Le candidate al numero 1 del ranking
Al via degli US Open c’erano diverse pretendenti al numero 1 del ranking WTA, occupato da Osaka. Naomi infatti aveva in scadenza i 2000 punti della vittoria nel 2018, e senza quei punti potevano aspirare al primato sostanzialmente in quattro: Barty, Pliskova, Halep oltre che la stessa Osaka.
Alla fine nessuna è riuscita ad arrivare nei turni conclusivi; tre si sono fermate agli ottavi, Halep addirittura al secondo turno. Per ognuna di loro la valutazione non può essere positiva, anche se a mio avviso il loro torneo va considerato con sfumature negative differenti. Chi secondo me ne è uscita meglio (o meno peggio) è Naomi Osaka.
Naomi Osaka
Prima di perdere negli ottavi da Bencic, Osaka si era disimpegnata piuttosto bene nei turni precedenti, visto che aveva trovato avversarie non difficilissime, ma nemmeno così semplici. Le tenniste affrontate nei primi due turni, Anna Blinkova (6-4, 6-7, 6-2) e Magda Linette (6-2, 6-4), stanno attraversando una fase di carriera molto positiva, e non è un caso che nella classifica successiva agli US Open abbiano fatto fatto registrare il proprio best ranking: dunque erano giocatrici particolarmente in fiducia.
Poi è arrivato un terzo turno particolare, contro Coco Gauff. Un confronto che poteva nascondere molte insidie ambientali, visto che il pubblico era pronto a sostenere in ogni modo la nuova beniamina. Naomi lo ha superato con un perentorio 6-3, 6-0 e proprio la notevole differenza di rendimento in campo ha contribuito a rendere più “freddo” il contesto. Un merito in più per Osaka.
Poi però è arrivata la sconfitta contro Bencic (7-5, 6-4): un’avversaria che Naomi ha mostrato di soffrire già in passato (tre sconfitte su tre nel 2019) e per di più in una ottima condizione di forma.
In sostanza dopo i picchi raggiunti nei due passati Slam sul cemento (US Open 2018 e Australian Open 2019) conquistati con prestazioni di altissima qualità, Osaka non ha più saputo mantenere quel livello. Difficile stabilire quanto abbia inciso il cambio di allenatore, anche se c’è una sovrapposizione temporale “sospetta” tra la fine dei successi di Naomi e il licenziamento del coach Sascha Bajin, avvenuta qualche ora dopo la vittoria a Melbourne.
Che le cose per Osaka non procedano per il verso giusto e che lei stessa sia convinta di poter far meglio, lo si deduce dalla decisione di separarsi dall’allenatore assunto qualche mese fa, Jermaine Jenkins. Stiamo comunque parlando di una giocatrice ancora giovanissima (di nemmeno 22 anni, visto che è nata il 19 ottobre 1997), e che sta andando incontro a una crisi di crescita. Ma era quasi inevitabile che dopo la doppia vittoria Slam risentisse del cambio di status e delle maggiori aspettative suscitate.
Ashleigh Barty
La vincitrice del Roland Garros ha superato i primi tre turni degli US Open con qualche incertezza. Le sono occorsi tre set per sconfiggere Zarina Diyas, dopo un inizio choc (1-6, 6-3, 6-2) e un tiebreak per battere Lauren Davis: 6-2, 7-6(2), contro cui ha anche dovuto salvare un set point nel secondo set.
È stata poi molto più convincente nel terzo turno contro Maria Sakkari, testa di serie numero 30 e in un ottimo momento di forma: vittoria per 7-5, 6-3 al termine di una prestazione degna del numero 1 del ranking.
A quel punto era quasi impossibile ipotizzare quanto sarebbe successo negli ottavi: contro la testa di serie 18 Wang Qiang, Barty ha raccolto appena sei giochi. Una eliminazione per 6-2, 6-4 abbastanza sconcertante. Di fronte a una avversaria in palla che ha evidenziato la sua giornata-no, Ashleigh ha mancato di concretezza, con un terribile zero su 9 nelle conversione delle palle break. Negli ultimi due game ha salvato un match point sul 3-5 e poi altri sul 4-5 servizio Wang, ma nuovamente non è riuscita a convertire i due break point che avrebbero riaperto il set.
E se è vero che nel tennis ogni partita fa storia a sé e non esiste la proprietà transitiva, è rimasto lo sconcerto nello scoprire che Wang avrebbe raccolto appena un game nella partita successiva contro Serena Williams (6-1, 6-0).
In ogni caso il quarto turno newyorkese è risultato sufficiente per riconquistare il numero 1 del mondo, già raggiunto nel mese di giugno. Su Barty comincio a pensare che il suo tennis forse funzioni di più su erba e su terra che su cemento. Vedremo come andranno le cose nei prossimi anni. E non dimentichiamo che Ashleigh è ancora molto giovane (è nata nell’aprile 1996) e ha saltato un paio di stagioni in una età cruciale (fra il 2014 e il 2016).
a pagina 4: Pliskova, Halep e Townsend