Spazio sponsorizzato da BARILLA
da Ginevra, il direttore
Eccomi alla terza edizione della Laver Cup, la mia seconda personale. Gli ingredienti per farne parlare con discreta enfasi sono tanti: ci sono i campioni della vecchia guardia, leggende come Borg, McEnroe e altri, riuniti nel nome di una coppa intitolata intelligentemente a Rod Laver. Un nome, quello del campione australiano, perfetto non solo per essere l’ultimo Grand Slam winner e unico ad esserlo stato due volte, ma anche perché questo evento pensato dall’agente di Roger Federer in associazione con Tennis Australia celebra il più grande tennista australiano del tennis, Open e non Open.
Inoltre, nato ad immagine e somiglianza della Ryder Cup di golf, c’è pure assonanza fra Ryder e Laver. Poi ci sono un bel po’ di star del tennis contemporaneo, 5 top ten europei fra cui due dei Big 3, Federer e Nadal, e non è colpa loro se il Resto del Mondo presenta un solo top 20, John Isner, per una sfida che sembrerebbe assai sbilanciata, salvo che ad equilibrarla ci siano sconfitte sorprendenti come quella di Fognini che perde 6-1 7-6 da Sock che quest’anno, dopo sei mesi di problemi fisici, ha perso quattro partite su quattro in competizioni ufficiali.
Ma è salvaguardata una presenza internazionale: i sei tennisti europei rappresentano Spagna, Svizzera, Grecia, Germania, Austria, Italia, e poi c’è la Svezia con capitan Borg e vice Enqvist; i sei del World Group USA – con i due fratelli McEnroe – Australia e Canada pluri-rappresentate.
Si dà importanza anche ai doppi. Novità che viene apprezzata dagli spettatori, soprattutto quando danno l’occasione di far vedere fianco a fianco Federer con Nadal o anche con Zverev. C’è poi questa sorta di spirito di squadra con i giocatori – per solito super egoisti – che seguono in panchina e incoraggiano i compagni di squadra come non capita mai di vedere al di fuori della Coppa Davis, in cui però a giocare sono connazionali e non acerrimi rivali. In quale altro evento si vedrebbe mai Federer e Nadal che insieme si sforzano di consigliare Fognini per uscire da uno dei suoi impasse?
Non ci si sorprende quindi, e men che mai nel Paese di Federer, che i biglietti siano andati a ruba fin dai primissimi giorni e che si preveda sold out per gran parte delle sessioni di gioco. E ciò sebbene il divario fra le due squadre – come già accennato – sembri incolmabile e paia assicurare il terzo successo consecutivo per il team Europa.
Di una presenza svizzera nella sala stampa di questo mega PalExpo (dove l’Italia perse dalla Svizzera nella Davis del 2014, prima che poi la Svizzera conquistasse la sua unica Coppa a Lille contro la Francia) quasi non ci si accorge. Anche tutte le hostess di sala stampa sono australiane, assolutamente ignare riguardo a tutte quelle info concernenti la città di Ginevra, bus, orari, taxi, ristoranti, hotel.
E gli organizzatori australiani, che vorrebbero monopolizzare anche le domande in conferenza stampa con i loro addetti, sembrano preoccuparsi soprattutto di far capire che questo è tennis serio, vero, e non un’esibizione. I giocatori hanno recepito e interiorizzato il messaggio e anche loro fanno di tutto per sottolineare quest’aspetto. Di perdere davanti ai propri stessi compagni, prima ancora che alle immense platee televisive, a nessuno degli “invitati” alla Laver Cup fa piacere. Questione di orgoglio. Inoltre l’ATP ha concesso alla Laver Cup di considerare ufficiali i risultati di questa competizione. Di fatto… contribuendo a fare un discreto casino. Tutte le statistiche dell’ATP sono state ritoccate. Esempio: Federer, che ha vinto due incontri di singolare per ciascuna delle prime due edizioni, vanta ora 4 vittorie in più rispetto a quelle che si contavano fino allo scorso anno. Si modifica anche il suo record per quanto riguarda i suoi match vinti salvando i match point: due in più. Quel che vale per Federer vale per tutti gli altri partecipanti. Anche il record dei tie-break, sebbene qui il terzo set sia un long tie-break a 10, è stato stravolto.
