da Melbourne, il direttore
Sette vite Roger e sette bellezze Roger. C’è mancato un nulla perché Roger Federer schizzasse fuori dal torneo che invece lo vede in semifinale per la quindicesima volta su 20 partecipazioni. Non aveva mai perso un quarto di finale in 14 anni e non lo ha perso neppure questa volta con Tennys Sandgren, il giustiziere di Fabio Fognini in ottavi e di Matteo Berrettini al secondo turno.
Ma dire che ci è andato vicino è dire poco. “È stato un miracolo, sono stato molto molto fortunato” ha ammesso lui stesso dopo aver vinto il match n.102 a Melbourne. Eh sì perché Roger ha dovuto annullare qualcosa come sette match point, 3 sul 5-4 e poi altri 4 nel tie-break del quarto set all’americano del Tennessee che, per buona sorte di Roger, ha commesso 5 errori gratuiti su 7 match point, uno solo dei quali giocato con il servizio a disposizione.
Negli Slam più recenti c’è Kyrgios che annullò 9 match point a Richard Gasquet al secondo turno di Wimbledon 2014. Magari qualche lettore ricorderà, e cortesemente ci segnalerà, qualche altro “scialacquatore” di match point così come qualche altro coraggioso “eroe” capaci di annullarne altrettanti e magari di più. Non era uno Slam, quindi non è la stessa cosa, ma a Roma nel 1976 Adriano Panatta ne annullò ben 11 all’australiano Kim Warwick, e 10 di quelli – lì sta il maggior exploit – furono annullati sul servizio di Warwick che a mia memoria faceva quasi sempre serve&volley e Panatta fece miracoli con la risposta che non era davvero il suo colpo migliore.
Non è mai facile chiudere un match quando il tuo avversario è infortunato, o almeno lo era in questo caso a giudicare da come Roger serviva e si muoveva (male) quando doveva correre da sinistra verso destra per colpire di dritto nel secondo, terzo e parte del quarto set. Per Sandgren, che nonostante i 28 anni grande esperienza di Slam ancora non ce l’ha, è stato davvero difficile raccapezzarsi. Vinto il secondo set 6-2 e poi avanti 3-0 e 4-1 nel terzo, non solo lui ma tutti si aspettavano che da un momento all’altro perfino il Roger Federer che si fa un vanto di non essersi mai ritirato (ben diversamente dagli altri Fab Four, i ritiri di Rafa, Nole, Andy sono stati plurimi) prendesse l’amara decisione di rinunciare ad ogni speranza, raccattasse borsa e racchette per uscire a testa bassa dalla Rod Laver Arena.
Sandgren era comprensibilmente molto combattuto. Doveva infatti decidere se insistere a tirar forte e prendere rischi come aveva fatto per tutto questo torneo, spingendo sempre come un forsennato con i suoi due buoni fondamentali a seguito dell’ottimo servizio, oppure giocare in maniera un tantino più conservativa aspettando l’errore di un Roger semovente e apparentemente anche frastornato da una condizione scomoda, fisicamente e psicologicamente. Vinto anche il terzo set, Sandgren ha optato per la seconda soluzione, ha rallentato cioè un po’ l’intensità dei suoi colpi per correre meno rischi, valutando che la situazione fisica di Roger sarebbe peggiorata.
Lo stesso Roger pensava che sarebbe potuto accadere e per questo il suo atteggiamento era quello di chi offre una resistenza non troppo convinta, più passiva che altro. Dicendosi tuttavia: “Resta in campo, vediamo come va, magari tutto passa”.È un po’ quel che è successo. Piano piano Roger, dapprima assai nervoso a causa di quel fastidio muscolare agli adduttori che gli pareva in grado di compromettere il suo torneo e certo anche peggiore di quel che invece si sarebbe rivelato nel corso del match – è raro vedere Roger che rimedia un warning per una parolaccia – si rendeva conto che poteva provare a lottare. E, sia pur senza strafare, ma giocando con una buona dose di pazienza, si è messo a palleggiare sui ritmi più bassi che – ingenuamente – Sandgren aveva deciso di adottare.
Così Roger ha potuto annullare i sette match point, pur senza servire la prima palla in quattro di sei occasioni, con il pubblico sempre più eccitato, sempre più dalla sua parte. Perché nemmeno gli spettatori credevano che avrebbero assistito alla miracolosa resurrezione. La seconda a distanza di un paio di giorni, perché già con Millman, recuperando da 4-8 a 10- 8 Federer aveva dimostrato per l’ennesima volta di essere un campione infinito, che non si arrende mai, che tira fuori il meglio di se stesso nelle situazioni più difficili.
Lo ha fatto, con grande umiltà, centellinando gli sforzi e gli scatti per non peggiorare la situazione che ancora adesso è tutt’altro che risolta quando è alle viste il match più difficile fra tutti, il 50° duello contro quel Djokovic che ha preso il vizio di batterlo negli Slam dal 2012 in poi (Roger vinse Wimbledon quell’anno). E di batterlo, due volte all’US Open e l’ultima a Wimbledon, annullandogli due match point in ciascuno dei tre match. Ferite ancora aperte, lancinanti. Non compensate dall’ultimo duello vinto da Roger, ma sulla distanza corta dei due set su tre – è un altro sport! – nel Round Robin delle ultime finali ATP a Londra.
