1.Fisher M. J. (2009), Terribile splendore. La più bella partita di tennis di tutti i tempi, tr. it Cognetti P. e Bonfanti F., 66th and 2nd, 2013
La Più Bella Partita di Sempre, dentro il libro più bello mai scritto intorno al tennis. Se credete che Federer vs Nadal abbiano rappresentato la vetta emotiva di questo sport, dopo questo libro guarderete il tennis da un’altra prospettiva. Verrete proiettati in un tempo che non c’è più e assisterete dal centrale di Wimbledon alla semifinale di coppa Davis tra Germania e Stati Uniti. Da una parte quello che sarà il primo uomo a completare il Grande Slam e dall’altra un aristocratico barone il cui aspetto e lignaggio rappresentava la sintesi perfetta della propaganda ariana. Da una parte Donald Budge, dall’altra il barone von Cramm. Un figlio della classe media cresciuto a jazz e campetti di periferia contro uno che andava a cavallo quando gli altri non sapevano ancora leggere o scrivere. Annus domini: 1937. Luogo: Centrale di Wimbledon. Posta in gioco: la libertà (quella vera).
Se da soli questi presupposti dovrebbero invogliare alla lettura, in realtà il libro è molto di più. Marshall Jon Fisher usa quella partita come il prisma della celebre copertina dei Pink Floyd. La Partita Più Bella di Sempre entra come un fascio luminoso e si riverbera in mille luci. Ogni luce una storia. Quella del Grande Bill Tilden da sola vale l’intero libro. È un libro dentro il libro. Seguire la sua vicenda è attraversare l’alba del tennis e farsi un giro su un palcoscenico di qualche teatro d’inizio secolo. C’è tutto. La sua infanzia, gli anni del suo dominio, la sua omosessualità, il suo crepuscolo, gli atteggiamenti da divo, l’ipocrisia di un secolo e la sua morte solitaria su di un letto con accanto quelle racchette che non abbandonò mai. Insomma “Terribile splendore” è una specie di capolavoro che tutti gli appassionati di tennis dovrebbero leggere per decreto legge.
2. Clerici G. QUALSIASI COSA ABBIA SCRITTO. Valgono anche i pezzi di cronaca[1], le cartoline agli amici o la lista per la spesa
Siccome però da qualche parte bisognerà pure iniziare, per non sbagliare direi 500 anni di Tennis, Divina, Gesti Bianchi e il Tennis nell’arte, un quadrilatero perfetto che mescola storia (del tennis), un grande inchino alla più grande tennista di sempre (Susanne Lenglen), letteratura a cinque stelle e arte. Con le dovute proporzioni Omero sta alla guerra di Troia come Clerici sta al tennis.
3. Wallace D. F. VALE QUELLO DETTO PER CLERICI
Siccome però Federer come esperienza religiosa l’ha letto anche mia nonna e Infinite Jest è sì un capolavoro, “il monolite nero della letteratura contemporanea” ma è (quasi) illeggibile, consiglierei Wallace D. F. (1999) L’abilità professionistica del tennista Michael Joyce come paradigma di una serie di cose tipo la scelta, la libertà, i limiti, la gioia, l’assurdità e la completezza del genere umano, un saggio di cui vi abbiamo parlato qualche giorno fa perché lo ha scelto anche Andrea Petkovic, contenuto in Tennis, tv, trigonometria, tornado e altre cose divertenti che non farò mai più, Minimum fax, Roma, 1999, trad. Vincenzo Ostuni, Christian Raimo e Marina Testa (1997).
