Fatta eccezione – e che eccezione, con i quarti di Donna Vekic e gli ottavi di Petra Martic – per il tennis femminile croato, non è stato di certo uno Slam da ricordare per il tennis dei paesi dell’ex Jugoslavia. Soprattutto in campo maschile, dove un tennista dell’ex Jugoslavia non mancava tra i primi otto a livello Slam dallo US Open di due anni fa, per merito di Novak Djokovic e/o di Marin Cilic. Ma stavolta, tra l’infortunio di Nole e il calo di prestazioni di Marin, i due si sono fermati agli ottavi. Ed il fatto che siano risultati comunque loro i migliori, non depone certo a favore del resto del contingente maschile e conferma le preoccupazioni relative al ricambio generazionale – ricordiamo che Djokovic ha 32 anni e Cilic quasi 31 – anche in ambito balcanico.
Ma, sebbene non inatteso dati i risultati stagionali di entrambe anche a livello Slam, l’exploit di Vekic e Martic ha rappresentato l’eccezione anche e soprattutto in campo femminile, dato che nessuna delle altre quattro tenniste provenienti dall’area ex jugoslava (due serbe e due slovene) presenti nel tabellone principale del singolare femminile è riuscita a superare il primo turno. Vediamo nel dettaglio come è andata, da est a ovest, nazione per nazione.
SERBIA
La grande delusione. Non parliamo di Novak Djokovic, perché di fronte all’infortunio che lo ha costretto ad alzare bandiera bianca contro Wawrinka e che nei giorni scorsi ha dato adito a diverse speculazioni in relazione alla sua gravità non si può certo dire nulla se non augurare pronta guarigione al fuoriclasse serbo, ma degli altri tennisti di Belgrado e dintorni. Che quando Nole – dopo aver già sofferto parecchio nel match precedente contro Londero – stringeva i denti per battere Kudla al terzo turno, sperando (invano) che un paio di giorni di riposo e terapie rendessero sopportabili e soprattutto gestibili i fastidi alla spalla sinistra, erano già tutti a casa.
Passi ovviamente per Janko Tipsarevic, che è ai titoli di coda della sua gloriosa (e sfortunata) carriera e che comunque ha lottato alla pari per tre set con Kudla prima di crollare nel quarto, ma da Dusan Lajovic, Lazlo Djere ed il giovane Miomir Kecmanovic ci si attendeva qualcosa in più. Lajovic è uscito al secondo turno per mano del già citato Kudla, che praticamente ha sfidato quasi tutta la nazionale serba a New York, con qualche rimpianto per i primi due set persi entrambi 7-5. Ci poteva anche stare che Djere perdesse all’esordio con il connazionale Kecmanovic, che ha sicuramente un gioco più adatto al cemento, ma se subito dopo Miomir è rimasto imbrigliato nella ragnatela dell’eterno Paolo Lorenzi – sconfitta che probabilmente gli avrà un po’ rovinato la festa per i suoi vent’anni due giorni dopo, il 31 agosto – forse il 24enne di Senta qualcosa in più di otto game in tre set poteva fare.
In campo femminile è andata anche peggio, complice un sorteggio non certo fortunatissimo, con Ivana Jorovic che ha racimolato solo un game contro la polacca Swiatek e Aleksandra Krunic che ha lottato come suo solito ma ha dovuto cedere in due set a Ostapenko.
BOSNIA-ERZEGOVINA
Da New York arrivano segnali di ripresa per Damir Dzumhur, dopo un anno – anche a causa di diversi problemi fisici – veramente avaro di soddisfazioni per il 27enne tennista di Sarajevo, che prima di New York era perfino uscito dalla top 100, lui che da settembre 2017 allo scorso maggio era rimasto sempre tra i primi sessanta giocatori al mondo e per buona parte della scorsa stagione tra i top 30. Sul cemento di Flushing Meadows ha superato un turno e ha persino dato un po’ di filo da torcere a Roger Federer nel match successivo, vincendo il primo parziale prima che il fuoriclasse svizzero rimettesse le cose a posto imponendosi in quattro set.
