[14] S. Kenin b. G. Muguruza 4-6 6-2 6-2 (da Melbourne, il nostro inviato)
Alla fine di un pomeriggio fresco e piovoso, almeno 20 gradi in meno di ieri, sotto il tetto chiuso della Rod Laver Arena entrano in campo Garbine Muguruza e Sofia Kenin per giocarsi il titolo degli Australian Open 2020. I precedenti sono 1-0 per Kenin, il primo turno di Pechino l’anno scorso, in tre set. Entrambe hanno vinto contro pronostico (bizzarramente, con lo stesso identico punteggio, 7-6 7-5) le rispettive semifinali, su Halep e Barty. In particolare, la vittoria di Sofia su Asleigh ha procurato una delusione globale, a livello mediatico, dura da digerire per gli appassionati australiani.
Il confronto tecnico vede di fronte due giocatrici sotto certi versi simili, se parliamo della propensione alla spinta costante in palleggio, con Garbine più potente, Sofia più manovriera e incline all’utilizzo della palla corta per destabilizzare l’avversaria in verticale. Sull’1-1, un paio di grandi accelerazioni di Muguruza (bellissimo un rovescio anticipato in risposta) portano al primo break, 2-1 per la spagnola. Garbine e Sofia lottano senza risparmiarsi, il ritmo è notevole, l’impressione è che la partita la stia facendo Muguruza, in tanti scambi Kenin viene cacciata fuori dal campo. Notevole l’intelligenza tattica di Sofia, che sotto nel punteggio alza il livello di rischio e spinge a tutta anche palle che di solito non colpirebbe in accelerazione, ma la cosa non impedisce alla spagnola di salire 4-2. Stringe i denti la statunitense, salva il game successivo annullando quattro palle del secondo break (tre consecutive), poi due doppi falli consecutivi di Garbine le consegnano il 4-4.
Un passaggio a vuoto evidentissimo di Muguruza, che pareva avere il set in mano, la solita bravura di Kenin dal punto di vista agonistico, lei non molla mai, va anche sotto, ma se le concedi un mignolo si mangia il braccio fino alla spalla e ritorna in gioco. Sono qualità straordinarie e non allenabili più di tanto, o ce l’hai o non ce l’hai. Tocca quindi a Muguruza alzare ulteriormente il ritmo, sappiamo tutti che il livello da fuoriclasse lo ha eccome, e lo dimostra pressando in modo incisivo e brekkando ancora per salire 5-4. Alla battuta per chiudere il parziale, la spagnola non trema, spinga subito dopo il servizio, e tiene a 30, 6-4 e un set a zero per lei.
15 vincenti, 17 errori Garbine, 9/15 Sofia, in generale quella che ha voluto e potuto rischiare di più si trova in vantaggio, giusto così. Alla fine di una godibile “It’s raining men” sparata a mille dal dj, nella versione originale delle Weather’s Girls invece che quella più pop ma apocrifa di Geri Halliwell (personalmente approvo), si ricomincia. Il pubblico intorno a me è positivo senza essere entusiasta, certo i biglietti da centinaia di dollari per stasera erano venduti da tempo, ovviamente le persone sono venute (stadio pieno), ma non avere in campo Barty per una festa “aussie” annunciata ha il suo peso e si percepisce.
Avvio di secondo set autoritario per chi va alla battuta, poi nel quarto game Kenin dà tutto e ottiene un 30-40 a furia di “c’mon” urlati a ogni punto: palla break convertita e 3-1 per lei, con allungo sul 4-1, non molla la giovane moscovita trapiantata (da piccola) e creata come tennista in Florida, ammirevole. La sensazione è che non tutti la amino, alcuni atteggiamenti sono in effetti al limite tra il sacrosanto agonismo e l’arroganza (le urla anche se c’è un errore dell’avversaria), ma avrà tempo per limare anche questi dettagli, nel frattempo si sta giocando partite storiche, brava lei e basta.
