In questi giorni, tutti i principali quotidiani si sono occupati della tristissima vicenda di Lorenzo Seminatore, ventenne torinese morto di anoressia, dopo una lunga battaglia. Sono stati gli stessi genitori a voler raccontare questa storia, per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica e, soprattutto, delle istituzioni, su questo disturbo che colpisce tanti giovani. Lorenzo prima di finire in questo tunnel, in cui insicurezze e paure finivano per riversarsi nel rifiuto del cibo, era un ragazzo come tanti altri, con le sue passioni. In particolare, quella del tennis. Quando non era impegnato dagli studi, trascorreva le sue giornate al circolo di Moncalieri, nei pressi di Torino, cercando di emulare il suo idolo, Roger Federer.
Anche le aspirazioni di diventare una grande tennista di Martina Trevisan, n.150 del mondo e n.3 d’Italia, stavano per infrangersi di fronte all’anoressia. Lei che era una grande promessa del tennis azzurro, con le semifinali raggiunte nei tornei juniores a Wimbledon e al Roland Garros, ha dovuto addirittura appendere momentaneamente la racchetta al chiodo e prendersi una pausa, proprio mentre stava passando al professionismo, per potere risolvere il suo problema. Ma alla fine ha vinto lei. E così la sua gioia dopo la prima qualificazione a un tabellone principale in un torneo dello Slam, agli Australian Open, ha avuto un sapore sicuramente diverso. Più leggero. Perché il match più difficile della sua vita non era stato quel turno decisivo contro Eugenie Bouchard. Il match più difficile l’aveva già giocato e vinto molto tempo prima.
“La partita più difficile l’ho giocata dieci anni fa. Non su un campo da tennis, ma nella vita. Sconfiggere l’anoressia, piombata nella mia adolescenza dopo un periodo pieno di problemi. Alla fine ce l’ho fatta e oggi sono una persona nuova”, ha raccontato la 26enne fiorentina in un’intervista al quotidiano Nazione. E dire che da giovane lei viveva la vita che tante adolescenti con la racchetta in mano sognano: ottimi risultati a livello internazionale e la gente che comincia a parlare di te come una futura campionessa. Le apparenze però ingannano. “Dietro c’era un malessere profondo. Era il 2009 e sapevo di non sentirmi bene. Non riuscivo a gestire quello che avevo intorno, le pressioni, le aspettative che c’erano su di me. Tutto viaggiava alla velocità della luce. Poi in casa c’erano tensioni perché i miei si stavano separando. Un paio di guai fisici hanno fatto il resto. E sono crollata. Stavo male, così l’anoressia si è infilata nella mia vita”.
E lo ha fatto in maniera sottile, poco evidente. Si comincia magari lasciando lì un po’ di pasta nel piatto, poi rifiutandola del tutto. Perché così com’è non ci si piace, ci si sente diverse, con qualche chilo di troppo e magari nel caso di un atleta anche con qualche muscolo di troppo, rispetto ai modelli di bellezza che ci vengono imposti, più o meno velatamente, dalla società. “Non mangiavo. E, qualche mese dopo, ogni volta che mandavo già qualcosa, iniziavo a vomitare. Sono arrivata a 49 chili. Pochissimi per un atleta. Volevo essere come le altre ragazze. Magra e in forma. Non mi piacevo e il confronto con le coetanee mi stava logorando”, ha sottolineato Martina.
Oltre al rigetto per il cibo, è arrivato anche quello per il tennis. “Non mi piaceva più giocare”. Da qui la decisione di prendersi una pausa dall’attività agonistica. Per oltre quattro anni non ha più giocato un torneo. “Ma non ho mai lasciato il tennis”, ci ha tenuto a precisare. “Mi sono messa ad insegnare. L’assenza della competizione mi rilassava. Ma ad un certo punto ho sentito qualcosa che mi mancava”. E quindi si è rimessa in pista. Il braccio e il talento non si sono persi. E ora Trevisan può tornare a pensare in grande. “Ora sogno la Top 100”, ha dichiarato.
Questo dimostra che dall’anoressia si può uscire vincitori. L’importante è non chiudersi in sé stessi, non aver paura che gli altri non capiscano e, conseguentemente, non possano aiutarti. “Non ha senso contare solo sulle proprie forze. Parlare con un esperto è fondamentale per venirne fuori. Un po’ come nel tennis. L’anoressia può essere sconfitta. Certo, non è un percorso facile e nemmeno breve. Ci vuole tempo ma piano piano se ne esce”. Un messaggio di speranza e di conforto. Per chi soffre di questo disturbo e per chi cerca di stargli vicino. È stata una dura lotta quella di Martina, un match al terzo set in cui si parte in svantaggio. L’importante è non mollare, consapevoli del fatto che – al contrario del tennis – non si è mai da soli in campo.