[4] S. Halep b. [28] A. Kontaveit 6-1 6-1
Povera Anett Kontaveit, è il primo pensiero. Non è mai bello vedere una giocatrice del tutto incapace di giocarsi le sue possibilità alla prima presenza in un quarto di finale Slam. Il secondo, è che si ricordano pochi massacri di questo genere senza Serena Williams in campo, la Serena ancora capace di rimanere con una certa frequenza sotto l’ora di gioco. Per forza di cose il merito deve andare a Simona Halep: la tennista rumena raggiunge la sua seconda semifinale all’Australian Open fermando il cronometro dopo appena 54 minuti di gioco, quelli necessari a travolgere Kontaveit con un doppio 6-1. Nei due precedenti (Roma e Miami 2017) la giocatrice estone aveva raccolto in totale nove game: era difficile immaginare che per lei sarebbe andata ancora peggio.
Il primo game è una dimostrazione di forza di Kontaveit con il servizio, ma purtroppo per lei rimarrà anche l’unica. Si fa largo sin da subito la sensazione che il mix tra condizioni di gioco piuttosto lente e colpi puliti di Kontaveit produca un fisiologico svantaggio per la tennista estone, che dal terzo game comincia ad andare regolarmente in affanno nello scambio. La palla di Kontaveit penetra poco, o quantomeno non abbastanza da scalfire le resistenze di Halep che trasforma ogni difesa in offesa. Con un dritto si procura la prima palla break e la trasforma immediatamente costringendo l’avversaria a un errore di rovescio. Il secondo break ottenuto da Halep è l’emblema della situazione in campo: Kontaveit tira un drittone che potrebbe sembrare definitivo, il campo ne mangia l’inerzia e il resto lo fanno le gambe incredibili della rumena che rimette lo scambio in equilibrio e poi lo vince. Sul 4-1 Halep si concede l’unico momento di distrazione dell’incontro e offre una palla break, ma si tratta davvero di un istante perché un gran dritto lungolinea cancella ogni possibilità di reazione. Il terzo – impietoso – break è suggellato da un dritto inside in che sintetizza tutte le qualità atletiche e balistiche di Simona. 6-1, non c’è partita.
Non c’è né ci sarà mai, con Halep quasi crudele – sportivamente parlando, s’intende – in alcune manifestazioni di giubilo di fronte a un’avversaria francamente inerme. Il problema di Kontaveit, pur giocatrice votata all’offensività, è che il suo punch non è lo stesso di giocatrici come Pavlyuchenkova o Muguruza, che letteralmente possono spaccare la pallina. La sua è un’aggressività ‘di traiettoria’, volta a guadagnare un vantaggio progressivo per quanto riguarda tempi e spazi, ma Halep non le consente niente di tutto questo. Inoltre la seconda di servizio è un facile territorio di conquista per Simona che nel secondo set vince addirittura quattro punti su cinque.
Piuttosto che descrivere il secondo parziale, riassumibile in nell’impietoso confronto dei punti vinti (24-13), val la pena raccontare come Kontaveit perde il miglior punto dell’incontro: mette all’angolo Halep una, due, tre volte, a quel punto un dritto uncinato a stento da Halep si arrampica sul nastro e diventa un vincente beffardo. Halep, qui effettivamente un po’ eccessiva, si concede addirittura il pugnetto. Una partita mai cominciata si conclude ufficialmente pochi istanti dopo, Kontaveit ben intenzionata a sparire il prima possibile dalla scena pubblica per la comprensibile delusione. Nonostante sia il miglior Slam disputato sinora dalla ventottesima testa di serie, certamente avrebbe preferito concluderlo in modo più edificante.
Halep invece fa otto con le semifinali Slam. Sinora ne ha perse soltanto due (l’ultima a batterla è stata Pennetta allo US Open 2015) e proverà a migliorare ulteriormente il suo bilancio contro la vincitrice della sfida tra Pavlyuchenkova e Muguruza. “Mi sento forte col mio gioco e con le mie gambe, adoro giocare qui a Melbourne” dice nell’intervista post-partita. “Ho lavorato tanto in off-season, per la prima volta lontana da casa, non mi sono concessa nemmeno un giorno libero, volevo raggiungere il massimo. Darren cahill (il suo coach australiano, ndr) è stato importantissimo fin da quando l’ho conosciuto cinque anni fa, mi ha fatto diventare migliore come tennista e come persona. Questo mi fa anche sentire un po’ australiana. Voglio dare tutto, qui ho giocato la finale nel 2018, vorrei riprovarci. Con Caroline la sconfitta non è stata negativa, mi ha aiutato a vincere i miei due Slam. Oggi mi rilasserò, farò shopping, poi domani penserò al match. Non so cosa acquisterò, mi farò ispirare dal momento!”.
Francamente, se Halep è questa, inserendo la lentezza della superficie nell’equazione, per batterla serve una giocatrice in grado di sommergerla di vincenti. Per il momento, non sembra eresia considerarla la favorita per la vittoria del torneo.