[2] N. Djokovic b. [32] M. Raonic 6-4 6-3 7-6(1)
Nessuna sorpresa in quella che era stata lucidamente introdotta come la sfida tra il miglior servitore e il miglior ribattitore del torneo. La corsa australiana – comunque da applausi – di Milos Raonic è stata frenata dalla versione robotica di Novak Djokovic, che nel 2020 non ha ancora mostrato punti deboli. Solo vittorie dalla ATP Cup a questo Australian Open, nel quale ha perso un solo (innocuo) set all’esordio contro Struff. Dopo esserci spellati le mani per il romanzesco successo di Federer, va onestamente sottolineato come in semifinale sarà complicato per lo svizzero – se ancora in versione vulnerabile – tenere il passo di tanta costanza e solidità.
PRIMO BREAK – Il sogno di Milos si è sgonfiato subito, in un primo set combattutissimo (quasi un’ora di gioco) ma che ha stabilito già le distanze. Se Raonic non aveva mai perso il servizio nel torneo, ciò è accaduto nel game del decisivo 6-4. C’è un dato che consente una lettura ancor più profonda: se il canadese aveva concesso appena sette palle break nelle quattro partite precedenti (tre a Garin, quattro a Cilic), solo nel primo parziale ne ha dovute fronteggiare nove. Più che per la sua inefficacia, per le straordinarie capacità difensive del numero due del mondo (che ha tentennato solo sotto 30-40 sul 3-3, rimediando però subito). Raonic ha provato a sparare seconde di servizio come se fossero prime e a cercare costantemente le linee, ma nemmeno lo sforzo estremo gli ha dato conforto.
PROBLEMI DI VISTA – È girato ancor prima il secondo set, in cui Raonic – semifinalista da queste parti nel 2016 – ha vanificato i cinque ace con quattro doppi falli. Poi ha perso contatto nel quarto game (1-3) dopo tre palle break, senza più riuscire ad avvicinarsi. Pur senza sfondare (un solo ace), Djokovic ha capitalizzato in questo parziale un ricco 79% di punti sulle prime. La partita si è messa a questo punto in discesa per Nole, nonostante un terzo set più complicato del previsto. In cui si è lottato spalla a spalla, anche per merito del canadese che non si è fatto accompagnare docilmente all’uscita del match. Sul 4-4, l’esigenza per Djokovic di cambiare una lente a contatto ha innervosito l’avversario, non al punto però da farlo distrarre. L’incidente di percorso comunque ha avuto un valore. Nel momento in cui, per la prima volta, la partita sembrava trasmettere un senso di equilibrio, il campione di Belgrado ha iniziato a toccarsi di continuo l’occhio destro con un certo disagio.
VERSO LA CINQUANTESIMA – L’undicesimo game, sul 5-5, si è rivelato un labirinto in cui il possente servizio del canadese ha faticosamente scavato la via d’uscita annullando quattro palle break. Il tie-break risolutivo Nole l’ha approcciato con la sicurezza di chi, dall’ATP Cup in poi, ne ha vinti cinque su cinque. Dall’altra parte della rete, il numero 35 del mondo è andato scaricandosi nella continua ricerca di uno slice incapace di far male. Lettura tattica rivedibile. Partita in archivio, senza però cancellare i segnali di luce offerti da un giocatore ritrovato.
Il decimo successo in altrettanti incroci con Raonic regala così a Djokovic (e a noi) la semifinale contro Federer, quarta tra i due nella storia dell’Australian Open. Nel testa a testa il serbo comanda 26 a 23 ma Federer ha vinto nell’ultimo incrocio, alle Finals di Londra. Sarà la prima volta in cui i due fuoriclasse si ritroveranno di fronte in uno Slam dall’epica finale di Wimbledon dello scorso luglio. Sulla distanza dei cinque set, dal 2012 in poi, l’ha spuntata sempre Djokovic. Un dato può restituire la difficoltà dell’impresa a cui è chiamato Federer: Djokovic – che giocherà la 37° semifinale Slam in carriera – non ha mai perso in questo torneo quando ha raggiunto la semifinale. Ha giocato sette semifinali e altrettante finali, vincendo tutti e 14 gli incontri.
A fine partita, prima di congedarsi, a Nole è scappata una lacrima quando John McEnroe, nell’intervista sul campo, gli ha chiesto un ricordo di Kobe Bryant: “Ho avuto la fortuna di costruire rapporto personale con lui negli ultimi dieci anni. quando ho avuto bisogno di un consiglio o di un aiuto lui c’era. Mi si è spezzato il cuore“.