Gli amanti delle statistiche hanno dovuto registrare tutto anche in retroattivo, perché anche le statistiche delle prime due edizioni della Laver Cup hanno dovuto essere incluse.
Inutile dire che se non ci fosse stato Roger Federer di mezzo, più ancora che Tennis Australia, tutto ciò non sarebbe successo. I soldi e i nomi contano più di ogni tradizione. Per quanto mi riguarda sono parecchio perplesso. A me il vero tennis pare un altro. E ciò a prescindere dal fatto che questa Laver Cup sia stata un’idea promozionale eccellente per il tennis e che sia divertente seguirla, proprio perché diversa dagli eventi cosiddetti “normali”.
Però, qualunque cosa succeda qui a Ginevra, è dal settembre 2009 che tutti gli Slam sono vinti da tennisti europei. E che nelle classifiche mondiali, gli europei dominano la scena. Quindi forse, come per la rituale sfida NBA-All Stars, forse il format andrebbe ripensato. C’è chi ha proposto di imitarne il draft: da una parte Federer sceglie i suoi, dall’altra Nadal-Djokovic i loro. Ma magari i progressi del Nord America – leggi soprattutto Canada con Augier-Aliassime e Shapovalov – modificheranno gli attuali precari equilibri.
Forse, al momento qui a Ginevra gli americani potrebbero sperare di vincere più doppi, che alla fine portano gli stessi punti dei singolari. Di fatto un illustre collega che su un sito americano aveva dato per favorito – due set a zero – Shapovalov su Thiem e Fognini su Sock, e un solo singolare in due set, quello fra Tsitsipas e Fritz, e favorito il doppio Sock-Shapovalov su Zverev-Federer… non ne ha azzeccata una. Peggio del Mago Ubaldo e della previsione wimbledoniana Federer-Berrettini!
Per considerazioni di vario tipo su questa Laver Cup vi rimando a quello che aveva scritto Vanni Gibertini dopo Chicago perché molte sue tesi mi paiono condivisibili ancora oggi, quando aveva messo fra i più l’appeal commerciale dell’idea di Godsick, la partecipazione del pubblico a seguito di una proposta interessante per gli spettatori, il piacere di partecipare ad un evento “diverso” da parte dei giocatori che si sentono onorati di essere chiamati a far parte dello show (è quel che ha detto anche Fognini che però non ha dimostrato di avere la stessa professionalità degli altri tennisti nel rispondere alle domande di Laura Guidobaldi, consigliandole di rivolgersi direttamente a Bjorn Borg in svedese anziché far domande a lui!), la formula tutto sommato azzeccata perché se tutti (o quasi) i match si decidono al tie-break del terzo set o comunque riservano discrete emozioni e spettacolo, alla fin fine il timore che l’Europa dovesse farsi un solo boccone del World Team, sembra forse esagerato (lo scrivo in apparente contraddizione con quanto scritto inizialmente). E infine l’organizzazione, anche se fa effetto constatarla così australiana in Europa, contando su grandi sponsor come Rolex, Barilla, Credit Suisse, Jura, Wilson, Moet&Chandon e altri di grandissimo calibro, è certamente notevole e crea, anche nella fan zone, un piacevolissimo impatto.
Come ho accennato sopra riguardo al discorso di considerare questi incontri ufficiali per gli head to head dell’ATP ho delle perplessità anche perché fra match della prima giornata che assegnano un solo punto ai vincitori e quelli che ne assegnano nella terza giornata c’è una bella differenza e non dovrebbero pesare, nel bilancio dei confronti diretti, allo stesso modo. Ciò sebbene, come già detto, non penso che i tennisti che scendono in campo il primo giorno si impegnino meno di quelli che scendono il secondo o il terzo.
