[1] N. Djokovic b. [3] G. Monfils 2-6 7-6(8) 6-1
Qualcuno batte Gael Monfils 17 volte di fila e questo qualcuno altri non è che Novak Djokovic. Come però aveva suggerito un Monfils in grande spolvero, non è stata una passeggiata, anzi: di fronte a uno strepitoso Gael, Djokovic ha dovuto rimontare un set e un break di svantaggio e annullare tre match point consecutivi nel tie-break. Un match davvero emozionante che ha raggiunto il picco sul finire del secondo set, quando Monfils ha dato fondo alle ultime energie per evitare il parziale decisivo di fronte a un avversario che, come sempre, sarebbe rimasto costante nel suo altissimo livello.
Nole arriva alla sfida in semifinale praticamente in ciabatte, disputando tre incontri da un’oretta l’uno, come l’impiegato che va al circolo nella pausa pranzo per fare la sua partitella. Ha sforato di qualche minuto contro Karen Khachanov, il russo partito benissimo in ATP Cup fino alla sconfitta contro Lajovic, dalla quale pare non essersi ancora ripreso. Con Rublev battuto da Evans, Monfils è rimasto solo in seconda posizione per il miglior bilancio vittorie-sconfitte in questa stagione, sintomo che l’ottimo periodo di forma coincide con il calo fisiologico di sempre più coetanei e una giovane concorrenza che fatica a trovare continuità. Dal canto suo, Nole conserva la sua imbattibilità iniziata alle Finali di Coppa Davis e porta a 20 la striscia di vittorie.
IL MATCH – Djokovic, che con la vittoria nei quarti ha mantenuto il primo posto in classifica, si ritrova subito a salvare una palla break, ma l’incontro si accende già al terzo game, tra Nole che si carica quando l’avversario affossa il rovescio a campo aperto, scambi mozzafiato e un primo vantaggio esterno annullato prima di cedere al 18° punto tra accelerazioni improvvise di Monfils e dritti incerti. Lamonf si affida al servizio per salire 3-1, mentre le smorzate serbe si dimostrano meno efficaci, sia perché giocate in una situazione di punteggio meno confortante, sia per l’avversario che non è sovrappeso, a fine carriera, né un palo di due metri. Come da copione Nole, si mantiene sempre molto più vicino alla linea di fondo, mentre Gael si ritrova spesso all’altezza della scritta “Dubai”, eppure è lui a fare davvero male con i cambi di velocità, non limitandosi a restare “la dietro” a esibire recuperi insensati. Nole esce da campione da un esiziale 15-40, ma due brutti errori consegnano comunque il 5-2 a Monfils che fa suo il parziale tenendo agevolmente la battuta.
Il trentatreenne parigino si riprende subito da un’incomprensibile discussione con l’arbitro dopo che Djokovic ha tenuto il servizio in apertura di secondo set e ricomincia a fare quanto di buono ha mostrato finora, vale a dire praticamente tutto e ne raccoglie i frutti al terzo gioco. Novak resta in scia in attesa dell’occasione propizia che arriva poco dopo con i primi errori gravi di Lamonf – sicuramente appannato dall’incredibile ritmo tenuto finora – e sorpassa per 4-3. Il numero 1 del mondo è un treno in corsa, ma anche Monfils riprende in fretta la concentrazione e non lo lascia scappare. Trascorsi buona parte dei 90 secondi di pausa dopo il nono gioco sdraiato a terra dopo l’ennesimo recupero su una smorzata, colpo che inizia a portare gioie a Nole, Gael sembra sul punto di capitolare, ma il dritto tradisce il fenomeno di Belgrado sui due set point. Ne affronta altri tre sul 5-6, annullandoli come meglio non potrebbe e, dopo che Nole sportivamente gli concede l’ace chiamato fuori dall’arbitro, approda al tie-break, l’ultima spiaggia per uno stremato Monfils e, evidentemente, l’ultima possibilità di allungare l’incontro per un Djokovic che non molla di un millimetro.
Dopo due brutture a testa che testimoniano quanto valga questo gioco, Lamonf torna a fare il fenomeno sparando un dritto vincente al ventiquattresimo colpo. Vola a un meritato seitrè con due servizi a disposizione, ma le energie sono finite e, senza l’aiuto della prima, i tre match point sfumano e Djokovic fa suo il parziale all’ottavo set point grazie a un doppio fallo. Non sono bastati 22 vincenti a 8 a favore del francese che, in proporzione, ha anche sbagliato meno.