CROAZIA
Come a Belgrado, anche dalle parti di Zagabria questo US Open in campo maschile non ha fornito motivi per cui rallegrarsi. Forse solo un pochino, perché Marin Cilic dopo Melbourne è riuscito a raggiungere di nuovo gli ottavi Slam in stagione. Non certo il massimo per un giocatore che lo scorso anno a livello Major aveva fatto una finale e due quarti, ma è già qualcosa rispetto alle deludenti prestazioni di Parigi e Wimbledon – eliminato al secondo turno – ed in generale degli ultimi sei mesi. Anche se non è bastato per non far scivolare Marin ai margini della top 30, dopo che a metà agosto era uscito dai primi venti del ranking dopo più di cinque anni consecutivi di permanenza, la maggior parte dei quali passati peraltro nella top ten. Ad un certo punto sembrava che Cilic fosse destinato a rimanere l’unico ad aver strappato un set a Nadal in tutto il torneo, prima che la rimonta di Medvedev regalasse una finale al cardiopalmo e gli togliesse questa piccolissima soddisfazione.
Marin però può partire da quel set vinto per cercare di ritrovare il tennis perduto, sebbene la facilità con cui Nadal ha poi disposto di lui negli ultimi due parziali fa ritenere che il quasi 31enne (compie gli anni il prossimo 28 settembre) di Medjugorje sia ancora parecchio lontano non solo dal Cilic che cinque anni fa trionfò a sorpresa a New York ma anche da quello che aveva chiuso la scorsa stagione da n. 7 del mondo poco dopo aver trascinato la Croazia alla conquista della seconda insalatiera.
Per il resto della truppa, solo infortuni. Ivo Karlovic si è ritirato al primo turno sotto di due set contro Tiafoe, ma già il fatto che a 40 anni suonati “dr. Ivo” a furia di botte di servizi entri ancora di diritto nei main draw degli Slam basta e avanza. Diverso il discorso per Borna Coric, che non è sceso nemmeno in campo nel match di secondo turno contro Dimitrov, per il riacutizzarsi dei problemi alla schiena che lo tormentano da Halle, quando dovette dare forfait in semifinale. Insomma, un’estate da dimenticare per il 22enne croato, che aveva approcciato questo 2019 con grandi aspettative. Si ritrova invece a settembre senza essere riuscito a salire nemmeno di un gradino da quella posizione n. 12 – anzi, ora è sceso al n. 15 – che all’inizio dell’anno sembrava il trampolino di lancio ideale per le sue aspirazioni da top ten, le stesse che nel frattempo sono riusciti a soddisfare giocatori che in quel momento erano dietro di lui in classifica, come i maturi Fognini e Bautista Agut ed i giovani rampanti Tsitsipas e Medeved.
E si ritrova anche senza team, dopo la recente decisione di cambiare per l’ennesima volta guida tecnica interrompendo la collaborazione con Riccardo Piatti ed il resto della sua squadra. Evidente perciò che dopo quanto accaduto rimangano (o forse addirittura aumentino) gli interrogativi sulle reali prospettive ad alto livello del giovane tennista croato e che da questo finale di stagione ci si attenda almeno qualche risposta in tal senso.
La Croazia si consola però alla grande in campo femminile, di fatto – come dicevamo all’inizio – l’unica vera nota lieta per il tennis dell’ex Jugoslavia a New York. Nella “Grande Mela” sono infatti arrivati i primi quarti Slam in carriera di Donna Vekic e gli ottavi di Petra Martic, approdata alla seconda settimana di torneo per il terzo Major di fila. Tra le due chi ha più rimpianti, nonostante il best Slam result ed il best ranking (n. 21), è proprio Donna, che contro Belinda Bencic si è ritrovata a servire sul 5-4 per il primo set prima che si spegnesse la luce, anche per merito della svizzera. Considerato che al Roland Garros contro lo stessa avversaria dopo aver vinto il primo per 6-4 chiuse 6-1 il secondo, è più che logico che a posteriori alla 23enne di Osijek forse sia venuto da pensare “chissà cosa sarebbe successo se…” il primo set si fosse concluso come a Parigi. Ma eventuali rimpianti a parte, Flushing Meadows ha confermato i progressi sotto la guida di Torben Grael, l’ex coach di Kerber che segue la croata da fine 2017: in particolare sono migliorati gli spostamenti, da sempre il punto debole di Donna, ed il suo tennis è diventato più aggressivo.
