La decisione – univoca e controversa – da parte della Federazione francese di posticipare il Roland Garros al 20 settembre continua a provocare reazioni nel mondo del tennis. Se in campo, per ora, non si gioca, detrattori e assertori della scelta di Giudicelli si danno battaglia off court. A tal proposito, L’Equipe riporta le reazioni opposte di Loïc Courteau – allenatore di Lucas Pouille e responsabile del centro di allenamento Federale francese – e di Jérémy Chardy (n. 59 ATP).
Il coach di Pouille si schiera dalla parte della Federazione: “La storia di questo sport sono i tornei dello Slam, sono quelli che contano di più. Per amore dello sport, preferisco sapere che il Roland Garros si disputerà. Che importa, in fondo, se lo fa per sopravvivere o per mantenere la tradizione? Tutti dovrebbero essere contenti. Vasek Pospisil, che ha contestato tale decisione, è stato il primo a non fare nulla per difendere la Coppa Davis. E per me, la storia, ha la precedenza su tutto. Nessuno si è irritato quando Roger Federer ha preso una data nel calendario per organizzare un’esibizione. E quando si tratta di un torneo dello slam, i giocatori protestano perché non sono stati consultati. Devono smetterla! Tutto il denaro che hanno, la fama di cui godono, lo devono ai tornei dello Slam. Ora, è vero che quello che è accaduto mette in luce un problema di gestione del tennis. Tutti se ne lamentano da tempo. Serve assolutamente un’organizzazione unica nel tennis. Ciò che sta succedendo è la conseguenza di questa grande ambiguità. Finché non ci sarà maggiore chiarezza…“.
Di avviso del tutto contrario, invece, è Jérémy Chardy: “Sono ovviamente contento che il Roland Garros possa essere organizzato, per noi francesi è il torneo più bello. Ma martedì non sapevo che nessuno nel mondo del tennis fosse al corrente di questa decisione. Ed è scioccante, e pericoloso per il Tour. Se tutti facessero come il Roland Garros, allora ci sarebbe l’anarchia. Per me è un errore, un rischio mettersi contro l’ATP, gli altri major, i direttori dei tornei e i giocatori. Da quello che vedo e sento, sono tutti molto contrariati. I giocatori avvertono un’enorme mancanza di rispetto. Si dice che l’ATP possa sanzionare il Roland Garros, ad esempio togliendogli i punti destinati ai giocatori, poiché dipendono dalla stessa ATP. Certo che bisogna salvare i tornei dello Slam, ma sarebbe stato tanto più semplice consultarsi insieme per trovare una soluzione, e tutti sarebbero stati d’accordo nel trovare una data”. Va precisato che questo punto di vista, teoricamente impossibile da mettere in discussione, nella pratica era… impraticabile. Se tutte le parti in causa fossero state coinvolte nel processo decisionale, ovviamente il Roland Garros non sarebbe mai riuscito a prendere una posizione così netta.
“Non curarsi degli altri tornei, è semplicemente egoista”, continua Chardy. “Anche se il Roland Garros è il mio torneo preferito, non voglio che distrugga il Tour. Sono anch’io direttore di un torneo (il Challenger di Pau), conosco tutti gli sforzi che bisogna compiere per organizzare un’edizione dell’evento, ed è dura pensare che qualcuno a un tratto possa bloccare tutto. Si tratta di una decisione che costringerà a modificare tutto il calendario. C’è solo una settimana tra lo US Open e il Roland Garros. Coloro che disputano la finale, arrivano il martedì a Parigi e hanno solo pochi giorni per dedicarsi alla terra e ad un altro major. Senza parlare di tutti gli altri tornei previsti nelle date in cui si disputerà il Roland Garros, i tornei di Pechino e Tokyo cominciano l’indomani della finale…”.