La ripresa delle attività dei circoli sta iniziando a tenere banco fra gli appassionati, ed è per certi versi normale che sia così. I contagi, almeno in Italia, stanno diminuendo, seppur asimmetricamente fra le varie regioni, e la riapertura di alcuni settori selezionati fa spontaneamente sorgere nuovi quesiti sulle tempistiche. Inoltre, la progressiva riapertura di altri Paesi, anche vicini, fa sì che si facciano dei paragoni.
Lo sappiamo bene, fino al 3 maggio non se ne parla, ma per i circoli FIT la data più accreditata al momento è l’8 giugno, seppur con forti restrizioni sull’utilizzo degli spogliatoi e nel numero di allievi per lezione. La convinzione di Binaghi che gli Internazionali si potranno svolgere entro fine anno (a prescindere dalla città) lascia pensare che una data effettivamente esista. E un segnale che l’attività possa riprendere in quel periodo arriva da un altro sport: il campionato di baseball, infatti, ha fissato al 14 giugno la data di inizio della stagione (il campionato è già partito in Cina, ad esempio), e questo potrebbe essere un segnale di svolta per molte attività sportive.
Vale la pena anche ricordare le sei nuove condizioni dall’OMS riguardo all’interruzione del lockdown, e questo dovrebbe essere il faro per navigare verso sponde più sicure, a prescindere dalle varie discussioni:
1- la propagazione del virus è sotto controllo;
2- il sistema sanitario è in grado di rintracciare, testare e isolare ogni caso e ogni relativo contatto;
3- i focolai in luoghi vulnerabili sono ridotti al minimo;
4- scuole e posti di lavoro hanno preso misure adeguate;
5- il rischio di nuovi casi in arrivo da fuori è gestibile;
6- la comunità è stata educata a un nuovo stile di vita ed è consapevole delle misure da prendere.
Restando in Europa (questa settimana dovrebbero essere pubblicate delle linee guida comuni), Jan-Lennard Struff ha ricevuto un permesso speciale per allenarsi, ancorché solo nel circolo d’appartenenza, il North Rhine-Westphalia. E forse non deve stupirci che la Germania stia decidendo di accelerare sulla ripresa dello sport, a cui viene dato un valore collettivistico per certi versi unico fra i grandi Paesi: per fare un esempio, le società tedesche di calcio devono essere al 50+1% di proprietà dei tifosi, alimentando lo spirito d’appartenenza e tenendo bassi i prezzi dei biglietti. Si può quindi affermare che la realtà della società sportiva sia vissuta con maggiore partecipazione dai tifosi, e che quindi una ripartenza dello sport in generale possa costituire un momento di passaggio fondamentale per la cittadinanza teutonica, e sport senza contatto come il tennis potrebbero rappresentare un primo viatico. D’altronde, i piccoli negozi riapriranno lunedì, mentre le scuole dovrebbero ripartire a inizio maggio (con precedenza per chi ha degli esami da sostenere), e gli atleti professionisti potrebbero seguire a ruota.
Proprio sull’aspetto della mancanza di contatto fisico sta premendo in questi giorni il governo austriaco, che il primo maggio dovrebbe far riprendere gli allenamenti per sport come il tennis, l’atletica e il golf. Nello specifico, dovrebbe essere richiesto ai giocatori di portare le palline da casa, così da farle maneggiare a meno persone. Allo stesso tempo, però, il governo austriaco non riaprirà le scuole (in contrasto per esempio anche con il Nord-Europa), e questo probabilmente porrà una limitazione sul numero di utenti che potranno effettivamente tornare ad allenarsi.
Un Paese che difficilmente vedrà le attività riprendere a breve è la Francia, che negli ultimi giorni ha visto i decessi crescere in modo allarmante (1.438 solo ieri). Come noto, Emmanuel Macron ha esteso il lockdown fino all’11 maggio, e, trattandosi di un Paese con più di 30.000 campi (più di Italia e Spagna messe insieme) e 4.7 milioni di praticanti, stando ai dati di Tennis Europe 2018, riprendere a giocare comporterebbe un coinvolgimento massivo della popolazione, più che in ogni altro Paese d’Europa, e quindi è difficile che si possa ragionevolmente pensare di ritornare a giocare in tempi brevi.
La Spagna, d’altro canto, ha ricominciato ad aprire alcune attività, pur scegliendo una via totalmente diversa rispetto a quella italiana: sono state infatti riaperte le fabbriche e i cantieri, mentre i negozi che hanno avuto il via libera qui sono ancora chiusi. Certo è che le curve epidemiologiche dei due Paesi sono paragonabili, e quindi si potrebbero vedere delle decisioni simili per quanto riguarda lo sport.
