3. Naomi Osaka b. Bianca Andreescu 5-7, 6-3, 6-4 Pechino, QF
Non ricordo negli ultimi anni un match capace di suscitare tanta attesa pur essendo un semplice quarto di finale di un Premier Mandatory. Osaka e Andreescu non si sono mai incontrate prima, ma hanno avuto percorsi simili nelle ultime due stagioni: Osaka nel 2018 ha vinto Indian Wells e gli US Open battendo in finale Serena Williams. Andreescu ha fatto esattamente lo stesso nel 2019, con in più la vittoria a Toronto.
In pochi mesi sono diventate due stelle della loro nazione visto che hanno portato la prima vittoria Slam della storia al Giappone e al Canada. E siccome sono entrambe reduci da una striscia di match senza sconfitte, l’incontro interromperà l’imbattibilità di una delle due. Insomma ci sono tutti gli ingredienti capaci di trasformare la partita in un evento. E la qualità di gioco non delude le attese.
Primo set. Bianca comincia meglio, sale 5-1, prima che Osaka recuperi fino al 5-5. Ma poi i due game conclusivi del set li vince di nuovo Andreescu, per il 7-5 a suo favore. In pratica l’andamento è del tutto identico al secondo set della finale di Flushing Meadows contro Serena Williams. Da una situazione di totale controllo a un riequilibrio temporaneo, fino allo sprint finale che rimette le cose a posto. La sensazione è che Bianca abbia qualcosa in più, un margine di vantaggio che le permette di riuscire a spuntarla quando serve davvero.
Secondo set: Andreescu sembra ancora una volta in controllo, e sul 3-1 comincia a intravedere il traguardo. Invece Osaka reagisce e poi sul 4-3 vince uno scambio straordinario. Eccolo:
Da questo momento Naomi alza ulteriormente il livello di gioco, mettendo in campo una presenza tecnica e agonistica di peso superiore. Con un parziale di 8 punti a 1, chiude il secondo set sul 6-3. Ora le due giocatrici si misurano testa a testa in un quadro di sostanziale parità; e così quando si entra nel set finale l’ineluttabilità della vittoria di Andreescu non è più così certa.
Terzo set. Bianca ancora una volta in vantaggio (3-1), Naomi ancora una volta risale (3-3). Nella volata finale probabilmente entra in gioco anche il fattore fisico: Osaka appare più fresca, mentre Andreescu commette qualche errore di troppo dando a volte l’impressione di arrivare con un po’ di appannamento sulla palla. 5-7, 6-3, 6-4 il punteggio conclusivo, in due ore e 17 minuti totali.
Bianca è uscita sconfitta, ma al termine di un altro grande match, in cui ha nuovamente mostrato le sue straordinarie qualità dopo l’impresa degli US Open. Osaka dopo la vittoria agli Australian Open e diversi mesi di appannamento, ha ritrovato in oriente la forma migliore, quella che le ha permesso di vincere due Slam consecutivi. A chi ha avuto la fortuna di assistere al match rimane la sensazione che, se la salute le assisterà, questo confronto potrebbe diventare un grande classico dei prossimi anni di WTA.
2. Karolina Pliskova b. Serena Williams 6-4, 4-6, 7-5 Australian Open, QF
Se non è stata la più dolorosa rimonta subita da Serena in carriera, ci siamo vicini. A dimostrazione che la affermazione “nel tennis non è finita sino a quando non è finita” vale anche per le fuoriclasse assolute.
Quarti di finale agli Australian Open, primo set. Pliskova parte meglio, strappa il servizio a Williams nel terzo game, e custodisce il vantaggio sino alla fine del set: 6-4.
Poi nel secondo set sale 3-2 e servizio: se continuerà a non perdere la battuta, la vittoria per Karolina è assicurata. Ma Serena non è tipo da vivere queste situazioni senza reagire: quando si trova con le spalle al muro, cambia marcia, alzando il livello del proprio tennis. Parziale di 4-1 a suo favore che le vale il successo nel secondo set: 6-4.
Nei primi game del terzo set si vede forse la miglior Serena post-maternità: efficacissima al servizio, straordinariamente incisiva alla risposta e vicina alla perfezione durante lo scambio, nel quale riesce trovare angoli strettissimi quasi dal nulla. Pliskova non gioca affatto male, ma è Williams a essere incontenibile: il classico momento magico che appartiene a chi nasce fuoriclasse, in cui mente e corpo diventano tutt’uno, ogni colpo riesce esattamente come si desidera, e sbagliare sembra quasi impossibile.
Serena è “in the zone”, e per lei tutto fila alla perfezione fino al 5-1, 40-30 e servizio. Ma proprio come in un incantesimo, a interrompere il momento magico è una chiamata per fallo di piede sulla prima di servizio del match point. E al fallo di piede si aggiunge durante lo scambio un piccolo problema alla caviglia sinistra: Williams inverte bruscamente la corsa per recuperare una parabola in contropiede e si procura una leggera distorsione.
