I drop shot di Maria Josè Martinez Sanchez
Nei tornei sulla terra rossa di preparazione al Roland Garros una delle più grandi sorprese arriva da Roma, con il successo di una giocatrice spagnola che ha costruito la sua carriera soprattutto sul doppio: Maria Josè Martinez Sanchez. Mancina, con il rovescio bimane, ottima volleatrice, Maria Josè vive agli Internazionali d’Italia 2010 la classica settimana della vita. In quei giorni irripetibili sfodera un servizio incisivo, una sorprendente solidità nello scambio da fondo, la consueta abilità nei colpi attorno alla rete e, soprattutto, una sensibilità quasi infallibile nelle palle corte.
Martinez elimina nell’ordine Kudryavtseva, Schiavone, Wozniacki, Safarova, Ivanovic, e poi trova in finale una Jelena Jankovic, numero 7 del mondo, in formissima: Jankovic lungo il suo cammino ha sconfitto entrambe le sorelle Williams, addirittura lasciando un solo gioco a Venus. Ma nemmeno Jelena riesce a fermare Martinez Sanchez. In quella settimana è letteralmente “intrattabile”: il suo tennis di continue verticalizzazioni diventa letale a causa dalla micidiale precisione con cui in tutti i match esegue i drop shot (7-6(5), 7-5). Ecco gli highlights del terzo turno contro la allora numero 2 del mondo Wozniacki:
https://www.youtube.com/watch?v=QEWtOrG9BqA
Grazie al successo a Roma Martinez entrerà per la prima e unica volta in carriera in Top 20 (numero 19).
Francesca Schiavone al Roland Garros 2010. E oltre
Henin e Clijsters hanno sviluppato carriere in parallelo: per molti anni si sono inseguite e stimolate nel raggiungere traguardi reciproci. Accade qualcosa di simile anche in Italia. Flavia Pennetta nell’agosto 2009 entra in Top 10 per la prima volta, raggiungendo un obiettivo sempre sfuggito al tennis italiano femminile. Qualche mese dopo, all’impresa di Pennetta risponde Francesca Schiavone, che vince il Roland Garros 2010 (primo successo femminile italiano in uno Slam) e chiude l’anno da numero 7 del mondo.
Schiavone a Parigi 2010 esordisce contro la russa Kulikova perdendo il primo set. Poi però ne vince 14 consecutivi, quelli che occorrono per conquistare il torneo. Due set a zero contro Ferguson, Li Na, Kirilenko, Wozniacki, Dementieva e Stosur. Per parlare di Francesca uso come traccia un articolo pubblicato nel 2014.
Con il tennis esibito tra il 2010 e il 2011, e con i conseguenti grandi obiettivi raggiunti (tra cui la prima partecipazione di una italiana al Masters a otto di fine anno e il quarto posto come best ranking), Schiavone dimostra che la vittoria del Roland Garros 2010 non è il frutto di due settimane irripetibili, affrontate senza particolari pressioni (partendo dalla testa di serie numero 17).
No, solo una giocatrice davvero forte, infatti, sarebbe stata capace di ripetersi l’anno successivo, raggiungendo nuovamente la finale a Parigi nel 2011 da testa di serie numero 5, con addosso tutta l’attenzione dei media e delle avversarie, e quindi con ben altre responsabilità da fronteggiare. Ecco, quando si misura la carriera di Francesca non si può dimenticare questo aspetto: non solo è stata capace di vincere Parigi, ma da campionessa in carica è stata in grado di ripresentarsi in finale.
Quel biennio in cui ha raggiunto i risultati più importanti della carriera (inclusi i quarti di finale sul cemento degli Slam australiani e americani) è stato il coronamento di una vita sportiva molto lunga. Nel 2010 Schiavone era una giocatrice che frequentava il circuito da più di dieci anni; e dieci anni nello sport sono quasi un’era geologica. Francesca entra per la prima volta fra le prime 100 del mondo l’11 settembre 2000, quando ha appena compiuto vent’anni. Queste sono le prime dieci giocatrici di quella classifica:
Considerando i nomi, si può dire che in quel periodo la WTA stesse attraversando una fase di transizione, in cui il tennis delle sorelle Williams, fondato su una maggiore potenza, ancora conviveva con quello ereditato dalla generazione precedente, basato su un colpi meno violenti, con maggiore rilevanza per gli aspetti geometrici e tattici.
