M. Fucsovics b. J. Sinner 6-4 6-4 6-3 (da Melbourne, il nostro inviato)
Durissima, oggi, giocare sui campi esterni dell’Australian Open. Sul numero 22, uno dei più esposti sul lato sud dell’impianto di Melbourne Park, il giovane azzurro Jannik Sinner e il roccioso, esperto ungherese Marton Fucsovics (quasi 28enne, 67 ATP, best ranking di 31), hanno avuto entrambi grandi difficoltà a gestire un vento tremendo. Non tanto per intensità, anche se si arrivava a velocità sui 60 kmh (ma sarò io, che vivo a Trieste e conosco la bora, che non mi impressiono granché), quanto per l’imprevedibilità e l’incostanza delle raffiche.
Nel primo set, ben descritto dalle brutte statistiche sia di Marton (10 vincenti e 20 errori) che di Jannik (4-15), è l’ungherese a staccarsi e a salire 3-1 con un break al terzo game. Sinner reagisce, e pareggia 3-3, ma poi cede subito la battuta una seconda volta, commettendo tre errori di dritto e alla fine affossando un passante di rovescio. Dal lato destro del campo rispetto all’arbitro l’impressione è che si faccia particolare fatica, almeno un paio di palla malamente chiuse sotto il nastro dall’azzurro ne sono un’indicazione. In 50 minuti Marton chiude il parziale 6-4, tecnicamente il match è ingiudicabile, si vedono alcuni buoni scambi in pressione, ma troppo spesso la vicenda viene risolta dai colpi d’aria.
Break e controbreak all’inizio del secondo set, con momenti di autentico “ciapanò” per tutti e due, poi Fucsovics e Sinner procedono appaiati fino al 3-3. Nel fatidico (per luogo comune non del tutto vero statisticamente, in effetti) settimo game, Yannik si incarta in un’orribile sequenza di doppio fallo, gratuito di dritto, di rovescio, e attacco poco sensato punito dal passante avversario, cedendo il servizio per la quarta volta. Anche dall’angolo italiano non arrivano grandi suggerimenti, c’è poco da fare, bisogna solo tenere la palla in campo e gestire le condizioni avverse. Onestamente, in questa fase i 10 anni di esperienza nel circuito in più di Marton si vedono tutti, è molto bravo l’ungherese a difendersi con intelligenza e attaccare nei momenti giusti senza però cercare le righe, siamo 5-3.
Dalla tribunetta laterale (con una tettoia che a momenti pare aver voglia di volare via) si capisce che i colpi di Sinner, più filanti e arrischiati, stanno soffrendo tanto, ci vuole precisione per impattare con pulizia come piace a Jannik. Arriva un’altra palla break per Fucsovics, che è anche un set point, ma per fortuna l’ungherese la fallisce. Il rovescio largo di Sinner porta un secondo set-point, Marton sbaglia a sua volta, e alla fine l’italiano accorcia sul 4-5. Con autorità, tenendo a zero e chiudendo con l’ace esterno, Fucsovics si prende il 6-4 e il vantaggio di 2 set a zero, meritato. Siamo a un’ora e 33 minuti di match.
“Lui ha giocato meglio di me, ha fatto le cose giuste, ha meritato di vincere. Non so cosa avrei potuto fare di più, magari spostarlo, cercare meglio il mio gioco, andare più a rete. Servizio e risposta son cose fondamentali che oggi lui ha fatto meglio di me”
Per dare un’idea del tipo di partita a cui sto assistendo, le statistiche ora registrano un pessimo score di 18 vincenti e 31 errori di Marton, e un tremendo 8-29 di Jannik, male male insomma. Purtroppo (dal punto di vista “nostro”), va semplicemente accettato che adesso come adesso un tipo come Fucsovics è più forte ed esperto di Sinner, e sinceramente ci sta. Esattamente il concetto che ama esprimere Riccardo Piatti, il percorso di crescita passa anche e soprattutto attraverso momentacci come questo.
“La cosa buona è che ho sbagliato in lunghezza, ci provavo, ma non sentivo i colpi oggi. Devo imparare queste cose, magari variare e sporcare di più la palla. Ho sempre preso i break dalla stessa parte, controvento, devo capire come gestire quella situazione, ho anche messo due rovesci in rete male”
Non è ancora finita, però, il pubblico italiano ci crede incitando Jannik, e l’azzurro li ripaga brekkando Marton al secondo game del terzo set (palla letteralmente tolta dalla racchetta dell’ungherese da un refolo inaspettato), e salendo 2-0. Bravo Sinner ad annullare a rete una palla dell’immediato contro-break, ma il rovescio continua a scappargli (19 gratuiti solo con quel fondamentale finora), ne arriva una seconda, e qui Jannik si riscatta mettendolo all’incrocio. Che rischi, però. Altri due erroracci costano una terza opportunità di controbreak, e qui il rovescio in rete di Sinner decreta la fine del game e della sua racchetta, spaccata per comprensibile frustrazione. 2-1, e poco dopo 2-2, giustamente Fucsovics non vuole allungare la contesa, ed è molto bravo ad approfittare con mestiere delle incertezze avversarie (in questo momento siamo a 40 errori dell’italiano, in neanche 2 set e mezzo). Il game sul 3-3 è di nuovo fatale a Sinner, che si fa rimontare da 40-0 e perde la battuta: siamo ai titoli di coda, poco dopo, avanti 5-3, Marton approfitta dello scoramento dell’azzurro, lo brekka ancora, e chiude in 2 ore e 16 minuti.
“Non stiamo qui a parlare del vento, lui ha fatto meglio di me. Devo imparare a battere questi giocatori, quelli solidi, i 40, 50, 60 del mondo, pian piano. Poi se perdi contro un top-20 ci sta, la cosa importante adesso per me è iniziare a battere quelli subito davanti a me, ma ci vuole tempo per arrivarci”
Il tabellino finale delle statistiche recita Sinner 16 vincenti, 47 errori (22-35 Fucsovic), 7 break a 3 per l’ungherese, poco altro da aggiungere insomma. Andrea Volpini, il “vice” di Piatti che segue sempre Jannik, cerca giustamente di vedere i lati positivi: “Condizioni dure. Il filo della partita nonostante tutto era molto sottile, avrebbe potuto girare, in fin dei conti l’ha brekkato in tutti i set, ma certo da qui a ribaltarla e vincerla ce ne passa, vento o non vento“. Non sono mai stato meno contento di un pronostico azzeccato (avevo dato Fucsovics nettamente favorito durante la diretta Facebook di Ubitennis di ieri), ma come detto, un percorso di crescita verso l’eccellenza del tennis deve passare anche attraverso queste sconfitte. I giocatori solidi come Fucsovics sono un banco di prova che va affrontato, subìto, e prima o poi superato, giusto così.