Quanto incida sul rendimento di Serena è difficile dirlo; fatto sta che Pliskova è straordinaria nel continuare a “crederci”. Partendo da questo frangente negativo della sua avversaria costruisce una rimonta impressionante. Un parziale di 6 game a zero, con colpi di qualità superiore: prima gioca con il coraggio della disperazione e poi con quello della convinzione. Salva lungo il cammino altri tre match point, e arriva a rovesciare completamente il punteggio, fino al 5-7 conclusivo.
Attenzione però a considerare il match come speciale solo per l’andamento rocambolesco. Questo quarto di finale Slam è di valore superiore anche sul piano tecnico, con dati ampiamente positivi nel saldo vincenti/errori non forzati: +17 Pliskova (32/15) e +17 anche Williams (54/37). Non solo: a dimostrazione della qualità costante, entrambe concludono con saldo positivo ogni singolo set (Pliskova +6, +3, +8) (Williams +2, +10, +5). Centotrenta minuti di tennis di livello altissimo.
1. Naomi Osaka b. Petra Kvitova 7-6(2), 5-7, 6-4 Australian Open, Finale
Osaka e Kvitova si incontrano per la prima volta in assoluto a Melbourne, e in palio non c’è solo il successo nel Major ma anche il primo posto nella classifica WTA: chi vincerà il match raggiungerà per la prima volta in carriera il numero 1 del mondo.
Primo set. Kvitova inizia meglio, si procura palle break in diversi game, ma non riesce a convertirle: e così nella sostanza il set rimane in equilibrio. Anzi, Osaka a poco a poco sposta l’inerzia dalla propria parte: non riesce a convertire un paio di set point sul 6-5 (servizio Kvitova), ma conquista comunque nettamente il tie break per 7-2.
Petra reagisce in apertura di secondo set: sale 2-0 ma, come nel primo set, progressivamente Naomi alza il livello. Osaka mette in campo colpi di inizio gioco superiori; più incisiva in battuta, solida in risposta e soprattutto fenomenale in uscita dal servizio: nel terzo colpo dello scambio è molto più reattiva di Kvitova.
I due set sono stati due sfide a braccio di ferro di altissima qualità, e sembra che in entrambi Osaka abbia trovato il modo di conquistarli. Si arriva infatti sul 7-6, 5-3, con Kvitova al servizio in enorme difficoltà; sullo 0-40, la partita è quasi chiusa: tre match point consecutivi. Ma qui Petra dimostra di avere un carattere speciale: serve bene, spinge i colpi con coraggio e risale dal baratro in cui pareva irrimediabilmente sprofondata. E sullo slancio rovescia il quadro psicologico del set: conquista quattro game consecutivi passando da 3-5 a 7-5. L’ultimo punto del secondo set è un doppio fallo di Naomi, che consegna il pareggio nei set nel modo più doloroso possibile.
Terzo set. Dopo un ribaltamento del genere, con il ricordo pesante dei tre match point mancati, ora è Osaka a doversi misurare con lo spettro della crisi. A un solo punto dal mancato successo, deve cercare di dimenticare la delusione per giocarsi tutto il torneo nel set decisivo. E lo fa al meglio. Dopo il toilet break rientra in campo concentratissima: strappa il servizio a Kvitova nel terzo game, e gestisce la pressione da campionessa, arrivando a servire per il match sul 5-4.
A questo punto è il cielo ad aggiungere suspense alla situazione: cominciano ad arrivare alcune gocce di pioggia, ma non al punto tale da obbligare alla interruzione. E così nel game finale Naomi serve ancora con il tetto aperto, sfoderando ottime battute, che sanciscono la vittoria definitiva: 7-6, 5-7, 6-4 . E il numero 1 del mondo, a soli 21 anni.
Per la qualità di gioco, per l’imprtanza dello scenario, per il modo in cui entrambe hanno lottato e saputo fronteggiare i momenti di crisi, davvero una partita indimenticabile. Soprattutto perché nei frangenti chiave sia Petra che Naomi sono state in grado di rovesciare l’andamento del punteggio nel modo migliore: rischiando in prima persona e conquistando vincenti, senza aspettare il possibile errore dell’avversaria.
Due ore e 30 minuti esatti di grandissima intensità: la finale degli Australian Open 2019 è la degna conclusione di quello che, a mio avviso, è stato lo Slam più bello degli ultimi anni, per il livello di gioco e per la ricchezza di partite eccezionali proposte. Qui gli highlights; ma se non avete il tempo per seguirli tutti, non perdete almeno questo scambio: