“Congratulazioni per la stagione sull’erba”: quando una frase del genere è pronunciata da Roger Federer, significa che devi proprio aver fatto vedere qualcosa di buono sui prati. E poco importa se quelle parole ti arrivano al momento della stretta di mano dopo quella che tu stesso definisci una lezione di tennis. Perché Matteo Berrettini è stato il principale artefice di quella tonalità azzurra di cui si è inaspettatamente tinta l’erba di giugno e, se i picchi nostrani si sono registrati sull’abituale terra battuta (il titolo di Fabio Fognini a Monte Carlo) e sul duro (la semifinale dello stesso Matteo allo US Open), è stato un piacere ammirare un connazionale districarsi a dovere tra i fili verdi. Anzi, più di uno.
STOCCATA A STOCCARDA – Un Roland Garros non particolarmente assistito dalle condizioni meteo nelle sue fasi finali è andato in archivio registrando il trionfo di quello che lo vince quasi sempre, di nuovo imponendosi nell’ultimo atto sul più probabile eppur lontano successore. È dunque tempo di cambiare il colore sotto le suole delle scarpe e di modificare gli appoggi. L’ultima vittoria italiana sull’erba, che poi è anche l’unica, risale a Eastbourne 2011 con il trofeo alzato da Andreas Seppi, di nuovo in finale l’anno successivo e ad Halle nel 2015. Berrettini si presenta a Stoccarda da novello top 30, risultato però frutto amaro della sconfitta parigina contro Ruud al secondo turno che gli è valsa una (sola) posizione in più nel ranking.
Al primo turno, si trova di fronte Nick Kyrgios, che ha saltato “quello schifo” del Roland Garros ed è pronto a dare il meglio sull’erba. Un sorteggio sfortunato, in campo c’è un servizio capace di lasciare alla risposta meno di un punto a game, e così Nick esce sconfitto senza rimpianti per 3-6 4-6. L’inizio è promettente, benché il nome dell’australiano non sia sinonimo di continuità. Il numero 9 del mondo Karen Khachanov sta certamente deludendo le promesse di fine stagione 2018, ma i quarti raggiunti a Parigi sono pronti a testimoniare una sua possibile ripresa. Una ripresa che certo non si concretizza in questa sede perché Berretto gli riserva lo stesso (mal)trattamento. Attenzione ora a non sottovalutare Denis Kudla, innegabilmente più assiduo frequentatore dei tornei Challenger, ma che sull’erba eleva il suo gioco tanto da vincerci almeno la metà dei suoi match ATP, come ha avuto modo di appurare Gael Monfils al turno precedente. E dove mettiamo il possibile appagamento per aver appena sconfitto un top ten? Di sicuro, lo mette da parte Matteo che liquida lo statunitense dall’insidioso rovescio lungolinea con un doppio 6-3: è semifinale.
Originario di Warstein come la nota birra, Jan-Lennard Struff sta vivendo la sua miglior stagione ed è anche l’unico di questa settimana tedesca a costringere il romano ad affrontare palle break, due: deve tuttavia accontentarsi di quel risultato, perché è invece il nostro a strappargli un paio di turni di battuta e a prenotare il campo centrale per domenica pomeriggio. Lì è atteso da un diciottenne di Montreal, ma non inganni la giovane età: Felix Auger-Aliassime è una belva nella spirito e nel corpo, nonostante un infortunio all’inguine lo abbia costretto a rinunciare allo Slam appena concluso; ad ammonire gli scettici, invero pochi, c’è quel 13° posto nella Race. Il servizio di Matteo, però, continua a essere intoccabile e il primo parziale è al sicuro. Felix vincerà nettamente la gara degli ace, ma è solo lui a dover salvare la battuta per arrivare al 6 pari. Un provvidenziale filo d’erba crea spazio sufficiente tra la linea centrale del servizio e l’ace che varrebbe il set per Auger-Aliassime. Cinque opportunità canadesi di portare il match al terzo sfumano in quel tie-break concluso al 24° punto dalla risposta pesantissima di Berrettini che vale il secondo titolo in stagione dopo Budapest.
HALLE BERRE – Nella capitale del Baden-Württemberg, abbiamo visto dritto e servizio incendiare l’erba, smorzate puntuali e un rovescio slice farsi rasoio affilatissimo, ma è quello bimane che aggiunge ulteriore valore alle prestazioni del romano. Il rimbalzo erboso, più basso e veloce rispetto al mattone tritato, richiede un movimento più compatto che, evidentemente, fa sparire alcune incertezze da un lato sinistro che ora sfoggia frequentemente un timing insperato. Carico di fiducia e a due posizioni dalla top 20, Matteo si dirige ad Halle dove regola subito con un doppio 6-4 il n 17 ATP Nikoloz Basilashvili. Al secondo turno, subisce “finalmente” il break dopo 63 turni di battuta tenuti consecutivamente. L’autore dell’impresa non può che essere quell’altro azzurro, Andreas Seppi. Sconfitto poi in rimonta, l’altoatesino si trasforma in veggente dichiarando che Berrettini ha le carte “in regola sia per entrare nei primi 10 sia per una semifinale Slam”. Complimenti Andreas, però la prossima volta avverti dello spoiler.
Rispediti negli spogliatoi Karen Khachanov e la sua sete di rivincita, la striscia vincente si ferma in semifinale per mano di un David Goffin nei suoi panni migliori e micidiale con la risposta. Otto vittorie e una sconfitta lanciano Berrettini verso il mese di luglio e l’appuntamento di Wimbledon dove si farà strada fino all’incrocio con Federer agli ottavi. Mentre è ancora vivo il sogno di portare un ATP 250 a Monza, il contributo di Matteo è determinante, ma non l’unico, per farci capire che un’altra superficie è possibile.
I RINFORZI – Uscito all’esordio a s-Hertogenbosch e nelle qualificazioni ad Halle, Lorenzo Sonego si dirige ad Antalya senza aver mai vinto un match ATP sull’erba. Non che, come del resto l’amico Matteo, abbia avuto occasione di giocarne molti nella sua giovanissima carriera. È un torneo strano, questo di Antalya: il numero uno del seeding Benoit Paire viene messo in campo alle 13.30 con 45 gradi, si fa tagliare le maniche della polo e perde da Troicki; Pablo Carreño Busta vince un incontro sull’erba, il primo della sua ormai decennale carriera; i rimbalzi sul secondo campo, il Duygu Court, sono a “improbabilità infinita”.
Tocca allora a Lorenzo mettere un po’ di ordine, eliminando nell’ordine (appunto) il sovente ostico Joao Sousa, il poco erbivoro indiano Gunneswaran, l’amante dei prati Mannarino, il sopracitato asturiano che batte sempre Fognini e, in finale, il next gen Kecmanovic. Nel giro di un paio di settimane, i titoli azzurri sull’erba di tutta l’era open sono triplicati. E negli stessi giorni, a parecchi chilometri di distanza, molti più dei 1.100 che separano Torino e San Giorgio Ionico, succede che anche Thomas Fabbiano vinca cinque incontri di fila. A Eastbourne, partendo però dalle qualificazioni, si arrende più che onorevolmente in semifinale contro Querrey dopo aver battuto Simon. Giusto per tirare un attimo il fiato perché, questione di pochi giorni e di una decina di set, a Wimbledon batterà Stefanos Tsitsipas e Ivo Karlovic. Ma quello è un altro mese.