In piena pandemia di coronavirus la situazione è difficile per tutti, anche per alcuni allenatori del circuito. L’Equipe ha intervistato Thomas Drouet, coach della numero 29 del mondo – nonché n. 1 cinese – Qiang Wang. La tennista cinese, classe 1992, vanta un best ranking alla posizione n. 12 e ha conquistato finora due titoli (Guangzhou e Nanchang, nel 2018). Ha disputato altre due finali, tra cui quella del ‘Masterino’ a Zhuhai nel 2018. Ricordiamo inoltre che Qiang ha raggiunto i quarti di finale allo US Open nel 2019, dove è stata sconfitta da Serena Williams.
Drouet, di origine monegasca, è stato l’allenatore di Timea Babos e anche lo sparring partner di Marion Bartoli e Bernard Tomic.A proposito del bad boy australiano, tutti ricorderanno il bruttissimo episodio di cui si è reso protagonista il padre di Tomic quando, nel 2013, aggredì il povero Thomas rompendogli il naso.
Nel passato di Drouet c’è una (breve) carriera da tennista, ma il tentativo di entrare nel tennis che conta si è arenato ben lontano dall’obiettivo, ai piedi della posizione 1000 del ranking ATP. La sua carriera da allenatore si sta dimostrando decisamente più fortunata, ma cosa succede in una situazione come questa? Qiang Wang continua a pagargli lo stipendio?
“Ho un contratto di 35-40 settimane. Quando abbiamo saputo che i tornei sarebbero stati annullati come minimo fino a luglio (oggi fino ad agosto), le ho chiesto di trovare un accordo, di versarmi il 50% del mio compenso che avrei considerato come settimane complete. Ma lei ha rifiutato perché non sta guadagnando. Non ho diritto ad alcun aiuto, quindi mi trovo in una situazione un po’ precaria, considerando il fatto che non si sa quando si riprenderà a giocare. Avevamo deciso di ricominciare gli allenamenti in Cina dal primo giugno, per tre settimane, poi altre tre settimane alle Mauritius, ma se viene annullata tutta la stagione quest’anno non so come farò. In generale la nostra situazione è sempre precaria perché sappiamo bene che la collaborazione con una giocatrice può interrompersi da un momento all’altro. e bisogna mettere in conto alcuni mesi di difficoltà. Ma in questa situazione non abbiamo nessuna certezza economica, ed è ancora peggio”.
Nessun aiuto per i lavoratori indipendenti?
“Ho zero introiti perché abito alle Mauritius. Vivo con i miei risparmi e ho sei mesi davanti a me poiché aiuto tutta la mia famiglia. Adesso, consegnerò pizze a domicilio dalle 18 alle 22 per guadagnare un po’ di soldi, per cercare di non intaccare i miei risparmi ma anche per sentirmi utile. Conto sulla solidarietà perché i giocatori hanno una responsabilità nei confronti del loro team. Lei ha donato del denaro per gli ospedali di Wuhan, ed è bello. Spero in una piccola somma per me, anche solo come anticipo del mio stipendio. Aspetto di vedere come si evolve la situazione. O troviamo una soluzione consensuale oppure le chiederò di rompere il contratto e di pagarmi ciò che mi deve e poi troverò qualcun altro. È facile lasciarmi così… Se avessi allenato la numero 150 del mondo non mi sarei mai permesso di chiederle questo. Invece lei è stata top 20 ed è n. 1 della Cina, ha avuto guadagni sostanziosi“.
“In linea di massima non mi sento di interrompere la collaborazione perché i risultati sono positivi. L’obiettivo è continuare perché lavoriamo bene insieme e andiamo d’accordo. I giocatori sono abituati ad aver tutto per loro. Che vengano aiutati i giocatori in difficoltà, è assolutamente normale e sono d’accordo, ma i top 20 che guadagnano molto possono pagare una percentuale del nostro stipendio per aiutarci. In questo caso si parla di qualità umane, non di business. Ci sono tanti giocatori che continuano ad aiutare perché considerano di avere una responsabilità nei confronti del loro team. Non bisogna dimenticare che abbiamo l’esclusiva nel contratto. C’è anche il lato umano, si possono creare legami più forti attraversando un periodo come questo insieme. Le ho perfino proposto un sistema di on/off”.
Pensa di poter riprendere l’allenamento dopo l’isolamento?
“La mia giocatrice mi dirà che siccome non ci sono tornei non ci alleneremo per quattro mesi. La conosco. Alcuni considerano solo le spese. Le famiglie hanno un grosso potere, se suo padre le dice: “Non spendere questa cifra perché non ci sono tornei” lei fa come dice lui. Suo padre non pensa che lei potrebbe comunque allenare il dritto per tre mesi per poi essere migliore quando si riprenderà“.
Esiste un aiuto reciproco tra coach?
“Ho tentato di creare un gruppo WhatsApp con gli altri coach attivi nella WTA per mettere su un’associazione non a scopo di lucro, per fare qualcosa di serio, per far valere i nostri diritti perché ogni coach avesse un contratto. Sembra funzioni, tutti sono d’accordo ma bisogna metterlo in atto per poter usufruire di un sistema di assistenza sanitaria, di un reddito pensionistico e di un supporto giuridico. Ogni coach pagherebbe una quota all’anno per dei servizi, l’obiettivo è autofinanziarsi. Saremmo indipendenti e un sindacato ci assicurerebbe maggior potere d’azione. Ma ci vuole tempo. Sono in contatto con degli avvocati. Al prossimo torneo dello Slam, faremo una grande riunione con la WTA e tutti i coach, eleggeremo due rappresentanti, si tratta di volontariato. Alla fine, sarà utile per tutti”.