da New York, i nostri inviati
Inutile girarci attorno. Se Matteo Berrettini ha potuto raggiungere lo straordinario risultato della semifinale allo US Open, un po’ del merito non può che andare alla squadra che ha contribuito alla crescita del 23enne romano. Il principale artefice di questo prodigio ha un volto e un nome: quello di Vincenzo Santopadre, allenatore di Matteo fin dagli albori della sua carriera tennistica, che abbiamo intervistato appena dopo la fine della partita.
“È tutto vero? Non ci credo ancora! Tutto il team sapeva quanto sarebbe stato lungo questo viaggio, iniziato dieci anni fa. Per noi Matteo è più di un giocatore, non siamo coinvolti solo a livello professionale ma anche con il cuore. Per noi è la cosa più importante. Siamo fieri di lui e anche lui è fiero di se stesso, come ha detto. È davvero incredibile quello che ha fatto, il lavoro che ha fatto, ci ha messo tutta l’energia possibile; mi piace il suo modo di essere, il fatto che provi a spingersi sempre oltre i suoi limiti, a migliorarsi“.
Proprio mentre Vincenzo pronuncia queste parole, alle sue spalle transita Corrado Barazzutti e rivolge un saluto alla ciurma italiana. Quarantadue anni fa era toccato a lui portare l’Italia maschile in semifinale qui a New York, oggi Matteo Berrettini ha aggiornato i libri di storia del tennis italiano. “Nessuno si sarebbe aspettato, dieci anni fa o anche solo cinque anni fa, che ci saremmo trovati qui a un passo dalla fine del torneo. Per l’Italia è molto importante… vedere Cecchinato al Roland Garros e Matteo in semifinale qui fa avvicinare tanta gente al nostro sport. Stiamo vivendo un periodo migliore di qualche anno fa”.
Poi l’elogio di Matteo, che non si è abbattuto nonostante i quattro match point falliti (il primo dei quali addirittura con un doppio fallo). “Matteo ha molto talento, ma la sua vera forza è l’abilità di reagire. Ci prova sempre, non si arrende mai, non molla mai ed oggi si è visto. Sul primo match point era molto concentrato, ma tutti nel tennis sanno che quando servi per il match in quelle circostanze puoi commettere un doppio fallo. Ma fino a che non la vivi, non la conosci… e lui cosa ha fatto? Ha reagito, questa è la chiave. Sull’ultimo onestamente non ho ancora realizzato. Secondo me ha lasciato la palla perché sapeva che era fuori. Poi è rimbalzata e si è buttato a terra… magari per un secondo ha pensato che fosse dentro invece. Quando si è alzato, era in semifinale di uno Slam“.