Bianca Andreescu
Al via dello Slam americano Andreescu era testa di serie numero 15, ma era comunque ritenuta la quinta favorita dai bookmaker (prima favorita era Serena Williams). Questo perché era reduce dalla vittoria di Toronto e da una stagione del tutto particolare, in cui il principale ostacolo alla sua scalata delle classifiche non erano state le avversarie, ma le condizioni fisiche. Infatti, dopo la inaspettata vittoria a Indian Wells, un problema alla spalla l’aveva costretta a saltare la stagione su erba e prima ancora quella sul rosso, con la sola eccezione di un match disputato al Roland Garros (prima di rendersi conto di non essere ancora pronta per giocare, e decidere di ritirarsi dallo Slam).
In pratica Andreescu nel 2019 ha perso solo quattro incontri. In gennaio la finale di Auckland contro Goerges e il secondo turno agli Australian Open contro Sevastova; in marzo la semifinale di Acapulco contro Kenin e gli ottavi a Miami contro Kontaveit (match non concluso per ritiro). Stop. Da allora sul campo è imbattuta.
Non solo. Quest’anno ha un bilancio contro le Top 10 di 8 vittorie e zero sconfitte; e siccome prima in carriera non ne aveva mai incrociate, significa che non ha mai perso in assoluto contro una Top 10. Solo vittorie.
Anche se il computer non capisce di tennis, alla fine i risultati si traducono in punti WTA. E così Andreescu ha compiuto una vertiginosa scalata nel ranking: era numero 152 in gennaio ad Auckland (tanto che prima di raggiungere la finale era dovuta passare per le qualificazioni), si ritrova oggi al numero 5 del mondo. Malgrado non abbia praticamente giocato fra marzo e luglio, cioè l’intera fase europea del Tour.
È davvero infrequente imbattersi in una stagione del genere, in cui un infortunio di entità seria, così seria da costringere a diversi mesi di inattività, si colloca all’interno di una striscia di prestazioni di altissima qualità (la vittoria a Indian Wells e il ritorno vincente a Toronto), senza cali di risultati dopo il problema fisico.
Questo rende ancora più eccezionale la stagione di una giocatrice ancora giovanissima come Bianca (è nata il 16 giugno del 2000), per la quale non abbiamo praticamente precedenti di carriera significativi. Abbiamo “soltanto” una serie di record sorprendenti, che rimandano a grandi campionesse del passato. Ecco alcuni fra i tanti dati stupefacenti che Andreescu sta mettendo insieme.
Innanzitutto è stata capace di vincere gli US Open alla prima apparizione nel tabellone principale, dato che nel 2017 e nel 2018 era stata eliminata nelle qualificazioni. Nell’era del tennis Open nessuna aveva mai vinto a New York da debuttante nel main draw.
Altri record vari, tra quelli indicati dagli statistici WTA. Prima canadese della storia a vincere un Major. Prima giocatrice nata negli anni 2000 a vincere uno Slam. Prima teenager a vincere uno Slam da tredici anni a questa parte (ultima a riuscirci la 19enne Sharapova agli Australian Open 2006). Prima teenager a sconfiggere Serena a Flushing Meadows.
Prima giocatrice in grado di vincere uno Slam alla quarta partecipazione nel main draw; significa che altre tenniste sono state più precoci in termini di età, ma non per esperienza. Per esempio Serena e Sharapova sono riuscite a conquistare il loro primo Slam più giovani, ma al settimo Major affrontato. Solo Monica Seles era riuscita a imporsi al quarto Slam a cui aveva preso parte, battendo Steffi Graf a Parigi nel 1990.
Tutti questi riferimenti non fanno che alzare l’asticella del confronto di valori, visto che per ritrovare imprese simili a quelle di Bianca occorre rifarsi a nomi di fuoriclasse o grandi campionesse. Quindi la domanda inevitabile è: Andreescu è una di loro? Stabilirlo ora è davvero arduo, ancora di più sull’onda emotiva della vittoria agli US Open. Forse è meglio sospendere il giudizio e cominciare a ragionare analizzando il presente.
Quali sono gli aspetti più significativi emersi a New York? Comincerei da quelli tecnico-tattici. Quando Bianca aveva vinto a Indian Wells avevo confessato di avere difficoltà nell’interpretare alcune sue scelte di gioco: non mi era chiara la ragione che la spingeva a proporre certe soluzioni. Oggi le cose sono cambiate: nelle partite estive il suo tennis mi è sembrato perfettamente comprensibile e del tutto chiaro; assolutamente logico. Come mai? A costo di apparire presuntuoso, offro la spiegazione che mi sembra più convincente.
