Dalla lettura dei commenti che appaiono sul nostro sito si evince che molti appassionati di tennis italiani riescono a manifestare l’amore per questo sport soprattutto attraverso il tifo a favore o contro i suoi protagonisti e con toni e modalità poco consoni alla sua nobile storia. Gli esegeti del gioco se ne facciano una ragione: grazie all’ascesa sulla ribalta mondiale di super campioni di grande talento e personalità come Federer, Nadal e Djokovic e all’aumento esponenziale rispetto al passato della possibilità di ammirarne le gesta, questi comportamenti sino a pochi decenni fa sconosciuti al nostro mondo hanno ormai ampiamente messo radici.
Salvo eccezioni patologiche (che purtroppo esistono) anche il più acceso tifoso di uno dei tre giocatori sopra menzionati sarà però pronto a riconoscere che i restanti due hanno capacità tecniche, fisiche e mentali eccezionali. Riconoscimento che non avviene per il giocatore in assoluto più conflittuale, controverso e discusso degli ultimi anni: Nick Kyrgios. Se un marziano atterrasse oggi in Italia e leggesse i commenti relativi al ventiquattrenne australiano, non riuscirebbe a capire se egli sia un genio della racchetta, un giocatore da esibizione o semplicemente un buon giocatore come ce ne sono tanti.
Alla luce della sconfitta subita al terzo turno dello US open per mano di Rublev, è certo che il partito dei detrattori farà rumorosamente sentire la propria voce, mentre i suoi ammiratori altrettanto certamente reagiranno con veemenza sicuri che il riscatto non tarderà a venire. A beneficio del nostro marziano e di chi ama giudicare un giocatore sulla base della ragione e non solo delle sensazioni epidermiche, abbiamo provato a dare una risposta alla domanda sul reale valore di Kyrgios analizzandone l’excursus sportivo attraverso un’analisi statistica comparativa. Lasceremo poi ai lettori il compito di giudicare se siamo o meno riusciti nel nostro intento.
Per prima cosa mettiamo in una colonna i nomi dei 10 migliori numeri uno di sempre in termini di permanenza in vetta alla classifica ATP, e nella colonna a fianco il numero dei tornei da loro vinti a 24 anni. Il risultato è il seguente:
Giocatore | Titoli | di cui Slam |
Federer | 33 | 5 |
Sampras | 36 | 7 |
Lendl | 42 | 1 |
Connors | 53 | 4 |
Djokovic | 28 | 4 |
Nadal | 43 | 9 |
Borg | 61 | 10 |
Agassi | 24 | 2 |
Hewitt | 24 | 2 |
McEnroe | 46 | 5 |
Sotto il profilo meramente quantitativo, gli ultimi della lista – Agassi e Hewitt – a 24 anni avevano vinto un numero di tornei esattamente quattro volte superiore a quello di Kyrgios, che per ora è fermo a 6; il più vincente – Björn Borg – più di dieci volte superiore. Ognuno di questi dieci campioni aveva inoltre già vinto almeno un Major, mentre il nativo di Canberra non è mai andato oltre i quarti, raggiunti una volta a Wimbledon nel 2014 e una agli Australian Open nel 2015.
Per completare l’analisi abbiamo poi preso a riferimento i cinque tennisti all’estremo opposto della scala, ovvero quelli che vantano il minor numero di settimane di permanenza al comando del ranking. Lo scenario che ne risulta è meno inclemente:
Giocatore | Titoli | di cui Slam |
Rios | 15 | 0 |
Kafelnikov | 17 | 1 |
Muster | 10 | 0 |
Moya | 6 | 1 |
Rafter | 1 | 0 |
L’australiano Patrick Rafter a 24 anni aveva vinto soltanto il torneo sull’erba di Manchester e vantava come best ranking la ventesima posizione, mentre il suo connazionale ha raggiunto la tredicesima nel 2016. L’anno successivo Rafter conquistò il primo dei suoi due US Open e terminò la carriera con 11 titoli conquistati. Come sopra detto lasciamo ai lettori il compito di trarre delle conclusioni dai dati esposti. Per non essere però tacciato di pilatismo tennistico, chi scrive si dichiara appartenente al partito di coloro che considerano Kyrgios un buon giocatore ma con un quid in più che gli fa ritenere possibile un grande exploit tardivo, alla Ivanisevic per essere più espliciti.