Tira aria pesante, a Melbourne. Non solo quella che gli atleti sono costretti a respirare (a proposito, la pioggia che ha fermato i giochi sembra stia dando una mano a migliorare la situazione). Il day 2 delle qualificazioni ha regalato altri picchi di significativo nervosismo, questa volta non dipendenti – almeno non direttamente – dalla situazione climatica. Al termine del match tra Alessandro Giannessi e il sudcoreano Duckhee Lee (233 ATP), rimane agli atti il duro sfogo del tennista ligure per la gestione arbitrale. L’azzurro è uscito sconfitto al tie break del terzo set, dopo una partita lunga ed equilibrata nella quale i due giocatori hanno sofferto sul piano della respirazione, complice anche l’alta temperatura. Proprio nel tie break decisivo, giocato sulla distanza dei dieci punti, si è accesa però la miccia che ha fatto esplodere l’azzurro.
CRAMPI INCRIMINATI – Giannessi è avanti di due mini break: 4-0 e (relativo) controllo delle operazioni. E’ il momento in cui Lee (sordo dalla nascita, QUI la sua storia) inizia a toccarsi la gamba, chiedendo l’intervento del fisioterapista. Giannessi appare perplesso, ma attende i minuti necessari e, alla fine, si riprende a giocare. Il vantaggio si allarga fino al 6-1, ma poi l’inerzia improvvisamente cambia. Il sudcoreano, che sembra rinato, rimonta fino al 7-7 e va avanti per la prima volta con l’aiuto dell’Hawk-Eye, che gli dà ragione su una palla chiamata originariamente fuori. Giannessi qui lo applaude, con una platealità che può essere interpretata anche come un accenno di polemica. Il ventinovenne di La Spezia finisce, in sostanza, fuori partita. Sul 9-7 (doppio match point per Lee) si rivolge a qualcuno nel suo angolo (presente anche il coach Flavio Cipolla) e chiede di andare a informarsi su quale sia stato il trattamento per il suo avversario durante il MTO. “Se non ci vai tu dopo ci vado io“, è il labiale che si può cogliere dalla diretta tv. Per semplici crampi, ricordiamo, il regolamento non prevede l’intervento del fisioterapista. La sconfitta matura sul 10-7 e Giannessi esplode.
LO SFOGO – “Non è ammissibile, è una mancanza di rispetto incredibile, vado via senza prize money tutto l’anno, si lascia andare uscendo dal campo con l’allusione a una possibile reazione più pesante. “Non ditemi nulla perché vi mando tutti a quel paese – ha proseguito – ho perso uno Slam per questi qui“. Poi nel tunnel i toni si inaspriscono, come testimoniato dal collega Diego Barbiani presente sul posto. Giannessi parla così col proprio team, nel virgolettato riportato da OkTennis: “Sono dei pezzi di m***! Questo posto fa schifo! Sotto 0-4 hanno fermato il gioco per più di 5 minuti per crampi, erano crampi! E gli hanno dato un medical time out! (…) All’ATP sono dei figli di p****!” Lo voglio vedere, do il mio permesso! Tanto c’è Eurosport che può mostrare il video, così tutti possono vedere. Dopo 3 ore che sono lì… e il rispetto dov’è? Dov’è il rispetto dei giocatori? No no, no no… assurdo guarda, assurdo, non voglio dire altro”. Non c’è stata poi l’ordinaria conferenza stampa.
QUESTIONE REGOLAMENTARE – Quanto accaduto non ricade esclusivamente sotto la responsabilità del giudice di sedia. Da regolamento Slam, è il fisioterapista a dover valutare la reale portata del problema per il quale è stato richiesto il suo intervento. Il MTO non è da autorizzare quando si tratta di semplici crampi, questo è fuori di dubbio. Ma il dolore muscolare potrebbe invece essere trattato se inserito in una sintomatologia più ampia. Viene specificato come, nel caso i crampi derivino da un colpo di calore, possano essere curati. In alternativa, come accaduto più volte nel circuito, l’atleta colpito da crampi deve ritirarsi e la partita terminare con il successo dell’avversario. L’ultima parola spetta quindi al fisioterapista. Giannessi sulla concessione del MTO ha chiamato il supervisor, che però ha preso atto della decisione dell’arbitro. Magari il ritiro di Jakupovic di ieri, per i problemi respiratori, ha allargato le maglie insieme a tutte le polemiche che ne sono derivate. Ma Giannessi e il suo team sentono aria di beffa.