Tecnicamente, Sofia si fa preferire dal lato del rovescio, ma di un nulla, pure a destra mena che è un piacere. Dall’altra parte, Muguruza la conosciamo, ed è un piacere rivederla ai livelli che le competono, bombe con tutti i fondamentali, non si ottengono i suoi risultati e la sua (passata) classifica per caso. Si arriva al 5-2 per la statunitense, un paio di rispostone di Kenin mettono a rischio il turno di battuta di Garbine. Siamo 30-40 e set-point, convertito subito grazie all’errore della spagnola: 6-2 e un set pari, ma la cosiddetta “inerzia del match” ora è dalla parte di Sofia. Fisio in campo per Muguruza, le dà un’occhiata alla schiena, speriamo tutto a posto. Dal momento del break del 3-1, abbiamo 13 gratuiti di Garbine, sono tanti in 5 game.
I primi punti del terzo set preoccupano, con alcune pallate della spagnola che volano lunghe di metri, osservandola con attenzione mi sembra un po’ rigida in effetti. Kenin tiene il servizio in scioltezza, Muguruza pareggia, Sofia va 2-1, negli ultimi sei turni di battuta la statunitense ha perso solo sei punti. Non si capisce bene, dalla tribuna, quale sia (se c’è) il problema fisico di Garbine, sta di fatto che quando non serve lei, e in generale quando si giocano gli scambi, ha perso tanta efficacia e incisività. Con coraggio e bravura, spingendo tutto, Muguruza pareggia 2-2, siamo a un’ora e 40 minuti di partita. Un erroraccio in rete di Kenin procura tre palle break alla spagnola, l’urlo della Rod Laver Arena fa ben capire le simpatie dei tifosi australiani. Due rovesci lungolinea vincenti di Sofia cancellano le prime due, un dritto lungolinea da urlo salva la terza, un ace la manda a vantaggio interno. Quattro winner di fila, mamma mia che qualità e che classe nel momento fondamentale. Il passante di dritto (quinto vincente consecutivo) che la porta avanti 3-2 vede la standing ovation dello stadio, strepitosa Kenin, si è letteralmente conquistata il rispetto e il sostegno del pubblico a forza di prodezze nel giro di un minuto, roba che non si vede tanto spesso.
Muguruza accusa il colpo, con alcuni errori evitabili si fa riprendere da 40-15, e con un doppio fallo regala il break a Sofia, 4-2. La statunitense è lanciatissima adesso, come detto buona parte dei tifosi presenti è con lei. Il servizio vincente che consegna a Kenin il 5-2 viene salutato da un’ovazione, fa davvero effetto dal vivo percepire come Sofia sia stata capace di diventare, in mezz’ora di gran tennis e cuore messo in campo, se non una favorita dello stadio, quantomeno non la “cattiva” della favola di stanotte. Personalmente, mi ricorda quello di cui era stato capace Daniil Medvedev col difficilissimo pubblico dell’Arthur Ashe di New York, che era passato dall’odiarlo cordialmente al sostenerlo almeno al 50% contro un idolo come Nadal.
Il primo match point per lei viene salutato da un applauso assordante, il doppio fallo (tre in tutto nel game, momentaccio) di Garbine che le regala il primo Slam della carriera fa alzare in piedi tutti, per applaudirle alla fine entrambe. Bravissima, bravissime. Serena e Venus Williams sono in dirittura d’arrivo (Kenin da lunedì sarà la nuova numero uno USA, superando proprio Serena), Stephens e Keys non sono abbastanza continue, Gauff è ancora una bambina: ma il tennis femminile USA con Sofia può stare abbondantemente tranquillo. E rivedere una campionessa come Muguruza in fondo ai tornei che contano è un piacere, alla fine bella serata sotto tutti gli aspetti.
MUGURUZA – “Sarò breve, sono emozionata (voce rotta). Congratulazioni Sofia, incredibile, non sarà la prima vittoria per te. Ringrazio il mio team, che ha sofferto qui con me, Conchita, tutti. Voi tutti siete quello che rende speciale un momento come questo, grazie di essere venuti qui. Due settimane indimenticabili, ci siamo sentite tutte a casa”.
KENIN – “È il mio primo discorso, ce la metterò tutta! Congratulazioni Garbine, a te e al tuo team. Il mio sogno è diventato ufficialmente reale, quindi tutti, se avete un sogno, credeteci, diventerà vero! Grazie a tutti, agli sponsor e all’organizzazione, non vedo l’ora di essere di nuovo qui. Le due settimane migliori della mia vita, dal profondo del cuore! E alla fine, grazie a mio padre, mia madre, il team, chiunque mi stia guardando, grazie di cuore”.