Dopo i cinque set dello scorso contro Bautista Agut, una partita memorabile che Andy Murray aveva disputato con mirabile orgoglio e spirito di sacrificio appena dopo aver annunciato che quella rischiava di essere una delle ultime della sua carriera, lo scozzese si era lasciato sfuggire un ottimistico ‘spero di rivedervi il prossimo anno‘ rivolto ai tifosi.
Nel mezzo un’altra operazione, l’insperato ritorno alle competizioni e addirittura il ritorno alla vittoria di Anversa, una storia che abbiamo ripercorso di recente in questo articolo. Insomma, Andy è di nuovo un tennista e all’Australian Open avrebbe dovuto regolarmente partecipare, ma ancora una volta la sfortuna si è messa di traverso. L’ex numero uno del mondo ha infatti annunciato che a causa di un fastidio a carico di una zona del corpo vicina all’anca, un dolore pelvico che gli ha impedito di disputare altri match alle finali di Davis dopo l’esordio vincente contro Griekspoor, salterà sia l’ATP Cup che l’Australian Open, ovvero i due tornei che aveva messo in calendario a gennaio.
“Ho lavorato duro per mettermi nella posizione di poter competere al massimo livello e sono affranto di non poter giocare in Australia a gennaio. Dopo l’Australian Open quest’anno, quando non ero sicuro che avrei potuto giocare ancora, ero molto contento all’idea di tornare in Australia e dare il massimo, e per questo mi dispiace ancora di più. Purtroppo ho accusato una ricaduta di recente e a scopo precauzionale ho bisogno di risolverla prima di tornare in campo“. Secondo l’attuale programmazione, Andy Murray tornerà in campo per l’ATP 250 di Montpellier, il cui inizio è previsto per il 3 febbraio, e poi dovrebbe spostarsi a Rotterdam per l’ATP 500.
“So quanto Andy ci tenesse a tornare in Australia e quanto gli dispiaccia non poterlo fare nel 2020“, ha detto il CEO di Tennis Australia Craig Tiley. “L’ultima partita di Andy all’Australian Open è stato un ottovolante di emozioni che nessuno dimenticherà. La sua determinazione era ed è sotto gli occhi di tutti, ed è questo spirito combattivo che l’ha aiutato a recuperare da un infortunio in grado, potenzialmente, di mettere fine alla sua carriera. Gli auguriamo il meglio per il recupero e non vediamo l’ora di rivederlo in campo“.
LA SITUAZIONE DI ANDY – In sostanza, dalla finale vinta contro Wawrinka ad Anversa, Murray è sceso in campo solo a Madrid per la – sfiancante – sfida contro Griekspoor. Dopo essersi consultato con il suo team ha anche preferito saltare il blocco di preparazione invernale a Miami, con l’idea di volare direttamente down under. Ha invece trascorso i dintorni del Natale in Scozia, allenandosi prevalentemente in palestra con coach Delgado, e dovrebbe rimanere nel Regno Unito per preparare al meglio il ritorno in campo di febbraio. Nel breve comunicato rilasciato sabato dal team di Murray si legge che il ‘pelvic bruising‘ emerso a Madrid si è rivelato più grave del previsto, convincendo così l’intero team a evitare un rientro in campo che avrebbe potuto rivelarsi troppo frettoloso. Come ha sottolineato il suo fisioterapista Matt Little, dopo l’intervento all’anca che ha risolto i problemi a carico di quella zona c’è il pericolo che altre parti del corpo siano sottoposte ad eccessivi sforzi di adattamento alla nuova situazione articolare. In poche parole: serve sempre molta cautela.
LA GRAN BRETAGNA IN ATP CUP – Quanto ai due tornei che salterà, se il forfait all’Australian Open impatterà solo sul suo curriculum del 2020, diverso è il discorso per l’ATP Cup. Proprio il ranking protetto di Murray aveva permesso alla Gran Bretagna di qualificarsi per la competizione già in occasione della prima deadline di settembre, e in seguito era arrivata la rinuncia di Kyle Edmund e la sua conseguente iscrizione al (contemporaneo) torneo di Doha.
In questo momento, ammesso che alla Gran Bretagna verrà comunque concesso di partecipare al torneo considerando che il miglior singolarista iscritto, Dan Evans, è ben fuori dalla top 20, a difendere i colori britannici in singolare sarebbero lo stesso Evans (n.46) e Norrie (n.53). Il regolamento non contempla esplicitamente la casistica della rinuncia di un numero uno ben oltre l’ultima deadline, laddove un forfait comunicato tra prima (settembre) e seconda (novembre) avrebbe comportato l’esclusione dell’intero team.