Direttore del torneo di Metz, la cui prossima edizione è prevista dal 21 al 27 settembre, durante la nuova data nella quale si disputerà il Roland Garros (20 settembre-4 ottobre), Julien Boutter, ex giocatore professionista, finalista a Milano nel 2001 sconfitto da Roger Federer, spiega a L’Equipe come ha accolto questa decisione improvvisa di cui comprende il significato.
Come ha appreso lo spostamento del Roland Garros che ora andrà a cozzare con il vostro Moselle Open, previsto originariamente dal 21 al 27 settembre prossimi a Metz?
Il presidente della FFT Bernard Giudicelli ci aveva informato direttamente in anticipo, spiegando che con ogni probabilità sarebbe stata presa quella decisione. È stato molto chiaro, e questa decisione non solamente la capisco, ma la difendo completamente.
Sicuramente con un grande disappunto, no?
Sì, ma l’aspetto della “delusione” è durato cinque minuti. Vede, sono confinato anch’io in casa: non faccio parte della fascia d’età più a rischio (ha 45 anni) ma in un momento simile si pensa anche agli altri. All’interesse generale. Certamente, a livello personale mi secca rimanere confinato in casa, così come mi secca che il Moselle Open non si disputerà. Tanto più in un momento in cui abbiamo aumentato le vendite, ci siamo rafforzati: eravamo in procinto di iniziare un nuovo ciclo di sviluppo, ma se penso in termini del tennis francese, è inevitabile.
“Il tennis ha più da perdere dalla mancanza del Roland Garros che non dalla mancanza del Moselle Open”
Dunque è facile da digerire?
Ci sono diversi modi per affrontare la faccenda. Si può guardare a tutte le conseguenze negative e a tutto il casino che ciò andrà a causare, e allora non se ne esce. Ma si può anche guardare a quali carte si ha in mano e come si può giocarle. Dieci giorni fa si parlava della possibilità di spostare Indian Wells in settembre. Stiamo vivendo un periodo storico fuori dall’ordinario. Ma a volte da un evento negativo nasce una possibilità, oppure un periodo di vacche magre. Bisogna prendere tutto con filosofia: il tennis ha più da perdere dalla mancanza del Roland Garros che non dalla mancanza del Moselle Open. Se ci comportiamo in maniera intelligente, possiamo uscirne più grandi e limitare la perdita.
Non c’è gara tra i due eventi?
Certamente no. Il contributo della federazione e del Roland Garros per i nostri circoli, per i nostri allievi, è talmente importante che non mi pongo nemmeno la questione. È come la storia dell’alpinista che era rimasto con un braccio bloccato sotto una roccia, circa 15 anni fa, e aveva finito per tagliarselo (nel 2003 Aron Ralston si era ritrovato in fondo a un canyon e si era amputato l’avambraccio da solo per sopravvivere. Nel 2011 la sua storia fu raccontata nel film di Danny Boyle “127 ore”). Cosa si fa in quei momenti? Si abbandona una parte di se stessi per rimanere in vita? Evidentemente! E se riesco ad accettare questo passo relativamente bene, è anche perché la FFT, da qualche anno, ha saputo riconoscere e dare la giusta importanza ai piccoli tornei francesi. Il presidente era molto dispiaciuto, ma ci ha assicurato che non verremo abbandonati per strada.
Quindi per il Moselle Open l’appuntamento è per il 2021?
Per ora, per il Mosella Open ci sono tre priorità. Primo, i nostri stipendi. Secondo, i nostri creditori. Terzo, i nostri sponsor. Spetta a noi pensare come mettere insieme tutto quanto perché ognuna di queste tre priorità possa trovare una qualche soddisfazione. Dopodiché ci metteremo anche a lavorare con l’ATP sul calendario. Magari qualche torneo può essere fatto scalare. O forse si può trovare qualche settimana creando un po’ di spazio tra la tournée asiatica di ottobre e il Masters di novembre per inserire cinque sei tornei minori che non si sono potuti giocare. Fa parte delle conversazioni che dobbiamo avere con l’ATP piuttosto rapidamente. Qualche anno fa, il torneo di Metz veniva dato come già venduto all’Asia. Se c’è una cosa che il tennis mi ha insegnato è che bisogna controllare ciò su cui si ha il controllo. Poi, si vince o si perde, ma fino a che il match point non è giocato, c’è sempre una chance. Tre anni dopo la batosta che abbiamo preso dalla Laver Cup (esibizione di lusso lanciata da Roger Federer che si disputa la stessa settimana del torneo di Metz) ne arriva un’altra, ma è il destino dei tornei.
“A un certo punto, il principio, per un dirigente, è di prendere una decisione e saperci convivere”
Il canadese Vasek Pospisil, membro molto attivo del consiglio dei giocatori, è insorto piuttosto rapidamente contro la decisione unilaterale di spostare il Roland Garros, dato che i giocatori, a suo dire, non sono stati coinvolti.
Ci sono sempre diverse letture possibili per una decisione. Io credo di avere quella del direttore del torneo di Moselle Open e quella di un sostenitore del tennis francese. Quest’ultima mi fa dire che la decisione presa sia quella giusta. Confesso di non aver ancora valutato la decisione dal punto di vista di un giocatore professionista dell’ATP, ma onestamente, se uno è 100° in classifica, la valutazione è quasi esclusivamente di tipo economico, ed è felice di poter giocare quattro tornei dello Slam invece di tre.
Il Roland Garros una settimana dopo la fine dello US Open non sarà semplice a livello organizzativo per i giocatori.
Per chi impiega parecchio tempo ad abituarsi alla terra, sicuramente non sarà facile. O anche per quegli specialisti della terra battuta che saranno arrivati alla seconda settimana dello US Open e non avranno il tempo di preparare il torneo come sono abituati. Sono decisioni che possono non piacere. Ma a un certo punto, il principio, per un dirigente, è di prendere una decisione e saperci convivere. Ed è quello che ha fatto il presidente della FFT. Alcuni saranno insoddisfatti, è chiaro. Il gruppo europeo dell’ATP si dovrà consultare rapidamente. La nostra ultima conference call si è svolta appena prima dell’annullamento di Indian Wells, dieci giorni fa… credo che la prossima telefonata arriverà piuttosto rapidamente.