È stato bravo, bravissimo Roger, è stato un vero pollo Sandgren, perché 5 match point li ha perduti a conclusione di palleggi nei quali avrebbe potuto prendere almeno qualche volta l’iniziativa e comunque non avrebbe dovuto sbagliare l’ultimo tocco. Io credo che per diverso tempo Sandgren dovrà prendere dei sonniferi per addormentarsi, perché battere Federer in uno Slam e soprattutto centrare una semifinale non è una cosa che ti accade tutti i giorni se non sei un campione. E Sandgren è un bravo tennista, ma non è un campione. Lo dice la sua carriera, lo dice la partita incredibile che ha perso oggi. Per come l’ha persa e per averla persa contro un giocatore che non era davvero il miglior Federer.
L’aria che aveva Roger quando ha vinto il match, quasi senza esultare, e quella che aveva in sala stampa, mi fanno credere che al di là delle sue dichiarazioni ufficiali – ”Voglio mantenere un atteggiamento positivo” – lui dubiti fortemente di poter scendere in campo ad armi pari contro Djokovic giovedì.Poi, per carità, spero proprio di sbagliarmi. Roger non è uno che si ritira sul campo – come sono certo avrebbero pensato di fare molti al suo posto oggi – ma se non si sente al 100 per 100 competitivo, soprattutto contro uno come Djokovic che è difficilissimo da battere anche quando si è in forma, e soprattutto qui in Australia dove Nole ha trionfato 7 volte, potrebbe anche decidere di non scendere in campo. Farà esami, si metterà nelle mani del suo fisio, ma anche se è vero che nel finale del match sembrava muoversi abbastanza bene, a me è parso che non avesse completamente recuperato. Perfino nel cambiare campo pareva camminasse sulle uova.
Mentre Djokovic, pur afflitto oltremodo per la scomparsa di Kobe Bryant e di sua figlia – Novak ha indossato sulla sua maglietta il numero di Kobe, entrando in campo – contro Milos Raonic che in tutto il torneo non aveva perso mai il servizio, ha rischiato qualcosina nel primo set, ma poi per la decima volta su dieci ha rimandato un Raonic comunque ben recuperato a casa. Speriamo di poter assistere all’ennesimo bel duello fra Nole e Roger: “Io so che quando abbiamo la possibilità di giocare uno contro l’altro – ha detto Nole rispondendo a una domanda di Chris Clarey del New York Times che gli aveva chiesto di spiegargli come lui di solito battesse Roger – diamo per scontato che soltanto giocando al meglio uno potrà battere l’altro. A Wimbledon lui ha avuto due match point e gli è mancato un colpo per vincerlo. Non è che io abbia dominato. Vero che è ho avuto successo contro di lui, in particolare negli Slam. Ma Roger è Roger. Su qualunque superficie può giocare su livelli altissimi. E gli piace giocare questo tipo di match, grandi rivalità, semifinali, finali di Slam. Io credo che lui vi confermerà che questa è probabilmente la ragione principale per la quale continua a giocare contro i migliori giocatori del mondo. Che cosa ha fatto oggi è davvero stupefacente. Rimontare, annullare sette match point alla sua età, sta giocando ancora un grande tennis provando che merita di essere dov’è. È un gran fighter, ho grande rispetto per lui. Al tempo stesso io mi sento bene, se gioco come ho giocato qui e nell’ATP Cup…ho sempre maggiore fiducia in me stesso. Questo è il campo prediletto, qui ho vinto più che in qualsiasi altra parte del mondo”.
Si tratterà di vedere qual è l’entità dell’infortunio, ma è difficile pensare che Djokovic non sia comunque favorito. Sulla distanza dei tre su cinque pesa una diversa condizione atletica e pesano anche i sei anni che separano i due sul certificato anagrafico.
Mi chiedo poi se i 7 match point salvati da Federer con Sandgren –che fanno seguito alla miracolosa rimonta di Roger con Millman – incidano positivamente sulla fiducia di Roger più di quanto possano incidere su quella di Novak – avanti 26 a 23 nei confronti diretti – i tre incontri da lui vinti sul campione svizzero annullando complessivamente sei match point a Roger in due match all’US open e quello del luglio scorso a Wimbledon. Più complicato annullare 7 match point a Sandgren, il cui braccione ipermuscolato trema e si trasforma in braccino, oppure 6 in tre diversi Slam a Federer che magari non sarà stato coraggiosissimo, o tatticamente ineccepibile a Wimbledon, però è sempre il signor Roger Federer, uno dei più grandi campioni di tutti i tempi?
Con questo interrogativo io vi lascio e vado a dormire, dopo una giornata iniziata prestissimo negli studi di Channel 9, la tv australiana che ha i diritti dell’Australian Open, dove mi sono seduto sulla seggiolina che era stata fin lì occupata da Lleyton Hewitt che ho piacevolmente scoperto bravo analista e anche un po’…attore. Lì mi è stato detto che il canale ha registrato l’altra sera oltre due milioni di spettatori per il match Nadal-Kyrgios. Tanta roba per un Paese, l’Australia, che conta soltanto 25 milioni di abitanti. Numeri che dimostrano l’importanza di questo Slam qua e l’eredità di passione e entusiasmo che hanno lasciato ai giovani i grandi Aussies del passato, Rosewall, Hoad, Laver, Newcombe, Roche, Emerson, prima dei Cash, Rafter, Hewitt più recenti.
P.S. Mi auguro che tutti coloro che nelle più svariate situazioni, sportive e perfino politiche, abusano dei termini quali “rosicare”, “gufare”, vengano confinati, insieme alle loro sciocche superstizioni, in recinti sempre più piccoli. Oggi, quando Roger stava perdendo e soffrendo – ma per il suo guaio fisico – mi arrivano messaggi a iosa di gente che, non sapendo cosa dire e fare, scriveva che avevo “gufato” Federer perché avevo pronosticato un suo comodo successo. Che tristezza, dai.