Nicolas Jarry ha provato la sua innocenza nel caso di doping che lo riguardava: le vitamine che prendeva erano state cross-contaminate alla fonte, cioè nel laboratorio che le produceva. Un fatto che l’ITF ha confermato non solo come veritiero, ma anche come piuttosto comune in Sud America. Jarry era stato trovato positivo a un test antidoping durante le scorse finali di Coppa Davis di Madrid ma non accettava di essere considerato un dopato dato che non riteneva di aver commesso alcuna violazione.
Alla fine la situazione è diventata paradossale: l’ITF gli ha comunque comminato una squalifica di 11 mesi a partire dal 16 dicembre 2019. Jarry, non avendo nessuna voglia di impelagarsi nelle spese per un processo di appello, ha accettato comunque “l’offerta”: la pandemia da Coronavirus infatti gli impedirebbe comunque di giocare a tennis. Il giocatore cileno dopo la Davis aveva giocato solo l’ATP Cup e il torneo di Adelaide a gennaio prima di essere fermato a causa della sua positività. Perderà solamente i punti conquistati in quei due tornei e potrà tornare in campo il prossimo 15 novembre ammesso che si giochi ancora a tennis nel 2020.
Jarry ha raccontato su Instagram nel dettaglio come si è difeso e come alla fine abbia preferito “patteggiare” data la situazione globale attuale:
“Vorrei cogliere questa opportunità per spiegare ciò che mi è appena successo.
Lo scorso novembre, mentre ero impegnato in Coppa Davis per il Cile, mi sono sottoposto a due esami delle urine. Il primo era pulito ma il secondo ha rilevato due sostanze vietate. I livelli di queste sostanze sono così incredibilmente bassi che equivalgono a trilionesimi di un grammo, livelli così bassi che nessuna sostanza avrebbe potuto darmi alcun beneficio per migliorare le prestazioni. Vorrei farvi sapere che non ho mai assunto deliberatamente o intenzionalmente nessuna sostanza proibita nella mia carriera di tennista e, altresì, io sono assolutamente contrario al doping. Pertanto, dedicherò questi prossimi giorni e settimane a determinare da dove provengano queste sostanze in modo che il mio team legale ed io possiamo chiarire questo situazione completamente.
Questo ha colto me e i miei cari di assoluta sorpresa e quello che mi piacerebbe fare, al di là di dimostrare la mia innocenza (nessun dubbio al riguardo) è offrire in futuro ciò che mi sta succedendo come esempio per tutti i giovani atleti, affinché casi come questo non debbano verificarsi mai più. Lo dico perché sembra davvero un caso di contaminazione incrociata per l’uso di multi-vitamine prodotte in Brasile, che il mio medico mi ha consigliato di prendere dal momento che era stato garantito che fossero prive di sostanze vietate. Io e il mio team legale lavoreremo fino in fondo per dimostrare la mia innocenza e per questo ho offerto la mia piena collaborazione all’International Tennis Federation (ITF).
Come sapete, da gennaio di quest’anno mi sono speso per provare la mia innocenza dimostrando all’ITF che non ho ingannato nessuno né tentato di ottenere un qualunque vantaggio prestazionale assumendo un qualsiasi tipo di sostanza proibita. Oggi, felice e con la coscienza pulita, vi dico che noi sono stati in grado di provare nelle indagini svolte dall’ITF, che le sostanze proibite identificate nel test, provenivano dal laboratorio brasiliano che ha cross-contaminato le mie vitamine. Oltre a questo, con grande umiltà, ho accettato la squalifica di 11 mesi offerta dall’ITF, che mi renderà idoneo a competere a partire dal prossimo novembre. L’allungarsi di questi processi legali aggiungerebbe solo più stress e incertezza al mio futuro professionale.
Ho sempre cercato di essere professionista al massimo delle mie possibilità, avendo capito fin da giovanissimo i sacrifici e la professionalità necessari per diventare un tennista e chi mi conosce bene sa quanto questa sia sempre stata una mia priorità.
Voglio che sia chiaro che, quando ho scelto il laboratorio, l’ho fatto in modo che soddisfacesse tutte le condizioni richieste dai miei standard professionali, arrivando all’estremo consultandomi con tre dottori e persino chiedendo a uno di loro di visitare il laboratorio e certificare personalmente che tutto fosse a posto nella produzione delle mie vitamine lì. Sfortunatamente non è bastato e ho messo la mia salute e la mia carriera professionistica a rischio. Per questo motivo, mi rimane ora una grande lezione che porterò con me per il resto della mia carriera: so che è una mia responsabilità professionale assicurarmi che ogni cosa che consumo non possa contenere nemmeno la minima contaminazione“.