Un doppio annuncio da parte di Dominika Cibulkova arriva dalle (rinnovate) pagine web del sito WTA: il libro “Tennis is my Life” che ne narra le gesta è in uscita, mentre lei stessa dice addio al tennis professionistico. La trentenne di Bratislava racconta: “Quando ho iniziato a giocare, la gente mi diceva ‘no, Domi, sei troppo bassa’. Era qualcosa che sentivo dirmi di continuo e che ha reso quanto successo nella mia carriera ancora più incredibile”. 161 centimetri di furia agonistica che l’hanno portata a centrare la semifinale al Roland Garros nel 2009, proprio lo stesso torneo nel quale, dieci anni dopo, avrebbe disputato il suo ultimo incontro – lo scorso maggio, appunto, contro Aryna Sabalenka.
“Non mi sono svegliata pensando ‘non voglio più giocare’” spiega, “è stato un processo lungo. Ero già convinta a Miami quando ho affrontato Azarenka che quello avrebbe potuto essere il mio ultimo match”. Il suo coach le ha però ricordato l’impegno preso in Fed Cup e la possibilità di dare l’addio ai suoi fan. Ci sarebbe poi stato il tempo per riflettere sul da farsi. “Così, abbiamo programmato di arrivare al Roland Garros senza però dare l’annuncio ufficiale. Mi sono goduta l’estate” continua Dominika, che nel frattempo avrebbe vinto i suoi due incontri di singolare salvando la Slovacchia ai play-off. “Prendermi cura di me stessa e starmene in vacanza, vedere come andava. È stato un processo lungo“ ribadisce. “È una decisione difficile da prendere ma, una volta presa, ti senti più libera”.
Nell’ultimo periodo, non ha giocato a suo favore il ripresentarsi del ricorrente problema al tendine d’Achille, che aveva anche richiesto l’intervento chirurgico nel 2015, poco più di un anno dopo la finale raggiunta all’Australian Open. Un best ranking da quarta giocatrice del mondo e otto titoli WTA vinti per Cibulkova, tra i quali spicca il trofeo alzato alle WTA Finals di Singapore nel 2016. Sconfitta nelle prime due giornate, ha agguantato l’ormai insperata qualificazione battendo Simona Halep, per poi rimontare un set a Kuznetsova in semifinale e imporsi infine su Kerber. È senz’altro questo uno degli obiettivi inimmaginabili quando ha iniziato a giocare. “Sentivo già il peso della vita da tennista” prosegue Domi nell’intervista telefonica, “tutti quei viaggi, gli allenamenti, dover dare il 100% tutti i giorni. Cominciavo a esserne stanca. Alla fine, ho sentito di aver dato abbastanza e di aver ottenuto cose che mai avrei sognato di raggiungere nella mia carriera”.
Sempre esuberante in campo, caricandosi con quel “pome!” da lei reso celebre e che inequivocabilmente la identifica, la “Pocket Rocket” della WTA ricorda quel successo come “il più grande momento della mia carriera e della mia vita”, ma hanno contato anche di più il percorso e la lotta per arrivarci, a partire dalla vittoria del torneo di Linz (nella penultima settimana di tornei prima delle Finals) per arrivare alla sensazione di sentirsi parte del gruppo delle otto migliori giocatrici del mondo. “Mi sono detta ‘questo è il motivo per cui gioco a tennis da tutta una vita’”.
È stato a quel punto che ha cominciato a lavorare all’autobiografia che punta a pubblicare anche in inglese. “Il libro non è stato scritto da una giornalista ma da una scrittrice di romanzi” chiarisce, “così non è solo per appassionati di tennis, ma per donne e uomini che hanno dovuto sopportare sforzi e sacrifici”. Anche attrice nel film su Na Li, Dominika ha da tempo investito in un’accademia di tennis e in un ristorante nella sua città natale, gettando le basi per la sua nuova vita dopo quella spesa a dare tutto sui campi.