Dopo aver iniziato a far parlare di sé il grande pubblico nemmeno un anno fa con il trionfo al Challenger di Bergamo, si appresta ad affrontare la sua seconda apparizione nel tabellone principale di uno Slam nonché l’esordio assoluto in quel di Melbourne. Parliamo naturalmente di Jannik Sinner, l’ultima promessa azzurra a divenire già realtà con quell’attuale 79° posto del ranking, inimmaginabile (almeno) fino a metà della scorsa stagione ma che alcuni considerano già troppo stretto. Si spiega così la necessità sentita da coach Piatti di replicare a qualche critica levatasi dopo le due sconfitte incassate dal suo pupillo in altrettanti match di inizio di 2020, questa settimana a Auckland da un Benoit Paire in grande spolvero e prima ancora a Bendigo dalla speranza finlandese Emil Ruusuvuori, ventenne ormai prossimo all’ingresso in top 100 che, tuttavia, non sarà tra i 128 al via questo lunedì, inaspettatamente eliminato nel torneo di qualificazione.
Due sconfitte che spiegano l’autoironica risposta del diciottenne altoatesino, nel corso dell’intervista a Stefano Semeraro per il Secolo XIX, a proposito dell’obiettivo che si prefigge all’Australian Open: “Beh, vincere una partita quest’anno già sarebbe qualcosa” è la battuta spontanea a cui fa subito seguire una riflessione più attenta, pur senza caricarla di aspettative: “Scherzi a parte, vediamo come me la cavo al meglio dei cinque set, se riuscissi a fare due o tre match di fila. Mi sento pronto. O forse no…”.
CHIAMALI SPARRING PARTNER – Certo non possiamo essere noi a fornire certezze al riguardo ma, di sicuro, i nomi di coloro che in questi giorni si sono dati il cambio dall’altra parte della rete per allenarsi con il nostro testimoniano come il talento e i mezzi di Jannik siano già conosciuti (e riconosciuti) nel circuito: nientemeno che Roger Federer e Rafa Nadal, nell’attesa di una sessione domenicale con Novak Djokovic. Tanto da rendere quasi superfluo citarne un quarto, il numero 7 del mondo Sascha Zverev. Al riguardo, Sinner conferma che “è una fortuna giocare con loro perché imparo tante cose. Magari mi capitasse anche nel torneo”. Non ci si può che associare a questa speranza, anche perché significherebbe raggiungere almeno gli ottavi, turno di teorico incrocio con Federer.
PARACADUTE – Ogni cosa a suo tempo, però: prima di un’eventuale, interessantissima sfida al secondo turno con Denis Shapovalov, si comincia affrontando il qualificato australiano Max Purcell, 21 anni e numero 216 del mondo, contro il quale Jannik metterà in campo i progressi che stanno alla base della sua principale aspettativa per questa stagione, vale a dire “di migliorare sempre. Ho lavorato sul servizio, mi sono irrobustito, con il dritto ora riesco a fare più gioco, mentre prima manovravo soprattutto con il rovescio. Devo giocare almeno sessanta partite. E prepararmi ai giorni difficili, che verranno”. Una consapevolezza indispensabile e tutt’altro che scontata per chi ha sperimentato una rapidissima progressione nella passata stagione e ha scavato un solco di oltre 200 posizioni tra sé e il secondo coetaneo più forte, il taiwanese Chun-hsin Tseng, n. 304 ATP dalla data di nascita impegnativa (quell’8 agosto di Federer già rivendicato da Felix Auger-Aliassime). Non a caso, gli viene chiesto se è preoccupato dal fenomeno tipicamente nostrano per cui il passaggio da eroi a falliti è particolarmente rapido. “No, è normale per uno sportivo”, risponde Sinner. “Te ne devi fregare. Anche quando ti dicono che diventerai numero 1”.
NATURALE – Tra i genitori che sono rimasti nel loro ruolo (“ogni tanto mi arriva un messaggio di mio padre, ‘tutto bene?'”), due o tre amici con cui sta bene e può rientrare nei panni del ragazzo che ancora è (“a Natale siamo andati a sciare, ci siamo mangiati una pizza, abbiamo giocato alla playstation”), un coach con cui c’è grande intesa (“iniziamo a discutere su una cosa e poi scopriamo di pensarla allo stesso modo”), il compagno di doppio ideale (“Paolo Lorenzi, ci capiamo al volo e ci divertiamo un sacco”) e un “no comment” sull’eventuale presenza di una fidanzata, Jannik dimostra di trovarsi a suo agio nelle più disparate occasioni. Come nel programma di Fabio Fazio: “Macché imbarazzo” assicura a proposito dell’apparizione in prima serata, “è stato divertente. Fa più paura giocare sul centrale di uno Slam che parlare dieci minuti in TV”. Oppure nel video natalizio con Sharapova: “Maria fa tutto meglio: cantare, ballare, vestire” ammette con grande ammirazione, pur con un piccolo appunto, “a tennis almeno me la gioco”.
DAVIS MA NON SUBITO –Non convocato per le Finali alla Caja Mágica e non iscritto all’ATP Cup, ci si interroga su quando sarà il momento della sua prima con la maglia azzurra in vista del turno di qualificazione di Coppa Davis, con l’Italia che giocherà a Cagliari il 6 e il 7 marzo. “Non devo avere fretta di giocarla. Ho diciotto anni, c’è tempo. Poi, magari, se ci sarà un match importante…”. E pare che nessuno consideri tale l’impegno con la Corea del Sud. Per non parlare delle condizioni (temporali, ambientali, geografiche) che caratterizzano l’appuntamento. “Si gioca sulla terra la settimana prima del cemento di Indian Wells, fai un viaggio lungo e magari devi giocare subito su una superficie diversa. Sto ancora crescendo, devo stare attento”.
FUTURO, IPOTESI E UMILTÀ – Il 2020 è da più parti annunciato come l’anno in cui i giovani finalmente sorpasseranno i Big 3 – previsione non certo nuova. Il campione next gen in carica è possibilista, anche se, più che a un sorpasso dei primi, sembra alludere a una freccia a destra verso l’uscita dei secondi. “Può essere, anche i tre grandi prima o poi dovranno andarsene, no?”. Il suo favorito per la vittoria Slam tra coloro a cui è rimasta attaccata la targhetta ‘next gen’ è… “Medvedev. Tsitsipas ci può andare vicino. O magari Berrettini. I nomi sono tanti, il bello del tennis è che tutto o quasi può cambiare in qualsiasi momento”. Ancora chiamato a ipotesi futuribili, per le ATP Finals 2021, le prime che si disputeranno a Torino, Jannik ipotizza la presenza di “Berrettini, Medvedev, Tsitsipas, Thiem, Djokovic, De Minaur, Shapovalov e Nadal” tenendo sé stesso come riserva. Considerando che mancano ancora due stagioni piene, che un mese fa ha ricevuto il premio come giocatore più migliorato e che per John McEnroe è “un talento raro, dategli 2-3 anni e sarà nella top 10”, non sembra che la risposta si distacchi troppo dall’abituale umiltà. Ma è davvero così o fa solo finta? “Perché me la dovrei tirare?” ribatte con decisione. “Non ho ancora vinto niente, solo le Next Gen Finals. Sono uno normale”.