Petra Martic si è invece fermata agli ottavi al cospetto di Serena Williams, creandole qualche grattacapo iniziale prima che la potenza della statunitense avesse la meglio, evidenziando uno dei talloni d’Achille della giocatrice spalatina: gli spostamenti laterali, specie sul lato del dritto. Sicuramente continuerà a lavorarci con la sua coach Sandra Zaniewska, ma dopo i tanti problemi fisici per Petra questo è anche il momento di assaporare la gioia per i risultati di quella che già così è una stagione da ricordare. L’ultimo di questi risultati è la prima finale Premier raggiunta a Zhengzhou la scorsa settimana (sconfitta dalla n. 2 del mondo Pliskova) con la quale ha consolidato la sua posizione nella top 25, peraltro a poca distanza – meno di cento punti – da quella 20esima posizione raggiunta a luglio che, al momento, rappresenta il suo best ranking. Ma, per come stanno andando le cose, quest’ultima parte di stagione potrebbe riservare sia a lei che a Donna Vekic ancora delle belle sorprese in termini di classifica.
SLOVENIA
Se Belgrado e Zagabria non ridono, in campo maschile può almeno sorridere – nel suo piccolo – Lubiana, grazie al bel torneo di Aljaz Bedene. Il 30enne tennista lubianese ha infatti raggiunto per la prima volta in carriera il terzo turno dello US Open, dove – dopo che nel turno precedente aveva battuto al quinto Benoit Paire, tds n. 29 e finalista a Winston-Salem pochi giorni prima – si è arreso solo dopo quattro combattutissimi set a Sascha Zverev. Da segnalare una curiosità: come lo scorso anno Bedene ha scelto di saltare a piè pari tutti i tornei di preparazione sul cemento americano, mentre negli anni precedenti aveva almeno giocato a Winston-Salem la settimana prima dello US Open. Ma mentre lo scorso anno aveva passato agosto ad allenarsi, quest’anno invece ha preferito giocare (e vincere) a Ferragosto il Challenger di casa a Portorose, dove tra l’altro era l’unico top 100 in tabellone. Alla fine ha avuto ragione lui, che prima di quest’anno aveva vinto un solo match (nel 2015) nel main draw newyorchese.
Chiudiamo con i risultati sloveni in campo femminile. Che, purtroppo, non sono stati in linea con quelli degli altri Slam stagionali, dato che a New York per la prima volta in stagione nessuna tennista slovena ha raggiunto il secondo turno. Ferma ai box per gli esami di maturità la grande promessa 18enne Kaja Juvan, le due tenniste slovene in tabellone, Tamara Zidansek e Polona Hercog, hanno infatti subito salutato Flushing Meadows. Se la sconfitta della prima contro Petra Martic era preventivabile e già l’aver trascinato la croata al terzo è da considerarsi un discreto risultato, si sperava invece che la 28enne di Maribor – che aveva sfiorato gli ottavi a Wimbledon perdendo contro Coco Gauff dopo aver avuto due match point a favore – riuscisse a ribaltare il pronostico contro Danielle Collins, che la sopravanzava di una ventina di posizioni in classifica ma che non aveva mai superato il primo turno a New York, al contrario della tennista slovena che ci era riuscita per tre volte in carriera.
C’è mancato poco: Polona ha perso 6-4 al terzo e ha dovuto perciò rimandare il ritorno vero e proprio tra le top 50 – vi ha fatto infatti una fugace apparizione per una settimana nel luglio scorso, al n. 50 – da dove manca in pianta stabile, tra un infortunio e l’altro, dal giugno 2012. Un ritorno che però dopo gli ottavi della scorsa settimana a Zhengzhou (sconfitta dalla futura vincitrice Pliskova) ora è di nuovo ad una manciata di punti.