Se Andy Murray ha addirittura vinto un titolo ATP dopo il resurfacing, un tennista di appena undici anni meno giovane e con una sola protesi all’anca in più non potrà almeno giocarsi le qualificazioni di un Challenger? Deve essere quello che ha pensato il quarantatreenne Nenad Zimonjic, tornato a disputare un torneo di singolare dopo quasi sette anni. L’ultimo incontro di singolo dell’ex n. 1 di doppio risaliva al 2017, quando racimolò tre game contro Albert Ramos-Viñolas in Coppa Davis, mentre è appunto datata 2013 la riapparizione, dopo quattro anni di assenza, in un paio di tornei con quei tre punti raggranellati nel tabellone cadetto del Queen’s che lo avrebbero mantenuto in classifica per un anno oltre il 1.300° posto.
Per motivi ancora da appurare e che, prima di lanciarci in fantasiose ipotesi, ascriveremo provvisoriamente a una rinnovata voglia di confrontarsi sul campo senza i corridoi, il classe 1976 di Belgrado si è iscritto alle qualificazioni del Challenger di Nur-Sultan, la capitale del Kazakistan precedentemente nota come Astana (o anche come “il posto in cui è meglio evitare il davisman Kukushkin”). Il tabellone di qualificazione per i Challenger 80 e superiori prevede un solo turno con quattro tennisti che si giocano i due posti disponibili nel main draw. Nell’occasione, i giocatori erano tre, per cui la prima testa di serie era stata accoppiata a un bye strappando così la qualificazione senza mettere piede in campo. Nenad, a dispetto di una classifica di singolare ovviamente inesistente, era secondo del seeding in virtù del suo ranking in doppio e avrebbe dovuto giocare contro il diciassettenne kazako Rostislav Galfinger, di cui ammettiamo di non sapere molto – nemmeno che classe frequentassero i suoi genitori quando Nenad si accingeva a diventare professionista –, se non che è destrimano e ha il rovescio bimane.
Prima dell’attesissima missione Galfinger, però, si sono ritirati quattro giocatori dal tabellone principale (e un quinto poco prima, mentre cinque se ne sarebbero andati a torneo in corso; in una quindicina avevano dato forfait in precedenza). Annullate di conseguenza le qualificazioni, tutti e tre sono entrati nel tabellone principale come alternate, insieme ad altri due verosimilmente pescati dalla lista firmata on-site. In ogni caso, Zimonjic si è ritrovato davanti per la prima volta l’uzbeko Sanjar Fayziev, venticinque anni, n. 506 del ranking ma 266° un anno fa, la cui scheda ATP ci svela che è allenato da Leonidich (sic et simpliciter, come Prince, Cher e Wolverine). Dopo un primo parziale a senso unico, nel secondo set il nostro resta ben solido nei propri turni di battuta, arrendendosi però al tie-break per 8-6. Peccato, ma nient’affatto male considerando anche la sua storia recente.
In doppio, Nenad ha un solo match vinto su diciotto tornei del Tour disputati nelle due scorse stagioni, con il 2018 interrotto ad aprile per sottoporsi all’intervento chirurgico di sostituzione a entrambe le anche, ormai senza più cartilagine dopo dieci anni di osteoartrosi e con l’immaginabile dolore conseguente. Scarsi i risultati anche nel circuito Challenger al rientro. Chissà, invece di attribuire quelle sconfitte all’appannamento fisiologico di un over 40, le avrà interpretate come sintomo di essere diventato un singolarista. In più, la componente entusiasmo di chi si è sottoposto a un’operazione per salire le scale senza soffrire e con la speranza di fare un po’ di sport a livello amatoriale, con il chirurgo che invece gli domanda cosa stia aspettando a tornare nel Tour. Prendere davvero coscienza della sparizione del dolore ha indubbiamente fornito un’ulteriore spinta e ora Zimonjic pare prefiggersi la riconquista di un punticino (o più) in modo da superare il quarantunenne Toshihide Matsui e diventare il primo nel ranking ATP quando lo si ordina per età.