La sospensione precauzionale di Beatriz Haddad Maia per aver violato il Tennis Anti-Doping Programme si è tradotta in una squalifica effettiva di dieci mesi. La mancina brasiliana era stata fermata nello scorso mese di luglio a causa di un test delle urine effettuato a giugno nel corso del torneo di Bol, in Croazia. Dalle analisi, era emersa la presenza di sostanze (denominate SARM S-22 e SARM LGD-4033) che per la WADA rientrano nell’elenco degli anabolizzanti. La ventitreenne di San Paolo, prima della sospensione, ha fatto in tempo a spingersi (da qualificata) fino al secondo turno di Wimbledon, togliendosi anche la soddisfazione di eliminare Garbine Muguruza. Punti che chiaramente andranno persi (insieme al prize money) alla luce della squalifica, che le consentirà di tornare nel circuito soltanto a partire dal prossimo 22 maggio.
A differenza di quanto accaduto con il numero uno di doppio Robert Farah (che è riuscito a far passare la tesi difensiva della contaminazione alimentare), il teorema dei legali in questo caso non è andato pienamente a segno. Prima del controllo risultato positivo, Haddad Maia aveva dichiarato come vitamine gli integratori preparati da una farmacia di San Paolo. L’attuale numero 147 del ranking aveva anche presentato all’ITF un campione di urine raccolto un mese dopo rispetto a quello incriminato, che risultava però negativo nonostante l’assunzione delle stesse sostanze. La sua condanna a dieci mesi (rispetto a un massimale di pena di due anni per simili violazioni) contempla l’attenuante della non volontarietà, ma allo stesso tempo non la assolve dalla negligenza: la giocatrice avrebbe dovuto conoscere il rischio derivante dall’assunzione di tali integratori.
Su Instagram, la ex 58 del mondo ha pubblicato un lungo post nel quale ha ribadito le sue ragioni: “Il tennis è una delle cose più importanti della mia vita – le sue parole -, non è solo un lavoro, ma coinvolge anche la mia famiglia e i miei amici. Non avrei mai potuto mettere a rischio tutto questo per mia volontà, visto che i valori che questo sport mi ha insegnato sono rispetto, onestà e duro lavoro“.