Le scelte sono scelte insindacabili, almeno per noi comuni mortali che del tennis siamo umili spettatori, non importa se addetti ai lavori, mi si perdoni l’aggravante, o meno. E da spettatori, fors’anche un pizzico rassegnati, non possiamo che accettare supinamente il risultato di briefing che immaginiamo interminabili, utili infine a partorire il colore e la velocità della superficie di gioco apparsa a Shenzhen, sede delle finalissime dell’annata WTA.
Un campo da gioco lento al limite del parossismo, restituente di continuo la sensazione che i colpi delle protagoniste vivano una doppia vita: poiché il vincente che senza ombra di dubbio sembra uscire dalle corde della racchetta finché il feltro non tocca la colla si trasforma immancabilmente in una mozzarella che la difendente, lontana dieci metri dalla palla, è in grado di rincorrere con agio. Ne risultano uno spettacolo fortemente smorzato e un enorme vantaggio per le maratonete in gara, le quali, seppur con coefficienti di difficoltà differenti, hanno finito per prevalere sulle avversarie d’attacco, in due match manco a dirlo lunghissimi.
Ha iniziato Elina Svitolina, campionessa in carica ma non per questo immune dalla nomea, da più parti assegnatale, di cenerentola tra le otto protagoniste, incapace com’è stata di vincere un solo torneo durante l’annata di mala grazia 2019, vessata da problemi al ginocchio e in grado, sino alla vittoria di oggi su Karolina Pliskova, di sconfiggere nella stagione in chiusura appena un’altra collega compresa tra le prime dieci delle classifiche (Madison Keys all’ultimo Open degli Stati Uniti).
Sotto di un precoce break presto recuperato, la mezzofondista di Odessa è riuscita a spuntarla grazie alle proprietà narcotiche di campo e palle, alla tigna per cui è famosa e, soprattutto, alla solita prodigalità dell’avversaria, splendida nel rilasciare un buon numero di vincenti facendo leva su movimenti cortissimi ed esplosivi, ma anche di una mole di gratuiti (le statistiche ne hanno segnalati una cinquantina) difficile da emendare. Ma se la continuità non è mai stata il pane dalle parti di Louny, oggi Svitolina, molto passiva al momento di chiudere i punti decisivi, ha deciso di adeguarsi, e solo i continui alti e bassi di Pliskova le hanno permesso di aggiudicarsi un tiratissimo tie break del primo sul 14-12 al settimo set point disponibile, avendo peraltro rischiato la pelle, sull’otto a nove, al cospetto dell’unica occasione per la prima partita concessa alla rivale.
Scontenta e scontrosa, la trampoliera di Louny è partita malissimo anche nel secondo, ma una Svitolina fiacca e davvero poco serena ha fatto di tutto per rimetterla in partita: prima subendo un parziale di tre giochi a zero per il tre a due Repubblica Ceca, poi giocando uno sventato decimo game al momento di servire per il match una volta recuperato il vantaggio: dal quindici-quaranta, tuttavia, il servizio dell’ucraina è improvvisamente entrato in scena, e gli ultimi quattro punti consecutivi le hanno regalato la vetta del girone.
Vetta del girone viola che Svitolina dovrà condividere con Simona Halep, uscita illesa per miracolo dalla sfida a Bianca Andreescu, quest’ultima particolarmente affranta poiché non più abituata a gestire il concetto di sconfitta. Quella patita contro la rumena, appena la sesta in stagione a fronte di quarantacinque vittorie, è maturata in modo assai anomalo, specie per chi abbia avuto la fortuna di assistere a un primo set dominato ben oltre il sei a tre finale. L’armamentario proposto – cambi di ritmo, slice, improvvise accelerazioni, smorzate letali – ha avuto su Halep l’effetto subìto negli ultimi mesi da decine di colleghe, ma nel secondo, complice qualche dolorino alla schiena patito dalla giovane campionessa di New York, il match si è via via equilibrato.
Sorretta dai consigli di un presentissimo Darren Cahill, richiamato dagli spalti per quattro opportune sedute di psicanalisi, e dall’incessante tifo di un rumorosissimo manipolo di connazionali assiepati in tribuna, Simona nel secondo set ha cessato di subire strutturalmente, aiutata peraltro da un’Andreescu non più capace di districarsi dalle ragnatele in palleggio tanto care alla rivale. Con le idee annebbiate da fatica e mutata inerzia, Bianca è andata sotto quattro a due, salvo riemergere con tre giochi consecutivi sul cinque a quattro di una partita in cui le due attrici si sono rifiutate di essere contemporanee protagoniste.
Sul sei a cinque, complice un rovescio largo di Halep, la teen di Mississauga ha anche avuto tra le mani un match point, fallito, prima dell’inevitabile tie break: qui la tennista da Costanza ha alzato di molto il volume della radio, per chiudere sull’otto a sei alla terza occasione utile. E sebbene Andreescu, dopo il secondo trattamento alla schiena, abbia imposto l’ultimo colpo di coda per il break del due a uno nella partita decisiva, era ormai chiaro come la condizione atletica, determinante sopra le due ore e mezza di sforzo in condizioni di gioco simili, fosse diventata un alleato preziosissimo per Halep, in effetti capace di gestire con relativo agio il segmento finale della gara.
Alla chiusura della giornata inaugurale del gruppo viola guidano dunque Elina Svitolina e Simona Halep. Guidano le maratonete, insomma. Forse non un dato così imprevedibile alla vigilia.
Risultati Gruppo Viola, prima giornata:
[8] E. Svitolina b. [2] Ka. Pliskova 7-6(12) 6-4
[5] S. Halep b. [4] B. Andreescu 3-6 7-6(6) 6-3
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