Il Masters 1000 di Parigi restituirà al circuito Rafa Nadal, che manca – nella sostanza – dalla finale dello US Open vinta a inizio settembre contro Daniil Medvedev. Nel mezzo, l’isolata apparizione (pur vincente) alla Laver Cup di Ginevra dove il maiorchino ha battuto Milos Raonic, prima di dare forfait alla vigilia dell’appuntamento più atteso: il doppio da giocare in coppia con Roger Federer. Il guaio alla mano sinistra l’ha costretto a saltare lo swing asiatico, ma l’assenza dal campo non ha comunque fatto spegnere i riflettori. Il matrimonio nel segno della riservatezza con la storica fidanzata Xisca, la convocazione per la Davis da giocare in casa ma anche e soprattutto il ritorno in vetta al ranking a far data dalla prossima settimana.
Bercy e le Finals londinesi saranno il rettilineo su cui sprinteranno Nadal e Djokovic verso il traguardo del numero uno di fine anno. Con 2500 punti in palio, il serbo è indietro di 1280 da Nadal nella Race. Djokovic punta a chiudere il suo sesto anno solare al vertice, mentre per Nadal sarebbe la quinta volta. Qualche giorno fa i due si sono sfidati in esibizione in Kazakistan, rinviando l’esito della contesa agli snodi di Parigi e Londra. La vetta è ambita da entrambi, anche se la lotta non dà l’idea di essere all’ultimo sangue. La conquista dei prestigiosi trofei in palio a fine stagione sembra attrarli più del primato di punti e anche l’approccio alla settimana parigina – i due si sono allenati insieme, il video è trend topic – non rende l’idea un particolare antagonismo diverso da quello, scontato, per la conquista del trofeo.
Ciò che sarebbe probabilmente anomalo in altri contesti, non lo è ai livelli più alti del tennis. Come ha voluto sottolineare Carlos Moya, allenatore di Nadal, intervistato da ATPTour.com: “Non so se sarebbe potuto accadere in altri sport di vedere allenarsi insieme due campioni, ma a noi piacciono le cose semplici – ha spiegato al sito ATP -. Avevamo provato già in altre occasioni a far condividere il campo di allenamento a Rafa e Nole ma non ci eravamo riusciti solo per una questione di programmazione. La superficie qui è veloce e il rimbalzo della pallina non consente ampi tempi di reazione, bisogna essere aggressivi e ci stiamo lavorando“.
Moya, dal suo privilegiato punto di vista, ha anche espresso un parere positivo sulla condizione complessiva con cui Nadal arriva a Parigi. “Rafa ha ripreso ad allenarsi subito due giorni dopo il matrimonio e in precedenza ha beneficiato del necessario riposo. Se Bercy è stato per lui sempre un torneo stregato – è la versione del tecnico spagnolo – forse è proprio perché ci è arrivato sempre stanco a fine stagione. Ma quest’anno è diverso, lo vedo fisicamente e mentalmente preparato al meglio“.
Interrogato alla vigilia sull’incidenza della sfortuna nei suoi insuccessi a Bercy, Nadal ha dribblato di forza: “Non credo si possa parlare di sfortuna da queste parti, nella città dove ho vinto 12 volte il Roland Garros. Non ho vinto questo torneo semplicemente perché, a seconda dei casi, non stavo bene (come l’anno scorso, ndr), non ho giocato bene o gli avversari sono stati più bravi di me“. Il maiorchino, 84 trofei in carriera, ne ha vinti soltanto due indoor (Madrid 2005 sul duro e San Paolo 2013 su terra). “Ho migliorato il mio gioco per far bene anche su una superficie che, in passato, mi ha visto andare in difficoltà“, ha concluso. Sulla sua strada, al secondo turno, ci sarà Adrian Mannarino (un solo precedente, giocato a Pechino nel 2016 e vinto da Rafa per 6-1 7-6). Per capire subito l’effetto che fa, quella che per lui è l’altra Parigi.