Nei giorni scorsi vi sarete chiesti chi è quel ragazzo esuberante con la barba folta e la maglietta con la scritta “carbonara” sempre presente nell’angolo di Matteo Berrettini (non perdetevi la semifinale con Nadal, verso mezzanotte in Italia). Si chiama Giovanni Bartocci ed è il proprietario del ristorante di fiducia a New York non solo del clan di Berrettini, ma anche degli altri tennisti italiani. È proprio in “Via della pace” (così si chiama il locale) che Matteo trova sempre un tavolo, lì tira il fiato e si rilassa dopo le battaglie sul campo, ragioni per cui Bartocci ha avuto un ruolo rilevante nel grande risultato ottenuto dall’azzurro, tanto da essere invitato nel suo box. E in più fa un tifo scatenato sugli spalti…
Ciao Giovanni, ti abbiamo visto spesso qui allo US Open, sei sempre in compagnia di tutto il clan italiano, raccontaci come è successo.
Ciao Ubaldo, è un piacere e un onore parlare con te! Il primo tennista a mangiare qui al ristorante “Via della pace” è stato Thomas Fabbiano, circa cinque anni fa. Poi Thomas mi ha portato Luca Vanni e Stefano Travaglia ed è così che mi sono avvicinato allo US Open. Ogni volta che giocava un italiano, io andavo a fare il tifo. L’anno scorso ho conosciuto Paolo Lorenzi e Matteo, sempre qui al ristorante, grazie a Thomas. Così quest’anno ho seguito Matteo, Paolo e Thomas. Una sera ho avuto anche la gioia e l’onore di averli tutti a cena: Sonego, Fabbiano, Lorenzi e Berrettini, allo stesso tavolo.
Qual è il tuo ristorante, dove si trova?
Il ristorante si chiama “Via della pace”, si trova al 48 della Seventh Avenue, nell’East Village. Ho aperto 17 anni fa e la comunità italiana è cresciuta quando ho fondato anche il Lazio Club NYC, siamo abbastanza conosciuti.
Cosa mangiano i giocatori che vengono a trovarti? Ad esempio, Matteo si siede sempre allo stesso tavolo e mangia le stesse cose? Gli hai portato fortuna!
Non scelgono sempre lo stesso tavolo, ma sia Matteo che Paolo hanno un loro menù “fisso”. Matteo ha ordinato una carbonara prima che iniziasse il torneo, poi però solo insalata di pollo e pasta olio e parmigiano.
Tu invece hai mai giocato a tennis?
Sì, per divertimento da bambino, ma non ero molto bravo col rovescio. Il tennis mi è sempre piaciuto, ricordo bene dei tempi di Canè in Coppa Davis quando erano in Brasile. Ora invece sono sposato con il ristorante e ho 40 anni, non sono più ragazzino.
Secondo te la Lazio quest’anno può vincere il campionato?
Diciamo che gli undici titolari non sono affatto male. Abbiamo una panchina un po’ corta, ma siamo pericolosi.
In questi giorni al ristorante cosa vi siete detti? Cosa ti hanno raccontato Matteo e Vincenzo?
Sul primo match point con Monfils ero terrorizzato e quando ha fatto doppio fallo mi è caduto il mondo addosso. Matteo invece si è girato verso il box e ha fatto un sorriso così tranquillo, così trasparente. Ho pensato davvero che fosse un ragazzo intelligente, ha mantenuto il controllo. In “Via della pace” è un po’ come essere in trattoria. La gente si rilassa dopo il lavoro; Matteo arriva, ordina e iniziamo a parlare e a ridere, così stacca un po’. Dopo quattro ore in campo a correre e a sudare, vuoi solo passare una serata tranquilla.
Ha portato la sua ragazza, Ajla Tomljanović?
Sì, abbiamo fatto anche una foto insieme, è davvero una ragazza molto educata e carina, c’era anche la sua famiglia. Una sera a cena ero seduto tra Paolo e Ajla. Abbiamo parlato un po’, Paolo quando gioca ci mette coraggio e cuore, e io faccio un tifo sfegatato. Credo che i puristi del tennis non apprezzino molto la mia esuberanza, ma io voglio far capire a Matteo e agli italiani che non sono lì a soffrire da soli, io soffro con loro.
Raccontami qualche cosa, una curiosità su Matteo.
All’inizio del torneo, durante i primi turni, mi trovavano i biglietti facilmente. Al ristorante mi chiedevano se volevo andare a vederli il giorno dopo. Come puoi rifiutare! Poi è rimasto solo Matteo. Il giorno prima degli ottavi l’ho chiamato e gli ho chiesto se ci fosse un biglietto, senza disturbo. Gli ho detto che ci tenevo tanto a vederlo e a sostenerlo. Lui mi ha risposto: “Stai al mio angolo, con gli altri”. Mi son venuti i brividi, mi hanno messo nel box insieme a lui… cioè, intendo, Matteo dice che il box è una parte di lui. Così io ho pensato ad incoraggiarlo con il mio vocione.