Da quando Rafael Nadal e Novak Djokovic si sono affrontati per la prima volta nel giugno del lontano 2006, ai quarti di finale del Roland Garros, l’appuntamento si è riproposto puntuale ogni anno. 54 volte in totale, 28 vittorie per Djokovic e 26 per Nadal. Al 2020 sono serviti appena dodici giorni per avere il suo Nadal-Djokovic, sfida che dunque si ripropone per il quindicesimo anno consecutivo. Per la ventisettesima volta è una finale – nessuna rivalità può vantarne così tante – e per la prima volta è la finale di una competizione a squadra, la nuova ATP Cup. La pressione è tutta su Djokovic, poiché Bautista Agut ha battuto un buon Lajovic nel primo singolare dimostrando – con il sesto successo in altrettanti singolari – di essere il miglior numero due del torneo.
La pressione però non rientra proprio nell’equazione, perché come accade da oltre sei anni sul cemento, vince Novak Djokovic: domina il primo set, resiste all’orgoglioso tentativo di rimonta di Nadal nel secondo e lo mette all’angolo nel tie-break, allungando a 29 successi, ma soprattutto portando a 2316 giorni (!) l’arco temporale nel corso del quale lo spagnolo non è stato in grado di vincere un set, figurarsi un match, contro Djokovic sul cemento (indoor e outdoor). Dopo la vittoria di Nadal in finale allo US Open 2013, datata lunedì 9 settembre, sul veloce il serbo ha infatti vinto nove partite su nove e diciannove set su diciannove. Sono numeri impressionanti.
LA PARTITA – Così come è impressionante la partenza di Nole, che nel primo game ottiene subito una palla break annullata da Rafa con il servizio; per Djokovic c’è un secondo tentativo (errore di Djokovic con il dritto) ma il tentativo buono è il terzo. Non c’è mai partita nel primo parziale, che per la cronaca vedrà un secondo break nel settimo game sottolineato dal costante incitamento dei tifosi serbi, che superano in numero – e in euforia – i rivali spagnoli. Sembra la naturale prosecuzione della finale dell’Australian open 2019: Djokovic serve meglio, gioca (almeno) mezzo metro più avanti ed ha il controllo di ogni diagonale, uscendo in lungolinea con grande pulizia. Una statistica comparsa a metà set racconta bene cosa significa per Nadal affrontare Djokovic: lo spagnolo vanta una media del 72% di punti vinti con la prima, ma contro Djokovic il dato si abbassa al 57%.
A proposito di servizi, tre ace consecutivi nell’ultimo game mettono il punto esclamativo sul 6-2 in favore di Djokovic, che dà l’impressione di conoscere a memoria il copione che è chiamato a recitare. Normale, potrebbe pensare qualcuno, parliamo di un giocatore che ha vinto 16 Slam; sì, ma dall’altra parte c’è il numero uno del mondo che ne ha vinti 19.
Djokovic non ha intenzione di abbassare la pressione e nel secondo game tira un passante in contropiede che sfide un po’ tutte le leggi che regolano l’equilibrio dei corpi, ma chi fa il tifo per la partita può essere contento perché Nadal è molto più presente sul campo. Si incita, serve con più attenzione, cerca lo sguardo di Nole per intimorirlo. Non si tratta solo di suggestioni e infatti nel sesto game accade l’inaspettato: Djokovic si siede un po’ e finisce sotto 0-40, che significa tre palle break consecutive per lo spagnolo. Per annullare la prima serve un dritto lungolinea, per la seconda il menu propone rovescio incrociato vincente a seguito di scambio lunghissimo e per la terza un servizio esterno vincente. Nadal capisce che questo treno forse non passerà più e conquista altre due palle break, sulle quali è ancora il servizio di Djokovic a sbattere la porta in faccia al maiorchino. 3-3, il numero due del mondo ha superato il momento di difficoltà versando appena qualche goccia di sudore.
Seguono quattro game senza storia al servizio con i quali si giunge al 5-5. Prima del giusto epilogo al tie-break, però, tocca a Nadal respingere l’offensiva serba: una sequenza palla corta-controsmorzata-lob-veronica fallita consegna a Djokovic due palle break, che Rafa annulla con una splendida volée all’incrocio delle righe e con l’aiuto del servizio. Jeu decisif.
Nadal parte meglio, mette in campo tutto quello che ha e va persino in vantaggio di un mini-break. Non basta, non può bastare contro questo Djokovic su questa superficie. Il serbo ricuce lo strappo quasi senza fatica, con un passante baciato dal nastro, e poi conquista il vantaggio decisivo con un rovescio lungolineaTM che profuma di 2011, la stagione in cui Nole registrò questo colpo all’ufficio brevetti. Per la cronaca, l’ultimo punto del match è un dritto inside out fallito da Nadal. Lo spagnolo si fionda negli spogliatoi perché sa c’è ancora un doppio, e una coppa, da vincere. Lui però non sarà protagonista: in campo ci andranno Carreno Busta e Feliciano Lopez, che sfideranno Djokovic e Troicki. “Ho giocato molto negli ultimi giorni, i miei compagni hanno giocato bene ieri. Il mio livello di energia è più basso del solito, è una decisione del team“. Rafa spiega così la scelta che nei fatti lo proietta direttamente all’Australian Open, almeno per quanto attiene al tennis giocato. Con l’intermezzo dell’esibizione benefica del 15 gennaio.