LE SCELTE DELL’ATP: BRAVI GAUDENZI E CALVELLI
Immagino come saranno stati contenti di essersi trovati in mezzo a questo bailamme che vede coinvolti anche due dei primi TRE tennisti del mondo – e con Nole che è il n.1 che non starà certo a dormire in mezzo ai due – Andrea Gaudenzi e Massimo Calvelli, i due nuovi boss dell’ATP cui non posso non esprimere tutta la mia solidarietà. Essersi ritrovati al primo anno di gestione in un casino simile per il virus, per le spinte e le controspinte dei vari organizzatori dei tornei, per gli egoismi di tutti, agenti e campioni, non era davvero ipotizzabile. Né augurabile al peggior nemico. Sono stati coraggiosi, hanno preso decisioni serie e ponderate e per ora va a loro il mio applauso, per quel poco che conta. Magari un Chairman e un CEO francesi, britannici o americani non avrebbero fatto una scelta altrettanto decisa nei confronti del Coronavirus. Gli esempi dati da Macron, Johnson, Trump – scusate l’invasione di campo – non inducono a pensare diversamente. Quanto ai tedeschi… di certo hanno comunicato i loro morti in modo assai più criptico… e, mi scuso l’ardire, secondo me più furbo del nostro per salvaguardare la propria economia.
LAVER CUP, ATP CUP E LA FORZA DI WIMBLEDON: ROLAND GARROS COLPEVOLE MA NON TROPPO?
Tornando al campo in cui sono più preparato… fossi l’avvocato difensore dei francesi – compito difficile eh – sosterrei però che anche Australian Open e US Open hanno fatto fin qui sempre i loro interessi, più o meno congiunti, di fatto sposando l’organizzazione della Laver Cup ancor prima che venisse organizzata a Chicago e a Boston, quindi il manager americano Tony Godsick (marito di Mary Joe Fernandez) e Roger Federer. Con i primi più dei secondi a creare con l’ATP Cup un evento capace di uccidere per sempre la Coppa Davis, sia che fosse rimasta in piedi quella di sempre, sia la versione Piquè. Insomma scagli la prima pietra…
Wimbledon, grazie al suo prestigio e alla sua tradizione, è sempre riuscito ad essere considerato lo Slam più importante a dispetto di quell’erba su cui si gioca pochissime settimane l’anno. Se Wimbledon si fosse comportato come il Roland Garros avrebbe probabilmente subito meno critiche accerchianti. Oggi come oggi – dopo che per tanti anni l’Australian Open era stato la gamba zoppa del tavolo a quattro – il Roland Garros dei quattro Slam a lungo andare rischia di essere il meno forte. Ora più che mai se tutti gli si rivolteranno contro. E il rischio che Indian Wells e Miami si “riciclassero” nelle date del circuito asiatico con il benestare dell’US Open, di IMG e delle società di management americano c’era tutto. Insomma il Roland Garros, ora che il Regno Unito è in Brexit, è un po’ l’ultimo baluardo europeo. E alla sua importanza sono legati un po’ tutti i tornei europei sulla terra rossa, la cui stagione si è via via negli anni sempre più ridotta a favore dei tornei sul cemento cari ad americani e australiani.
Brad Stine, che allenò Jim Courier all’epoca dei suoi Slam vinti, ha dichiarato al New York Times: “In un’annata disgraziata come questo poter giocare due Slam, anche se a distanza ravvicinata, come l’US Open e il Roland Garros, sarebbe come ricevere un dono dal cielo!”.
LE GUERRE DI POTERE NEL TENNIS
Insomma, dopo che abbiamo riportato ieri anche le opinioni divergenti all’interno dello stesso tennis francese, riscrivo quanto ho fatto in conclusione l’altro giorno. Può essere che non tutto il male venga per nuocere. Le guerre nel tennis ci sono sempre state. Io ricordo quelle del WCT contro l’ATP e l’ITF nei primi anni Settanta, quelle dell’ITF con il Team Tennis delle città americane organizzato da Larry King e Billie Jean (Jimmy Connors non potè giocare al Roland Garros nel ’74… e fece causa a chi gli impedì di realizzare il Grande Slam visto che lui vinse gli altri tre), ma tornando indietro quelle fra le troupe professioniste di Jack Kramer e i finti dilettanti ipocritamente sostenuti dall’ITF… grazie alle quali Ken Rosewall non ha potuto partecipare per 11 anni a 44 tornei dello Slam!
Se ci fosse un unico organo che gestisse il tennis andrebbe certamente meglio. Ma nessuno vorrà mai cedere una fettina del proprio potere. E questo è il vero problema del tennis. Dopo quello, ben più terribile, del coronavirus.