Più complicata la situazione britannica, e non solo per il ritardo nell’esplosione della pandemia: Wired cita uno studio della Warwick University, il quale sostiene che le persone comprese fra i 20 e 30 anni che vivono da soli dovrebbero ricominciare a lavorare per rintuzzare l’economia, e secondo l’articolo il governo starebbe prestando molta attenzione a questa ipotesi. La suddetta fascia demografica ha una mortalità piuttosto bassa (630 dei 4.2 milioni di soggetti individuati morirebbero, secondo le stime), e ha il vantaggio di non mettere a rischio i genitori, come potrebbero invece fare i bambini di ritorno da scuola o, nel caso del tennis, dal circolo. Perciò è improbabile che gli allenamenti riprendano nel Regno Unito, anche perché lo stesso studio sottolinea che la fascia “prescelta” è anche la meno abbiente, e al netto di una ripresa dei guadagni difficilmente creerebbe grande domanda per la riapertura dei circoli.
Guardando al resto del mondo occidentale, gli Stati Uniti sono la più grande incognita. La USTA ha annunciato lunedì che avrebbe cancellato ogni evento da essa patrocinato fino al 31 maggio, a prescindere dal livello, mentre lo stop si estende fino al 12 luglio per ogni evento ITF, ATP o WTA in suolo americano – inoltre, gli eventi della Adult League e della Junior Team Tennis sono stati annullati definitivamente. D’altro canto, l’America è anche la nazione a cui inevitabilmente si guarda nel mondo del tennis, e non solo. Da un lato sono il Paese che tradizionalmente ospita più tornei (14 eventi fra ATP e WTA, di cui cinque combined, che porta il totale dei tabelloni di singolare a 19), e quello con più praticanti, dall’altro sono il più colpito dalla pandemia in termini totali, ancorché non relativi.
Ora, i due dati di cui sopra non lascerebbero spazio all’ottimismo, perché pensare di tornare a giocare in un Paese con così tanti casi parrebbe quantomeno contro-intuitivo, se non fosse per il fatto che l’America si trova al momento al centro di una disputa giuridica fra chi vorrebbe riaprire (il governo federale) e chi no (le amministrazioni statali). Il decimo emendamento stabilisce che i poteri non espressamente assegnati al governo dalla Costituzione appartengano agli Stati, e, basandosi su epidemie precedenti, la facoltà di aprire e chiudere tutto apparterrebbe a quest’ultimi, come peraltro ribadito da Donald Trump quando ha deciso di non promulgare un ordine di lockdown nazionale, demandandolo alle autorità locali. Conseguentemente, la maggioranza degli Stati decideranno probabilmente di prolungare la quarantena, escludendo perciò la possibilità di tornare a giocare.
Certo, se qualche Stato decidesse di cedere alle pressioni della Casa Bianca allora tutto cambierebbe, ma vista la posizione di rilievo assunta da Gavin Newsom e Andrew Cuomo, rispettivamente Governatori democratici degli Stati di California e New York, dove si svolgono i tornei più importanti degli Stati Uniti per prestigio, prize money e apprezzamento dei giocatori (Indian Wells e US Open), questa opzione diventa assai improbabile – va detto, però, che Newsom ha iniziato a parlare di come potrebbero cambiare le vite dei suoi concittadini a partire dal mese prossimo, e questa potrebbe rappresentare una minima apertura.
Persino la Florida, lo Stato dove il Presidente risiede, potrebbe avere qualche problema a far ripartire l’attività: essendo un’area che si è rifiutata fino all’ultimo di chiudere tutto, ha grandi probabilità di impennate nei contagi, oltre a una popolazione molto anziana, e pertanto questa non sembra una strada praticabile, anche se la presenza di numerose Academies potrebbe portare a delle eccezioni normative – non dimentichiamoci che Trump ha incluso molti proprietari di franchigie sportive nel nuovo gruppo dedicato alla strategia di ripartenza dell’economia, ed è quindi un settore su cui premerà con insistenza.
Il Canada sta a sua volta lasciando alle sue dieci province l’autonomia prevista dalla Costituzione, ed è per questo che Montreal è già stato annullato (il Québec ha proibito lo svolgimento di eventi pubblici fino al 31 agosto) mentre Toronto è ancora previsto, ma la verità è che difficilmente non ci sarà un allineamento decisionale, e quindi diventa implausibile che si possa ricominciare a giocare presto.
Come si vede, in generale, le attività sportive difficilmente potranno ripartire a breve. Un caso come quello dell’Austria potrebbe essere il primo di una serie, ma, anche se è già stato detto allo sfinimento, sembra opportuno ricordare che lo sport, per quanto fondamentale nelle nostre vite, non è in primo piano in questo momento, e se ci sarà da attendere prima di poter prenotare un campo, che così sia.