Come da pronostico, Novak Djokovic ha conquistato il Rakuten Japan Open, cui partecipava per la prima volta, schienando facilmente John Millman per 6-3 6-2 in 70 minuti, a conferma del suo grande feeling con lo swing asiatico – ha vinto 6 volte a Pechino, 4 a Shanghai e una volta alle Finals, sempre in riva al Fiume Azzurro.
Djokovic e Millman non si affrontavano dagli US Open dello scorso anno, il momento più alto della carriera dell’australiano, che raggiunse i quarti dopo aver battuto Federer e al quarto turno. L’aussie era alla seconda finale della carriera nel circuito maggiore (ha peraltro vinto il Challenger di Taiwan 2 settimane fa), la prima in un 500 (nel 2018 aveva perso con il nostro Marco Cecchinato nella sua prima settimana di kleos, a Budapest), risalendo da tre match point avversi nel primo turno delle qualificazioni con Bradley Klahn per poi rimontare un set a Mannarino all’esordio nel tabellone principale. Da lì, otto set vinti consecutivamente, ancorché evitando teste di serie fino all’appuntamento con il ‘boss finale del gioco’, arrivato all’ultimo atto senza ambasce, se non forse nel secondo set con Go Soeda.
Dal punto di vista tecnico, non sembrava poterci essere partita: troppo fragile con il servizio e con il dritto l’aussie, reduce da un’annata sottotono fino all’attuale exploit (la corsa in Estremo Oriente ha rimpolpato il suo record nel tour maggiore a 20-24) come peraltro confermato dal crollo in meno di un anno dalla trentatreesima alla novantaquattresima posizione delle classifiche – ora è N. 80, ma tra poche ore tornerà al 58. Apoditticamente, nel tennis vale l’assunto per cui se due giocatori fanno cose simili, il più dotato vincerà praticamente sempre, e nella circostanza odierna non c’erano molti dubbi su chi fosse la racchetta più raffinata.
Come se non bastasse, gli head-to-head dicevano 2-0 per Djokovic, entrambi nel 2018 (Queen’s e Flushing Meadows), entrambi netti. L’unica statistica ornamentale che poteva rincuorarlo riguardava l’ultimo vincitore del torneo, Daniil Medvedev, a sua volta un qualificato, ma sappiamo quanto (poco) rilievo abbia la cabala in questo sport.
LA PARTITA – Djokovic è partito sotto 0-30, testando l’avversario sulla diagonale sinistra e provando a sincopare il ritmo con lo slice, trovando però un Millman già caldo. La grande efficacia trovata con il servizio al centro gli ha però permesso di rientrare con agio, tenendo in apertura. L’australiano, all’apparenza non intimidito, ha cercato subito di imporre un ritmo alto, ossia di vendere ghiaccio a un eschimese. Nel terzo gioco, Nole ha mostrato di non poter essere vinto così, verticalizzando con molta facilità, il dritto più pesante ancorché con una buona net clearance, il rovescio senza troppi fronzoli nell’alzare la testa della racchetta che gli dà quella frazione di vantaggio – in sostanza, ha svoltato. Ottenute due palle break, il serbo ha anche avuto il margine per inconsuete variazioni, chiamando l’avversario a rete con uno slice corto e basso sul rapido nipponico per poi chiudere a rete e tenere a zero, 4-1.
Davvero apprezzabile la costanza da fondo di Millman e il suo linguaggio del corpo, che, causa l’appagamento di un grande risultato cum assegno, si sarebbe potuto ottenebrare in fretta. Invece l’australiano ha continuato a incitarsi, senza mollare da fondo, con il 57% di punti fatti sulla seconda di un Djokovic più falloso del solito (-10 il saldo sul rovescio), ma mai a rischio, grazie a una prima in grandissima forma (delle sopracitate seconde ne ha dovute colpire solo sette, dato con proprietà non estensiva). Un paio di servizi esterni vincenti gli hanno dato il 6-3 in 31 minuti, 74% di prime in campo con l’85% di realizzazione e 5 ace, brutalmente efficiente, come si evince dalla tabella mostrata durante l’incontro:
SECONDO SET – Millman ha cercato di aggredire maggiormente, imponendo rotazioni più volente del busto con il rovescio, ma, giunto al 40-15, non è più riuscito a sfondare, prima tradito dal nastro e poi da tre errori non forzati in scambi dove Nole è sempre riuscito a rintuzzare la sua spinta per poi farli girare con il dritto inside-out alternato a colpi lungolinea che gli hanno sempre permesso di sfiancare il tergicristallo di Brisbane.
La partita è finita lì: Millman ha messo tante prime, ma anodine. Nole ha quasi sempre risposto coperto, e si è procurato una palla break anche nel terzo gioco. L’aussie si è difeso con una rara botta al centro, ma Djokovic ha sfruttato l’agio sulla risposta allo slice da destra per aprirsi angoli stretti, e ha portato a casa il secondo break dopo un rovescio in rete dell’avversario. Arrivato a 5-2 e servizio, il serbo si è un po’ contratto, ma un ace esterno e tre errori di Millman l’hanno portato al traguardo.
“È stata una settimana fantastica da tutti i punti di vista,” ha detto il vincitore a bordo campo. “Mi sono sentito benissimo in campo, non ho perso un set e ho servito alla grande, decisamente il mio miglior livello negli ultimi due mesi, ma anche fuori mi hanno accolto in maniera straordinaria, mi sono sentito a casa. John ha avuto una grande settimana, soprattutto se consideriamo quanto è stato vicino a perdere nelle quali, gli faccio i miei complimenti”. Va inoltre sottolineato come, nel discorso della vittoria, in mezzo a tutte le captationes benevolentiae, Nole si sia augurato di poterci essere il prossimo agosto per le Olimpiadi, ancora assenti nel suo palmares.
Un buon Djokovic, dunque, apparentemente libero dall’infortunio alla spalla che l’aveva condizionato a Cincinnati e New York, obbligandolo al ritiro. Va anche sottolineato, però, che il Rakuten Japan Open non è assurto a Cassazione della sua forma: il ranking medio degli avversari affrontati è stato 69.2, 3 di questi fuori dalla Top 80, e uno dei 2 competitivi (Pouille) che diventa catatonico ogni volta che lo affronta. Senza ovviamente voler sminuire la sua vittoria, il quesito che sorge spontaneo riguarda più che altro l’attendibilità di ogni valutazione per le condizioni di Nole. Considerazioni più precise potranno esser fatte a Shanghai, dove al secondo turno troverà o Tiafoe o Shapovalov, e via via potenzialmente Isner, De Minaur o di nuovo Pouille agli ottavi, Monfils o Tsitsipas ai quarti, e probabilmente Medvedev in semi.
In ogni caso si tratta della vittoria numero 4 dell’anno, 76 della carriera, tredicesima in un ATP 500, e soprattutto di un tassello nella rincorsa al N. 1 di fine anno: i punti di distacco da Nadal nella Race to London sono ora 1460, ragionevolmente colmabili date le storiche difficoltà fisiche e tecniche del maiorchino a fine anno, confermate dall’assenza a Shanghai per il problema al polso avvertito durante la Laver Cup, e le cui liete distrazioni uxorie potrebbero parimenti favorire la rimonta del serbo.
[1] N. Djokovic b. [Q] J. Millman 6-3 6-2
Tommaso Villa