Ma poi, nel giro di pochi anni saper colpire forte sarebbe diventato indispensabile, e anche le nuove arrivate dotate di grande tecnica, come Mauresmo ed Henin, avrebbero dovuto dimostrare di poter reggere lo scambio “pesante” del nuovo millennio; perché di solo tocco, precisione e piazzamento non sarebbe più stato possibile vincere grandi tornei.
Schiavone mantiene nel suo tennis retaggi di quel periodo di transizione. Con il passare degli anni, e con il ritiro delle giocatrici che si erano formate nel secolo scorso, il tennis di Francesca diventa sempre più raro, sino a diventare quasi unico. Caratteristiche prima abbastanza diffuse, si trasformano in eccezionali: su tutte il rovescio a una mano (ma non solo). Un dato evidente testimonia l’evoluzione: lo Slam vinto a Parigi da Schiavone nel 2010 è l’ultimo conquistato in campo femminile da una tennista con il rovescio a una mano.
Ma raccontare il tennis di Francesca attraverso la sola specificità del rovescio “monomane” significherebbe farle torto, perché in realtà il suo bagaglio tecnico è troppo vasto per essere ridotto a un solo colpo.
Una caratteristica fondamentale del gioco da fondo di Schiavone è l’alternanza di spin: i colpi in top spin del dritto (dal rimbalzo molto alto) contrapposti alle differenti soluzioni del rovescio (in top e in back). Poi c’è la varietà di esecuzioni nei pressi della rete: demivolèe, volèe, smash, veroniche, colpi di approccio e colpi in avanzamento, oltre agli “schiaffi” tanto diffusi oggi.
Sul piano tattico a mio avviso la sua vera specificità deriva dalla rarissima dote di saper colpire di volo anche da posizoni lontane dalla rete. Una qualità che le permette di interpretare la verticalizzazione con un senso del tempo del tutto particolare, che appartiene solo a lei.
Purtroppo delle sua imprese parigine del 2010-11 rimangono video estremamente limitati, e quindi occorre rifarsi a pochi scambi significativi per ritrovare esempi utili a capire il tema. Ecco un punto dalla finale del Roland Garros 2010 che dimostra come quella Schiavone usasse tempi di gioco inimitabili:
Potrebbe sembrare attacco in controtempo classico, ma a mio avviso c’è una sottile differenza: l’attacco in controtempo normalmente è una soluzione in cui il giocatore punta sul fattore sorpresa per cogliere impreparato l’avversario; che però, se riesce a intuirlo, può cercare di attuare delle contromisure.
In questo punto invece, la discesa avviene ancora un istante dopo, quando Schiavone ha la certezza che l’avversaria in difficoltà non potrà più cambiare il colpo. Questo ulteriore, leggero ritardo, implica una conseguenza: giocare di volo da posizioni poco ortodosse, nei pressi della linea del servizio. E per riuscire a farlo occorre una tecnica davvero notevole.
Purtroppo dopo il biennio “magico“, si affievoliscono quell’istinto offensivo e quel senso del tempo quasi miracolosi, che consentivano a Francesca di trovare punti tanto importanti quanto spettacolari: soluzioni in avanzamento ritardato che, a mio avviso, sono state il marchio di fabbrica del suo periodo di maggior successo; poi il suo gioco si è in parte normalizzato.
Forse per riuscire a praticare con frequenza schemi del genere non occorre soltanto molta tecnica (quella certo non si perde col tempo); ma anche grande freschezza atletica e mentale, unita a una notevole fiducia nei propri mezzi. Un insieme di condizioni difficili da ottenere, e che sono tipiche dei momenti migliori di una carriera: quelli che fanno vincere le grandi partite e che permettono di lasciare il segno nei grandi tornei.
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