1- il tennista under 25 (Alexander Zverev) ad aver conquistato almeno i quarti del singolare maschile agli Australian Open, che tra i last 8 annoverava altri tre giocatori (Thiem, Sandgren e Raonic) quantomeno non trentenni. La bocciatura rifilata dal primo Slam dell’anno alla Next Gen- che pure negli ultimi mesi ha visto migliorare i risultati dei suoi “rappresentanti”, come testimoniato dall’ultima classifica contenente nella top 20 ben otto tennisti non ancora venticiquenni- emerge ancora più netta se si considerano gli ottavi di finale degli Australian Open. Tra gli ultimi sedici del singolare maschile, a Zverev vanno aggiunti come under 25 i soli Kyrgios, Medvedev, Khachanov e Rublev (con quest’ultimo, assieme a Sasha, unico a non aver ancora compiuto 23 anni). Del resto, il tennista attualmente più giovane ad avere vinto uno Slam resta ancora Marin Cilic, classe 1988, ed è da maggio 2017 che il numero 1 della classifica è perennemente di proprietà di tennisti ultratrentenni (i Fab Four, che tra l’altro detengono a turno questa posizione ormai dal febbraio 2004). Responsi diametralmente opposti ha invece offerto il main draw del singolare delle donne, nel quale la più anziana tennista giunta ai quarti è stata Petra Kvitova, che entrerà negli “enta” solo il prossimo 8 marzo. Quelli di Melbourne sono risultati in linea con la classifica femminile che vede come tenniste mature tra le prime venti solo Serena e Kerber e più in generale con la tendenza degli ultimi anni del circuito femminile. Infatti, da quando la Williams jr ha vinto nel gennaio di tre anni fa il suo 23° e ultimo Slam i Major- ad eccezione del Wimbledon vinto dalla mancina tedesca nel 2018- sono stati sempre vinti da tenniste under 30 (Halep, Muguruza, Stephens e Wozniacki) se non addirittura teen-ager (Ostapenko, Osaka e Andreescu) al momento della conquista del torneo.
7- le volte nelle quali Fabio Fognini ha raggiunto gli ottavi di finale in un Major. L’ultima si è verificata le scorse settimane a Melbourne (per la terza volta in Australia, dopo quelle risalenti a 2014 e 2018) quando, dopo aver eliminato Opelka (rimontando per l’ottava volta in carriera due set di svantaggio), Thompson e Pella è stato fermato in una partita persa non senza rimpianti da Sandgren. Il non brillante rendimento negli Slam del tennista italiano che negli ultimi quaranta anni ha complessivamente ottenuto i migliori risultati nel circuito maschile è forse l’unico neo di un’ottima carriera. Il 33enne ligure, capace di ragguardevoli risultati come la vittoria di nove tornei (tra cui un Masters 1000 e un ATP 500), di salire al 9 ATP, di conquistare uno Slam di doppio, avere un buonissimo rendimento in Coppa Davis (22 w- 9l in singolare, 30- 15 complessive), sconfiggere quattordici volte un tennista nella top ten (di cui sette un top 5) e terminare quattro stagioni tra i primi venti (e altre cinque nella top 50) ha invece sempre piuttosto deluso negli Slam, dove in una sola occasione ha raggiunto i quarti di finale, al Roland Garros del 2011. Per capire meglio il magro bilancio del ligure nei grandi tornei, è sufficiente contare i suoi accessi al terzo turno nei Major, al momento fermi a 19. Cercando un confronto in tal senso nella attuale top 40 -dopo aver escluso dal paragone per varie ragioni i primi otto, chi ha raggiunto almeno una finale o li ha vinti (Wawrinka Cilic e Nishikori) e gli under 25- si evince come rispetto a tanti il ligure abbia fatto peggio. A parte carneadi ad alti livelli, come Struff, Pella e Lajovic (che hanno guadagnato il terzo turno quattro volte), peggio di Fognini ha fatto solo Paire, con 11 presenze ai sedicesimi di finale. Ma gente come Schwartzman (9 terzi turni , ma Diego tre volte ha raggiunto i quarti), Carreno Busta (11, con una semifinale e un quarto), Dimitrov (17 e ben tre semi), indietro dal punto di vista della quantità, ha fatto qualitativamente meglio del nostro attuale numero due. Gli stessi Querrey (ma con alle spalle una semi e tre quarti) e Bautista (semifinale e un quarto) pur appaiati a Fabio nella quantità di approdi ai sedicesimi sono stati capaci di fare meglio. Ancora più imparagonabili negli Slam i percorsi di Isner, con 28 presenze ai terzi turni (condite da una semi e due quarti) e di Monfils, giunto invece 35 volte ai sedicesimi di finale (con all’archivio due semi e sette quarti). Facile scommetterci: se Fabio potesse scegliere di togliersi ancora uno sfizio, sarebbe quello di un grande risultato in uno Slam.