Com’era largamente prevedibile, Monfils riesce giusto a tenere il primo turno di battuta in apertura prima di cedere di schianto incapace di spingere con le gambe, mentre Djokovic si prende il 6-1 e la finale per quello che sarebbe il quinto titolo nell’Emirato. Una finale a cui arriva imbattuto in stagione come nel 2011 (e non perse più un match fino alla semifinale di Parigi contro Federer) e nel 2013 (poi perse da Delpo in semi a Indian Wells), alzando il trofeo in entrambe le occasioni.
[2] S. Tsitsipas b. D. Evans 6-2 6-3
Nessun problema per Stefanos Tsitsipas che lascia cinque giochi a Daniel Evans, vincendo così quell’ottavo incontro consecutivo che lo porta in finale a meno di una settimana da quella vinta a Marsiglia contro Auger-Aliassime. Sta appunto cercando di trovare la strada del suo 2020, Stefanos, dopo il disorientato rientro dalla sbornia delle ATP Finals evidentemente non smaltita durante la off season. Ritrovato in Francia l’appuntamento con la vittoria, di fatto passeggiando dal bye del primo turno alle foto con il trofeo alzato, a Dubai ha superato ai quarti Struff, forse l’unico vero ostacolo in questi ultimi dieci giorni e di certo l’unico in grado di strappargli un set. Ora, si ritrova per la prima volta davanti Daniel Evans in una sfida tra due tennisti più o meno giustamente convinti di giocare come Roger Federer, benché uno solo si mostri consapevole di farlo a un livello inferiore – e non è detto che sia l’approccio mentale corretto quando si tratta di vincere, anzi.
Oggi, però, la differenza di livello è quella che afferma senza ombra di dubbio la classifica e Tsitsipas ha vita facile contro un Evans arrivato a questo punto con tre battaglie nelle gambe. Inoltre, Daniel non può contrastare il maggiore peso di palla avversario opponendo le sue variazioni, come era riuscito con Rublev, risultando esse vane contro uno più forte che si trova a proprio agio in quelle condizioni gioco.
Dopo una partenza senza sussulti da parte di entrambi, Evans si mette nei guai da solo al quinto gioco commettendo errori in scambi in cui era in vantaggio tentando, peraltro giustamente, l’accelerazione decisiva. Ci aggiunge anche un doppio fallo e a Stefanos non resta che piazzare la risposta (e che risposta) vincente sull’incursione a rete di Daniel, privato così della possibilità di volley dopo il serve. Il greco consolida a zero il vantaggio e acquista sempre più sicurezza, mentre l’altro compie scelte azzardate e cede ancora un turno di battuta. Battuta che non è certo un problema per il numero 6 del mondo, con il 67% di prime in campo sulle quali perde un solo punto e chiude 6-2.
Il primo gioco del secondo parziale si allunga a rimarcare – non che ce ne sia bisogno – la necessità britannica di arrestare l’emorragia; missione compiuta dopo quattro palle break annullate e diversi scambi godibili che, come promesso dalle premesse, non mancano per tutto il match. Sono tuttavia (oppure di conseguenza?) due brutte giocate di Evans a dare il 2-1 all’avversario. Non che trovarsi sotto di un set e un break significhi incontro finito, tanto meno per “Evo” che è uscito da quella situazione giusto martedì al primo turno contro un Fognini improvvisamente in vena di regali; finora, però, è stato l’uomo di Birmingham a sbagliare, probabilmente nel tentativo di compensare il divario di velocità del suo dritto rispetto a quello greco, come ci svela poco sorprendentemente la grafica.
Tsitsipas tira il fiato per un paio di game, ragionevolmente convinto che il servizio basti a mantenerlo avanti, nonostante un mai domo Evans provi ad essere aggressivo almeno sulle poche seconde concesse dall’altro. Sospinto da qualche bella chiusura a rete, complici anche gli imprecisi passanti inglesi, “Stef” riprende subito a farsi pericoloso anche in ribattuta, riuscendo così ad anticipare la fine dell’incontro piazzando il 6-3. Tsitsipas conferma quindi la finale che lo scorso anno perse da Federer, mentre resta il gran torneo di Daniel Evans che lunedì troverà il suo nome per la prima volta in top 30.