A mio avviso rispetto al marzo scorso Bianca ha in parte cambiato il suo tennis. In Canada e a New York Andreescu è stata tatticamente più asciutta e scarna, con una maggiore propensione ad accorciare il palleggio, approfittando quasi sistematicamente della prima occasione utile per provare a chiudere il punto.
Questo a scapito della versione di giocatrice di Indian Wells, che puntava maggiormente sulla costruzione di un tipo di scambio più articolato. Tenendo presente queste differenze, penso che certe soluzioni presentate nel torneo californiano derivassero non solo dal desiderio di vincere, ma anche di verificare quanto fosse dotata. Come se allora, superata la difficile fase della maturazione giovanile (passata anche attraverso diversi infortuni), all’improvviso tutto fosse andato a posto, e fosse sbocciata la Andreescu adulta, i cui limiti erano ancora tutti da scoprire. Per noi, ma forse anche per lei.
In quel momento del tutto straordinario, Bianca si era scoperta capace di proporre un gioco di qualità altissima, e voleva mostrarlo al mondo. Si era ritrovata con “così tanto tennis” a disposizione, da non riuscire quasi a contenersi. Ogni colpo era alla sua portata, e dunque lo metteva in campo; quando era necessario; e perfino quando non lo era.
Con il senno di poi abbiamo capito che Andreescu è una giocatrice dal carattere forte e ambizioso. Del tutto giustamente, direi, visti i risultati che è stata in grado di raggiungere in pochi mesi. Ma a Indian Wells era scesa in campo da semisconsciuta, e in quanto semisconosciuta non desiderava solo vincere, ma lasciare un segno più profondo. E per farlo ricorreva anche ad alcuni virtuosismi a volte un po’ fine a se stessi.
Virtuosismi a cui ha rinunciato in Canada. Forse perché, al rientro dalla lunga pausa per infortunio, non si sentiva nella stessa condizione di forma. E infatti ogni match di Toronto si era concluso al terzo set (finale esclusa, ovviamente), spesso dopo battaglie durissime .
Poi è arrivato lo Slam americano, con la situazione profondamente cambiata rispetto a quando era scesa in campo a Indian Wells. Andreescu non era più una oscura outsider: ormai era una delle principali favorite, con tutta la stima e il rispetto che si deve a una protagonista con quel ruolo. Le sue qualità erano chiare a tutti, e per crescere ulteriormente di livello ciò che contava era la vittoria. Senza fronzoli o virtuosismi.
Con questo non sto dicendo che Bianca non abbia più proposto certi colpi visti a Indian Wels; ma lo ha fatto solo quando la situazione lo richiedeva davvero, dentro un quadro di scelte tattiche meno traboccante e rigoglioso: più logico e razionale. E se Andreescu sarà in grado di mantenersi anche in futuro su questi livelli, possiamo stare certi che le circostanze la obbligheranno a mostrarci ancora le sue qualità e le sue prodezze, senza che però si preoccupi di farlo a priori, anche quando potrebbe non servire.
Per spiegare questo parziale cambiamento di gioco, aggiungerei un’altra motivazione, che ho notato anche in altre giocatrici in un periodo di carriera simile al suo, come Sofia Kenin e Iga Swiatek: nel corso di questa stagione tutte e tre si sono trasformate in tenniste più decise nella costruzione del punto; vale a dire che appena si presenta l’occasione provano a cercare il vincente con maggiore immediatezza rispetto ai loro esordi nel circuito professionistico. Naturalmente ognuna lo fa assecondando le proprie caratteristiche tecniche, per cui per il gioco di Kenin incide di più il rovescio e per quello di Swiatek il dritto. Ma tutte sono diventate più dirette. Come a dire che nel passaggio dai tornei junior e ITF a quelli WTA, gli aspetti di concretezza hanno assunto maggiore importanza rispetto al periodo precedente.
In sintesi, penso che si possa fare questa considerazione generale su Andreescu: oggi probabilmente alcune giocatrici sono più forti di lei sul piano offensivo, e altre su quello difensivo. Però forse nessuna è completa ed equilibrata sui due versanti quanto Bianca. E così, a seconda delle circostanze, è in grado di prendere in mano lo scambio e concluderlo con vincenti (da ogni settore del campo), ma è anche molto efficace nelle fasi di contenimento. È difficile individuare punti deboli o lacune nel suo gioco, e starà alle avversarie studiarla a fondo per scoprire se ci sono, e quali potrebbero essere.
a pagina 4: La finale contro Serena Williams