10- i mesi che hanno cambiato la carriera di Domic Thiem. L’austriaco era già riuscito in passato a issarsi sino al numero 4 del mondo -la prima volta accadde nel novembre 2017- grazie a risultati ottenuti quasi esclusivamente sulla terra rossa. Sino a fine 2018, infatti, il finalista degli ultimi due Roland Garros aveva vinto solo il 53% dei match non giocati sul rosso: basti pensare che prima del suo successo all’ATP 250 di San Pietroburgo di quell’anno, l’austriaco classe ’93, dopo la finale persa a Metz nel 2016 aveva dovuto partecipare a 34 tornei su superfici diverse dalla terra per tornare nuovamente a giocare una finale. Anche il suo bilancio coi più forti parlava chiaro: aveva superato appena quattro volte dei top ten quando li aveva affrontati non sulla terra rossa, perdendoci invece in diciotto casi. Dopo aver iniziato male il 2019 con una prematura eliminazione all’Australian Open lo scorso marzo era arrivato inaspettamente, con l’inizio della collaborazione con Nicolas Massu, il titolo di Indian Wells, vinto con una bellissima cavalcata ai danni di Simon e di due allora top 20 come Raonic e Monfils, e infine suggellato dalla bellissima finale vinta contro Federer. Se qualcuno poteva però pensare che quello californiano fosse stato un episodio sporadico, i residui dubbi erano stati spazzati via da una eccellente chiusura di stagione, nella quale erano arrivati i titoli a Pechino e Vienna e la finale persa di un soffio a Londra alle ATP Finals. La prova del livello eccelso raggiunto da Thiem anche fuori dai campi in terra battuta, la si ha vedendo i nomi di chi ha sconfitto in questi ultimi mesi nei confronti giocati non sul rosso: ad eccezione di Medvedev (che lo ha battuto a Montreal), Dominic ha sconfitto su superfici veloci tutti i primi otto dell’attuale classifica (con Berrettini, Tsitsipas e Djokovic ha anche perso in una circostanza) e più in generale, contro i top ten da Indian Wells dello scorso anno in poi vanta un record di 12 vittorie e 6 sconfitte. Tre finali Slam e una del Masters perse, con le ultime due smarrite di un soffio potrebbero far pensare ad una sua natura di perdente. Più probabilmente, invece, testimoniano i continui progressi compiuti dall’austriaco che si avvicina a passi sempre più grandi alla vittoria di uno dei quattro tornei più importanti della stagione.
