Lo abbiamo detto tante volte: il ricambio generazionale, il dominio dei tre tenori, Murray e Wawrinka che non sono più quelli di qualche anno fa. Fatto sta che all’alba del 2020 i vincitori più giovani di un torneo del Grande Slam di questo decennio sono due over 30 che al momento non se la passano benissimo: Juan Martin del Potro e Marin Cilic, vincitori a Flushing Meadows rispettivamente nel 2009 e nel 2014, hanno compiuto entrambi 31 anni lo scorso settembre, essendo entrambi classe 1988.
Il primo giocatore nato negli anni ’90 in grado di vincere uno Slam deve ancora palesarsi, anche se a New York Daniil Medvedev non ci è andato tanto lontano tre mesi fa (mentre Thiem, l’altro giocatore nato in questo decennio a raggiungere una finale, contro Nadal a Parigi ha potuto battagliare molto meno). Ma torniamo indietro: il primo giocatore nato negli anni ’80 capace di vincere un Major è stato Marat Safin, che batté Pete Sampras nella memorabile finale dello US Open di 19 anni fa, quando era poco più che ventenne.
Si sono giocati 76 Slam dopo quel torneo e ci si aspetterebbe che un valore intorno ai 40 sia sufficiente per veder trionfare un giocatore nato nell’ultimo decennio del secolo. Invece se anche il 2020 non sbloccherà la situazione si arriverà al doppio di quel valore, ovvero 80 Slam senza vincitori nati negli anni Novanta, un fatto senza precedenti nel Tennis Open già in questo momento.
IN PRINCIPIO ERANO GLI AUSSIE – Torniamo dunque ancora più indietro, a più di 50 anni fa, ovvero al 1968: a Parigi si disputa il primo Slam Open della Storia del tennis. Non è un caso che la prima finale Slam della Storia, al Roland Garros, sia un affare tra i due fenomeni Pro degli Anni ’60, Ken Rosewall e Rod Laver, classe 1934 il primo e classe 1938 il secondo, entrambi australiani. I due si dividono Parigi e Wimbledon ma non ci vuole molto per assistere all’affermazione di un volto nuovo. Arthur Ashe, pur essendo ancora dilettante, vince il primo US Open della Storia a Forest Hills: Ashe – nato nel 1943 – è nove anni più giovane di Rosewall e 5 anni più giovane di Laver.
Sappiamo tutti cosa accade l’anno successivo: lo storico e leggendario Grande Slam di Laver mai più ripetuto nei 50 anni successivi. È poi ancora Ashe a interrompere la striscia di Laver vincendo l’Australian Open del 1970 a Kooyong. Coincidenza o forse no, a questi due signori verranno poi intitolati i Campi Centrali di Melbourne e New York.
Ma quanto tempo deve passare prima che si imponga un giocatore nato nel decennio successivo ad Arthur? Sono necessari 20 Slam, ovvero cinque anni di competizioni prima che Jimmy Connors porti a casa il suo primo Slam in Australia nella settimana tra Natale del 1973 e Capodanno del 1974. Qualche mese dopo al Roland Garros Bjorn Borg completa il ricambio generazionale vincendo a 18 anni appena compiuti il suo primo Major.
Ora è una fase di grande precocità nel tennis dove i campioni si affermano ancor prima di aver compiuto diciotto anni, salvo poi avere carriere relativamente brevi al vertice rispetto al passato e al presente. Si annoverano vincitori ancora minorenni come Mats Wilander nel 1982 a Parigi, Boris Becker a Wimbledon nel 1985 e il caso record di Michael Chang che, sempre in Francia, diventa il più giovane campione Slam a 17 anni e 4 mesi nel 1989. Rimarrà il suo unico Major della carriera. Chang fa così da apripista all’epoca dei quattro grandi americani completata da Sampras, Agassi e Courier, ma rimarrà l’unico dei quattro a non raggiungere mai la vetta della classifica mondiale.
La pazzesca precocità di Chang porta ovviamente a un ‘ritardo’ nel cambio generazionale successivo, per riportare equilibrio: come detto Safin vince a New York più di undici anni dopo, ma anche per i tennisti nati dopo il 1975 ci vorrà del tempo: il primo sarà Guga Kuerten, clamorosa sorpresa a Parigi nel 1997, otto anni dopo il record di Chang.
Se dividiamo ogni decennio di nascita dei tennisti in due lustri, la media di Slam necessari per ‘saltare’ dal primo vincitore nato in un lustro al successivo continua a rispecchiare tutto sommato il numero degli Slam giocati, ovvero venti a lustro. Dopo Kuerten e il già citato Safin la serie prosegue con il primo successo di un giocatore nato nella seconda metà degli anni Ottanta: si tratta ovviamente di Rafael Nadal al Roland Garros, a 19 anni esatti, 17 Slam dopo la vittoria di Safin a Flushing Meadows.
Dopo…. il vuoto: seppure l’inattesa vittoria di Cilic potesse lasciar presagire un cambio progressivo in atto, questo non è mai avvenuto. Il croato è rimasto l’unico tennista capace di ritornare ancora in finali Slam e in tornei diversi (Wimbledon 2017 e Australian Open 2018) confermando così il valore del suo exploit. Tra i “giovani” che ormai giovani non sono più, Dominic Thiem ha dato tutto sé stesso per prendere il trono di Nadal a Parigi ma negli ultimi tre anni è stato fermato sempre dal maiorchino, due volte in finale.
Ci riproverà di nuovo nel 2020 ma la situazione attuale sembra lasciar presagire uno scenario inedito: che sia un giocatore del “lustro” successivo a vincere per primo. Daniil Medvedev (classe 1996), Alexander Zverev (classe 1997) e Stefanos Tsitsipas (classe 1998) hanno già dimostrato di poter competere con tutti almeno sulla corta distanza. Sarà uno di loro il primo a fermare questo tempo infinito? Magari già a Melbourne tra poche settimane? Se così fosse resterebbe una triste casella vuota per i giocatori nati tra il 1990 e il 1995, quelli che hanno pagato più di tutti il peso di dover succedere ai tre fenomeni senza probabilmente averne i mezzi tecnici e caratteriali. Il tempo sa essere crudele: fossero nati un po’ prima o un po’ dopo il loro palmares sarebbe stato probabilmente diverso.
La Storia, d’altro canto, non si può scrivere né con i se né con i ma. E allora secondo voi chi sarà il primo a spezzare l’incantesimo che dura da oltre 19 anni?