La Russia è la seconda qualificata per le semifinali dell’ATP Cup. Sono sufficienti i due singolari per stabilire il passaggio del turno della formazione capitanata da Marat Safin ai danni dell’Argentina, nonostante il grande sforzo profuso da Guido Pella e soprattutto Diego Schwartzman. In semifinale Medvedev e compagni attenderanno la vincente della sfida tra Serbia e Canada.
La maggior parte delle emozioni si è concentrata nel secondo incontro, quello tra i numeri uno delle due formazioni, Daniil Medvedev e Diego Schwartzman. Khachanov nel primo incontro infatti non ha sofferto particolarmente. Dominato il primo set 6-2, nel secondo ha dovuto battagliare fino al tie-brek con Pella, come sempre molto combattivo, ma è riuscito a chiudere in due parziali la partita. Ha dovuto faticare molto di più invece Medvedev contro il solito eroico Schwartzman.
Nel primo set il primo break in favore di Medvedev arriva nel sesto gioco, senza che il russo debba fare chissà cosa. Schwartzman però non si butta giù e, con Medvedev al servizio per chiudere il set, riesce finalmente ad ottenere le prime palle break. Il gioco si prolunga per più di otto minuti tra palle break annullate (cinque) e set point cancellati (due, con grandi meriti di Dieguito), ma alla fine è Schwartzman a spuntarla e a rientrare in partita. Seguono l’immediata reazione rabbiosa e un ultimo game del set da incorniciare per Medvedev: lob vincente, dritto vincente in corsa e difesa in back che bacia la riga alle spalle di Schwartzman. C’è purtroppo anche spazio per un po’ di polemica. Medvedev infatti dice qualche parola di troppo al suo avversario, che in precedenza si era lamentato per l’esultanza dell’angolo russo su un suo doppio fallo, e il giudice di sedia Lahyani si vede costretto a dare warning al Team Russia.
Nel secondo set Schwartzman continua a farsi pericoloso in risposta, ma Medvedev è glaciale su tutte le occasioni di break. In media il russo serve dieci km/h più veloce in situazioni di pericolo, senza che le percentuali ne risentano, anzi. Sul 3-3, alla quarta chance del set, Schwartzman riesce finalmente a far breccia sul servizio dell’avversario e difende il vantaggio fino alla fine del parziale, annullando anche una palla break nel game finale. La frustrazione di Medvedev si rende evidente quando, agli albori dell’ottavo game, colpisce con due racchettate il seggiolone di Mohamed Lahyani; secondo provvedimento disciplinare obbligato e conseguente penalty point per la Russia, che rende ancora più pepata l’atmosfera di un match che sembra adesso molto meno scontato di quanto non fosse un’ora e quarantacinque minuti prima.
I presupposti per un terzo set emozionante ci sono tutti e in effetti l’equilibrio regna fino al 3-3. A questo punto però Medvedev semplicemente decide che è ora di chiudere la partita e alza i giri del motore, su giri che in pochi possono mantenere. Un parziale di tredici punti a quattro negli ultimi tre giochi segna di fatto la fine della partita e del tie. Oggi si è visto un Medvedev a metà tra la scheggia impazzita che ha imperversato sui campi fino a metà del 2019 e il giocatore incredibilmente votato alla solidità e alla concentrazione emerso dalla scorsa, magica, estate.
Da un lato, come espressione della difficoltà del match, è stato vicinissimo a perdere le staffe; il gesto che ha portato al punto di penalità non può essere parte integrante della routine del nuovo numero 4 del mondo, posizione a cui approda con questa vittoria (superando Thiem) e che gli garantirà di non affrontare Nadal o Djokovic prima delle semifinali a Melbourne. Dall’altro, ha comunque trovato il modo di vincere una partita difficile contro un avversario molto combattivo. Quando è stato necessario, in campo si è visto il miglior Medvedev. E questa è una prerogativa che pochi possono vantare.