28- le tenniste ad aver raggiunto almeno una semifinale nei dodici slam successivi all’ultimo Major vinto da Serena Williams. Dopo il successo di quest’ultima agli Australian Open del 2017, una sorta di anarchia ha percorso il tennis femminile. A prescindere dalle ben sette tenniste (Kerber, Pliskova, Muguruza, Halep, Wozniacki, Osaka e Barty) che in questi tre anni hanno occupato la prima posizione del ranking WTA, è difficilissimo stabilire chi di loro abbia fatto meglio nel suddetto lasso temporale. Senza dimenticare comunque che Serena, una volta tornata, ha centrato ben quattro finali Slam ed è tornata da quasi un anno costantemente in top 10. Con una vittoria agli appena conclusisi Australian Open avrebbe potuto paradossalmente candidarsi come più vincente l’incostante Muguruza (che ha trionfato a Wimbledon nel 2017, fatto semifinale al Roland Garros nel 2018 e, appunto, raggiunto la finale a Melbourne la scorsa settimana). Per comparare il rendimento di Garbine a quello delle altre top player basti pensare che – se si considerano come piazzamenti positivi solo quelli dalle semi in su- oltre alla spagnola in questi ultimi dodici Slam giocati solo la Keys si è piazzata tre volte, con la finale agli US Open 2017 e le semi di due anni fa a Parigi e New York (e Halep e Serena sono le uniche ad aver fatto meglio). Dalla primavera del 2017 solo due tenniste hanno vinto più di un Major: la prima è Naomi Osaka, unica ad averne conquistati due consecutivi (US Open 2018 e Australian Open 2019) ma poi incapace di cogliere piazzamenti importanti ulteriori a questi due exploit. L’altra è Simona Halep, la più continua tra tutte le colleghe nei tornei che contano: oltre ai successi al Rolang Garros 2018 e a Wimbledon dell’anno scorso, ha raggiunto infatti due finali, a Parigi nel 2017 e a Melbourne due anni fa, oltre che le semi della scorsa settimana agli Australian Open. Che la ventottenne rumena, risalita questa settimana al secondo posto della classifica, sia la tennista ad aver fatto meglio negli ultimi tre anni di grande equilibrio del tennis femminile è confermato anche dal numero di settimane complessive, 64, nelle quali è stata la numero uno al mondo (seguono in tal senso Osaka con 25 e Barty con 22).
35- le settimane che separano Novak Djokovic dall’essere il tennista dell’Era Open per il maggior tempo al numero uno delle classifica ATP. Portando nei giorni scorsi a sedici il numero delle partite consecutive vinte (e a ventidue i match superati positivamente tra gli ultimi ventiquattro giocati) ha conquistato il suo ottavo Australian Open. Nole c’è riuscito al termine di una lunga e appassionante finale contro Thiem nella quale ha confermato le sue grandi capacità di esprimere il meglio del suo potenziale nel quinto set (in carriera ha vinto trentuno delle quarantuno partite in cui lo ha giocato), in particolar modo nelle partite che fanno la storia (ha vinto quattro delle cinque finali Slam in cui ha giocato il set decisivo). Con il successo australiano, il serbo si è portato in testa alla classifica dei “Big Titles” (quella che somma tornei dello Slam, Masters 1000 e ATP Finals) con 56 successi, davanti a Nadal (55), Federer (54) e Sampras (30). Soprattutto, con la conquista del diciassettesimo Major Djokovic è tornato al vertice del ranking ATP e ha consolidato il suo terzo posto nella graduatoria all time di vincitori di tornei dello Slam, dietro a Federer (20) e Nadal (19). Il campione svizzero è anche primo, con 310 settimane complessive, in quella relativa alle settimane complessive al numero uno del mondo, davanti a Sampras (286) e Djokovic (276). Se Nole, attualmente primo nel ranking con 9720 punti, con un vantaggio di poco più di 300 su Nadal e di oltre 2500 su Thiem e Federer, riuscisse a conservare l’attuale posizione sino al prossimo ottobre, supererebbe in tal senso già tra otto mesi il collega svizzero. Con tre Slam da disputare e una stagione quasi completa da affrontare è impossibile fare previsioni, ma va anche detto che Nole per arrivare a meta ottobre in testa alla classifica deve difendere “solo” i 3500 punti dei titoli di Wimbledon, Madrid e Tokyo e delle finali di Roma e della semi al Roland Garros: cambiali pesanti, ma non impossibili da onorare, se continuerà ad avere la salute e il rendimento ai quali ci ha abituato dal 2008 in poi (prima parte del 2018 esclusa).
I numeri di Melbourne: Nole implacabile al quinto, caos nel femminile
Il serbo ha vinto 31 partite su 41 al quinto set incluse 4 finali Slam su 5. Nella WTA 28 tenniste in semifinale Slam negli ultimi 3 anni. Zverev unico under 25 nei quarti
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