera. Sono ben sette le statunitensi nella top 50: oltre a Serena, Stephens (in verità, in crisi, fuori dalla top 10 dopo un anno e mezzo e fuori ormai dalla top 20 della Race) e le due semifinaliste del Premier 5 statunitense, tutte e quattro nelle prime 20, troviamo altre tre giocatrici dalla buonissima classifica, ovvero la teen-ager Anisimova, Collins e Riske. Tra gioventù di molte e quantità elevatissima di giocatrici, il tennis frmminile USA può guardare senza ansia al futuro.
75 – i soli punti in scadenza a Matteo Berrettini nella restante parte del 2019. Una misera cambiale da difendere, che spiega perché, tra gli attuali primi 20 della Race, dove è diciassettesimo, il romano abbia il saldo negativo maggiore con la classifica delle ultime 52 settimane (ben otto posizioni, essendo venticinquesimo). Khachanov, nono nel ranking ufficiale, vive invece la situazione opposta, trovandosi ben nove posizioni più in alto rispetto a quella occupata nella Race. Lo scarto di Berrettini nelle due classifiche lascia piuttosto ottimisti in vista dell’ultimo quarto di stagione, nel quale Matteo potrà giocare a mente sgombra, problemi fisici permettendo. L’infortunio alla caviglia destra che lo ha tenuto lontano dal circuito dopo gli ottavi di Wimbledon, impedendogli di difendere i 295 punti del titolo vinto a Gstaad e dei quarti raggiunti a Kitzbuhel la scorsa estate, gli ha causato la perdita di cinque posizioni. Un problema che sembra essere sempre più alle spalle per il classe 1996, che a Cincinnati, dove tra gli altri italiani c’era stato il forfait di Fognini e la decima sconfitta consecutiva di Cecchinato, ha deluso, perdendo da Londero con il punteggio di 7-6 6-3.
131 – la classifica a inizio anno di Miomir Kecmanovic, uno dei soli due under 20 nella top 100 del ranking ATP. Dopo Ager- Auliassime, il tennista di Belgrado è per la precisione il più giovane (davanti a De Minaur, Shapovalov e Moutet, gli unici altri tre a non aver compiuto ancora 21 anni) questa settimana tra i primi 100. L’ex numero 1 juniores (posizione con la quale ha chiuso il 2016), vincitore di due Orange Bowl e finalista agli Us Open 2016 di categoria sino al termine del 2018, non aveva ancora mai sconfitto un top 80 ATP nè mai vinto una partita nel circuito maggiore, ma solo due titoli challenger. La prima svolta della carriera è arrivata per Kecmanovic a marzo ad Indian Wells, con il raggiungimento dei quarti: non è mancato l’aiuto della Dea Bendata – ha sostituito come lucky loser Anderson, ritiratosi a tabellone sorteggiato – ma poi le vittorie su Marterer, Djere e Nishioka gli hanno garantito i punti necessari all’accesso nella top 100. Una svolta fortunata guadagnata con i successivi risultati di questa estate, dopo una stagione sulla terra rossa deludente. Prima la finale raggiunta sull’erba dell’ATP 250 di Antalya, poi i quarti ad Atlanta e il terzo turno a Washington. Ma è la settimana scorsa, con gli ottavi conquistati a Cincinnati sconfiggendo due coetanei come Auger Auliassime (6-3 6-3) e Zverev (6-7 6-2 6-4) che ha ottenuto le vittorie più prestigiose, per ranking degli avversari sconfitti, di questa parte iniziale della carriera. Un piazzamento, quello in Ohio, che gli ha permesso di entrare per la prima volta, a venti anni ancora da compiere, nella top 50.
7085 – i punti nella Race di Novak Djokovic, attualmente secondo in questa classifica dietro a Nadal, primo con 140 punti in più. Il serbo in questo finale di stagione punta, oltre che al quarto US Open (e diciassettesimo Major), a chiudere per il sesto anno al numero 1 del mondo, dopo esserci riuscito nel 2011, 2012, 2014, 2015, 2018. Un traguardo raggiunto sinora solo da Pete Sampras, precisamente dal 1993 al 1998. Nole sta vivendo una stagione comunque ottima, ma al di sotto, almeno sin qui, di quelle chiuse da numero 1 (ad eccezione dello scorso anno, quando, con una seconda parte eccellente, riuscì ad agguantare la vetta dopo essere stato a giugno ancora fuori dalla top 20). Nelle altre quattro straordinarie annate vissute, prima dell’ultimo Major stagionale, Novak aveva un bottino di punti ben maggiore di quello attuale (11295 nel 2011, 8710 l’anno successivo, 7430 nel 2014, 10785 nel 2015). In questo 2019, nei dieci tornei disputati, sono arrivati tre titoli – Australian Open e Wimbledon, ma anche Madrid – la finale di Roma e appena due altre semi, al Roland Garros, Cincinnati e Doha. A 32 anni, possibile che stia iniziando a selezionare i momenti in cui stare al massimo della forma.