Un Wallace a pieni giri davanti alla cosa che ama di più: il Tennis. Non saprei dirla meglio, quelle 50 pagine sono semplicemente inmigliorabili. Mandato a seguire da vicino la giovane promessa americana Michael Joyce attraverso il Vietnam delle qualificazioni degli Open Canadesi “che somigliano alle raffinate finali che si vedono in TV più o meno quanto un macello assomiglia a un pezzo di filetto presentato elegantemente in un ristorante”, il tennis viene fotografato ai raggi x, e ci è restituito dentro la miglior grana letteraria immaginabile. Descrizioni al fulmicotone diluite dentro un reportage quasi esistenzialista (ma allegro) che chiama in causa il concetto di “scelta” e quello di “libertà” più o meno all’interno della trappola dorata del successo e del tennis professionistico. Un esempio: “Michael Chang, 23 anni e n. 5 del mondo, sembra composto di due persone cucite insieme grossolanamente: un tronco normale appollaiato su delle enormi gambe muscolose e completamente prive di peli. Ha la testa a fungo, capelli neri come l’inchiostro e un’espressione di profonda e ostinata infelicità, la faccia più infelice che io abbia mai visto al di fuori di un corso post-laurea di scrittura creativa”.
4. Drucker J. (2004), Jimmy Connors mi ha salvato la vita, tr. it Di Falco D., Effepi Libri, 2006
Se nella teoria evoluzionista di Darwin il grande problema è sempre stato trovare il famoso anello di congiunzione, nel tennis il problema non si pone. Il maschio alfa, che ha mandato in soffitta i gesti bianchi e ha catapultato il tennis nell’era contemporanea, ha un nome e un cognome preciso: Jimmy Connors. Se prima di lui il tennis era uno sport snob, elitario, da gentiluomini, in ultima analisi anglosassone, dopo di lui si è trasformato in uno sport di massa, competitivo, spettacolare e spietato. In due parole americano. Con Jimbo il tennis da hobby agonistico è diventato un misto ad alta tensione tra pugilato e rock and roll. Sport, più show. Business, più rissa da saloon. Lo stupendo libro di Drucker ci racconta questo enigma a stelle e strisce in maniera sorprendente. Non una biografia ma due. La storia di Connors viene intrecciata con quella dell’autore, consapevole di quanto la sua vita sarebbe stata diversa senza quella del campione americano, perché, se non lo sapevate, il tennis e la scrittura possono salvare la vita.
5. Picasso Petzschner
Non saprei come dirla meglio. Tolto il totem (Clerici) Picasso Petzschner è di gran lunga il miglior scrittore di tennis in Italia. Poco importa se lo conosciamo in quindici, se non ha mai pubblicato un libro e se non sappiamo nemmeno il suo vero nome. Dovete “accontentarvi” di andare sul suo blog dal titolo azzeccatissimo: Tennis e Psiche. Decine e decine di pagine sul tennis tra satira sociale, spleen esistenziale e pennellate d’autore. Avete presente Bukowski dopo una notte di whisky che va a scommettere sulle corse di cavalli? Dove gli altri vedono dollari e adrenalina lui vede una cruda radiografia della vita che cola bellezza andata a male da tutti i pori. Fatte le dovute proporzioni Picasso Petzschner, gioca la stessa partita. Sostituite il whisky con birra Peroni spuntata, Los Angeles con Tor Pignattara ma è sempre vita cruda quella che viene fuori dalla sua penna. Quasi che su quelle tele immaginarie, che ci ostiniamo a chiamare campi di tennis, si possano davvero divinare i destini e le miserie degli esseri umani.
Dimenticatevi la cronaca, i numeri, l’obiettività e il politicamente corretto. Nella poetica di Picasso la bellezza di un gesto, meglio ancora se perdente, è in grado di riscattare una vita anonima fatta di pomeriggi afosi trascorsi su divani comprati su Postal Market. Credo che se gli chiedessero chi è il più grande giocatore di tutti i tempi lui risponderebbe serissimo “McEnroe”. “E tra quelli in attività?” “McEnroe”, e non sarebbe una battuta.
[1] Clerici G. (2010), Gianni Clerici agli internazionali d’Italia, Mondadori e Clerici G. (2013), Wimbledon. Sessant’anni di storia dal più importante torneo del mondo, Mondadori