C’è poi il solito, ritrito discorso che questo è in pratica un torneo a inviti (e a ingaggi) per cui qualcuno può giovarsene e altri no. E, come già sottolineava Gibertini, mentre chi perde in uno Slam lo vedi andar via furibondo, qui anche chi perde tutto sommato sembra sopportare lo smacco con il sorriso sulle labbra. Anche se magari, come ha fatto Shapovalov quando ha perso il match con i 3 match point contro Thiem, caccia rabbiosamente la racchetta per terra.
LA SCONFITTA DI MATTEO… E PRONOSTICI PER DOMANI – Gli organizzatori del torneo di San Pietroburgo certo non saranno stati contenti della concorrenza esercitata dalla Laver Cup e della modesta fedeltà dell’ATP alle loro esigenze, ma certo i lettori italiano staranno prestando grande attenzione al tentativo di Matteo Berrettini di entrare fra gli otto qualificati al Masters di Londra, 41 anni dopo Barazzutti. Purtroppo quel doppio 7-6 per Gerasimov (14 punti per il bielorusso a 8 complessivamente nei due tie-break) e l’incapacità di Matteo di strappargli anche una sola volta il servizio (dopo essersi procurato tre sole palle break) sembrano dimostrare ancora una volta che il maggior limite di Matteo consiste nella risposta al servizio.
Lo dico senza aver visto un punto del match, quindi magari sbaglio in relazione alla partita odierna. Ma se Matteo, che ha salvato ben sei palle break, si dimostra solido nei frangenti in cui si deve salvare, un po’ meno lo sembra quando invece deve chiudere lui. Ho ancora negli occhi quel dritto sbagliato sul 4-1 nel tiebreak del primo set con Nadal a New York e poi altri momenti in quello stesso tie-break, così come con Popyrin quando doveva chiudere il quarto set servendo per il match. È solido a momenti, fragile in altri. Oggi ha cinque piccolissimi punti di vantaggio su Nishikori ma ha mancato di prendere il largo. Avesse perso con Medvedev in semifinale sarebbe stato normale. Peccato per la semifinale mancata. Speriamo che fra Pechino e Shanghai Matteo raccolga altri punti importanti.
Chiudo sul day one della Laver Cup dicendo che il 3-1 a favore dell’Europa non pregiudica nulla. Basta un solo match vinto dagli USA nella seconda giornata, magari già con Isner contro Zverev nel primo incontro di questo sabato, per pareggiare il conto. Dopo di che Federer con Kyrgios non è un match scontato, anche se lo svizzero è certo favorito. Non più del solito perché gioca in casa, perché Roger gioca in casa in tutto il mondo, ma perché come ha detto Roger ieri notte dopo il doppio che ha vinto con Zverev annullando 6 set point nel secondo set: “Se gioca al 100 per 100 delle sue possibilità Kyrgios può battere chiunque. Ma se gioca soltanto all’80 allora penso di poter vincere io…”. Poco prima, scherzando, avevo detto a Roger che lui e Rafa non avevano dimostrato di essere grandi coach con Fognini che aveva disputato un match pessimo contro Sock malgrado i loro consigli. Mentre Zverev rideva di buon gusto, anche Roger ci ha scherzato su. Salvo eccepire, quando gli ho riferito che Patrick McEnroe mi aveva detto di aver visto un Fognini disastroso soprattutto nel primo set “Eh ma lui è uno dei capitani dell’altra squadra, non bisogna dargli peso”.
Riguardo alle partite di sabato mi fa effetto vedere Nadal che gioca due partite quando i match valgono due punti invece che domenica quando valgono tre. Che sia perché Rafa non è al massimo? Qualcuno mi ha sussurrato che potrebbe avere un problema al polso, che scenderebbe in campo per il primo singolare e se poi accusasse qualche problema potrebbe essere sostituito nel doppio. Vedremo. Intanto posso garantirvi che la disponibilità di Roger a scherzare, a rispondere in tutte le lingue a tutte le domande – fregandosene altamente di quando il vice-manager di Godsick interviene nervoso per dire “ultima domanda!” – è unica. Quasi esagerata. Si capisce proprio che questo è il suo torneo.