Nonostante la giovane età, Daniil Medvedev ha mostrato in più di una occasione la sua maturità mentale, come nella semifinale dello US Open vinta ieri contro Grigor Dimitrov. La massima espressione di questa superiorità nei confronti del bulgaro è apparsa evidente nel primo set, quando il n.78 del mondo è sembrato giocare meglio del russo, ma nei momenti chiave si è lasciato sopraffare. “Penso che in questi casi la fiducia conti parecchio perché anche io ritengo che lui sia stato migliore di me in quel frangente, e credo di essere stato un po’ fortunato a vincere. Durante i punti cruciali c’è stato qualcosa di potente che mi ha permesso di trionfare e che in generale mi permette di vincere le partite che magari due mesi fa avrei perso. Come ad esempio contro David (Goffin) a Wimbledon. Più o meno era la stessa battaglia, lo stesso incontro, ma in quel caso ho perso”.
Riuscire a descrivere questo “qualcosa” però non è semplice nemmeno per lui. “Sapevo di essere sul sentiero giusto, lottare su ogni punto, ogni set, ma prima di questa settimana le cose non stavano funzionando. Avevo la sensazione che qualcosa mi mancasse: la stavo cercando e non so come l’ho trovata. Credo si tratti solo di esperienza, perché quest’anno ho perso due partite toste al quinto set: al Rolang Garros (contro Pierre-Hugues Herbert) quando guidavo 2-0 e avevo un break di vantaggio nel quinto, e anche a Wimbledon ero un break avanti al quinto. Ho perso quei match, ma queste due sconfitte mi hanno dato l’esperienza necessaria per far sì che non accada di nuovo“.
In queste due settimane di US Open sembra essersi cucito addosso la figura di bad boy a causa di alcuni screzi avuti con il pubblico newyorkese, ma ad una più attenta analisi sembra trattarsi esclusivamente di una eccessiva carica agonistica, ancora difficile da incanalare sul giusto tracciato. “Non dirò che sono una persona gentile o buona. Posso solo dire che nella vita reale sono molto calmo, e a dire il vero non ho idea del perché quando gioco a tennis escano fuori i miei demoni. Soprattutto da junior avevo molti problemi con il mio atteggiamento. Non mi squalificavano, ma era facile che ricevessi game di penalità. Ci ho lavorato duro perché non sono affatto così nella vita e sono migliorato parecchio, anche se ogni tanto mi capita ancora. Davvero, se vuoi farmi arrabbiare così nella vita quotidiana devi farmi qualcosa di veramente assurdo per una settimana di fila. Non so, devi venire nella mia stanza d’hotel e bussare alla mia porta alle 06:00 del mattino per sette giorni di fila. E a quel punto forse mi arrabbierò un pochino. Altrimenti sono davvero calmo”.
La sua grande solidità mentale tuttavia deriva anche dal fatto che poco si lascia influenzare dalle sue stesse sfuriate o dalle scaramucce con il pubblico. Un’altra cosa che avrebbe potuto distrarlo sono gli innumerevoli falli di piedi che gli sono stati chiamati durante questo torneo. Ma Medvedev ha ben chiaro il suo obiettivo, e questa non può certo essere una buona ragione per distrarsi.
“Non so cosa mi stia capitando in questo US Open. Probabilmente ho ricevuto più falli di piede che in tutta la mia vita. Ma io voglio solo andare avanti e vincere partite; forse sono davvero stanco mentalmente oppure non sono concentrato su nulla. Ho iniziato con Stan (Wawrinka), il match dove ne ho ricevuti di più. In quella partita mia faceva male il quadricipite quindi non riuscivo molto a concentrarmi sulla linea. Non mi era mai successo in carriera. Non so se si tratta solo di un problema di queste settimane, ma devo superarlo dicendomi: ‘OK, l’ho fatto di nuovo. Devo stare più attento la prossima volta, ora c’è la seconda di servizio’”.
La conferenza stampa di Daniil si è svolta prima della partita tra Berrettini e Nadal, quando il russo non sapeva ancora chi avrebbe incontrato in finale. Questa circostanza ci permette di sapere cosa ne pensa Medvedev dell’astro nascente del tennis azzurro. “Matteo è migliorato tantissimo. Ricordo la nostra sfida al secondo turno di Indian Wells nel 2018 dopo che io avevo ottenuto la mia prima vittoria a livello Masters 1000, quindi era un grande momento per me. Avrei dovuto incontrare Kyrgios ma lui si ritirò e quindi giocai contro Berrettini, che venne ripescato dopo aver perso con Dudi Sela 6-4 6-1”.
Va interrotto per un momento il racconto di Medvedev solo per annotare come la sua memoria non sia poi così ferrea: Berrettini nell’ultimo turno di qualificazione perse infatti in tre set da Polansky. “Ho pensato: ‘OK, ho un buon tabellone’. Primo game, serve a 225 km/h. Io mi dico: ‘Wow, cosa sta succedendo?’. Poi andiamo al tie-break dove sono sopra 6-1 e finisco per perderlo. Fu un match memorabile. Nel secondo lui salì 3-1 0-40, ma alla fine vinsi io. Un bel match da ricordare. Ed è anche bello vedere quanto lontano siamo giunti, entrambi semifinalisti Slam”.
L’avversario di Medvedev in finale sarà però un altro, Rafa Nadal, contro il quale non ha vissuto una bella esperienza in campo recentemente. “Lui è una macchina, una bestia. Quando ci siamo affrontati la sua energia era molto più alta della mia. Mi verrebbe da dire che lui mi ha proprio mangiato in campo. Era più forte, più veloce, più potente e io andavo sempre più giù. È fantastico aver fatto questa esperienza nella finale di un Masters 1000, ora so cosa aspettarmi e come prepararmi”.
Anche la sorte ha fatto di tutto per preparare Medvedev alla finale contro il maiorchino. Il n. 5 del mondo infatti con Prajnesh Gunneswaran, Feliciano Lopez e Dominik Koepfer è già a quota tre mancini affrontati in questo torneo. “È davvero insolito. Forse ne avrò incontrati tre in tutta la stagione, straordinario. Ovviamente mi aiuterà parecchio averne già affrontati tre con stili di gioco completamente differenti. Diciamo che ci ho fatto l’abitudine”. Chissà se avrà fatto l’abitudine anche a batterli.