Dalla sua casa di Valencia, Sara Errani ha chattato con Simone Eterno e Federico Ferrero, telecronisti di Eurosport, spaziando su vari argomenti. Come la stragrande maggioranza dei suoi colleghi, la tennista emiliana deve bilanciare la mancanza d’allenamento con i buoni rapporti condominiali: “Non sto giocando, corro nel parcheggio sotterraneo e ogni tanto palleggio contro il muro, ma fa un rumore pazzesco, ho paura che mi caccino!“
Errani ha confermato l’opinione di molti tennisti, per i quali la natura itinerante del tennis lo rende uno sport difficile da riavviare al termine dell’emergenza sanitaria, soprattutto per via dei tempi scaglionati che i vari lockdown potrebbero avere – basti pensare a quanto potrebbero esserlo anche solo in Italia – limitando la disponibilità dei giocatori per riprendere a viaggiare.
D’altro canto, però, ci sono degli aspetti che potrebbero favorire una ripresa, per esempio il fatto che i giocatori potrebbero tranquillamente allenarsi individualmente, e questo forse può spiegare l’ottimismo di tanti dirigenti sulla possibilità di salvare quantomeno uno scampolo di stagione: “Sarà dura riprendere anche a settembre/ottobre. Potrebbe essere più semplice ricominciare ad allenarsi per i tennisti, ma prima andrebbero riaperti i circoli“.
Questo aspetto si unisce a quello, sottolineato da più parti, dell‘assenza di contatto del tennis (scherzando si potrebbe dire che se il serve-and-volley era già moribondo, il COVID-19 potrebbe avergli messo la lapide, visto che i giocatori non saranno esattamente propensi ad avvicinarsi gli uni gli altri…), aspetto su cui sia intervistata che intervistatori hanno espresso più di una perplessità, con particolare riferimento a dinamiche ordinarie come farsi dare la pallina da un raccattapalle.
Se c’è una cosa su cui c’è accordo, al momento, è proprio la mancanza di accordo fra le varie entità che controllano il tennis, ed Errani è molto chiara in questo senso, facendo eco alla recente proposta di Federer: “Sarebbe ora di unificare gli organi governativi del tennis, ma per ora hanno dimostrato che non ognuno pensa un po’ troppo a sé stesso, basti pensare a quanto successo con il Roland Garros. Mi sembra che non abbiano nemmeno preso in considerazione il meteo, perché non so quanti gradi possano esserci a Parigi a settembre“.
Un’altra questione su cui l’azzurra ha mostrato dei dubbi è la possibilità di giocare dei tornei regionali e/o nazionali durante l’interruzione forzata dei tour: “Non avrebbe molto senso a mio parere, se si possono fare quelli allora si potrebbe riprendere il circuito normalmente“.
La video-intervista completa
Su una nota più personale, le è stato chiesto se, visto il ranking attuale in confronto a quello del passato (è N.169 WTA, ben lontana dal best ranking di quinta del mondo e dalle tre stagioni chiuse in Top 15), non le sia venuta voglia di smettere, viste anche le ben note vicissitudini chimiche, ma lei è stata categorica: “L’amore per il tennis continua a farmi andare avanti, la passione e la voglia ci sono a prescindere dai risultati. Voglio ritornare a sentirmi bene in campo“.
E se la carriera tennistica non dovesse ravvivarsi, Errani ha un’alternativa pronta: “Mi piacerebbe tantissimo avere una mini-carriera nel padel, ci gioco (o meglio, giocavo) molto spesso“.
Se la passione non l’ha ancora abbandonata, Errani riconosce anche i tempi difficili che attendono gli specialisti della terra battuta come lei, implicitamente danneggiando le sue chance di rinascita: “Penso ci saranno sempre più tornei sul veloce, soprattutto nel femminile, dove la tournée sudamericana non esiste più. Credo che nel maschile ci siano più giocatori da terra che si fanno valere, cosa che non succede per noi“.
Se invece esclude di poter continuare a giocare solo in doppio, nonostante i grandi successi dei tempi delle Chichis (la sua compagna era Roberta Vinci), ha recentemente scoperto la propria attitudine didattica: “Da giovane dicevo di non voler allenare, mentre ora la cosa mi incuriosisce molto di più, quindi non lo escludo. Se devo valutare un giocatore guardo l’atteggiamento e se ha un’idea su come impostare i punti o no. La tecnica salta all’occhio, ma non l’ho mai vista come cosa fondamentale“.
L’azzurra ha rimarcato più volte l’importanza dell’aspetto mentale, senza risparmiarsi dell’autocritica: “Descrivere il gioco di qualcuno in termini di miglioramenti tecnici è difficile, perché fiducia e aspetti mentali tendono a prevalere. Per esempio, Zverev non è peggiorato al servizio dal punto di vista tecnico, ha solo perso fiducia, e a me è successa la stessa cosa, sento di essere peggiorata con la battuta ma non perché faccio cose diverse nell’esecuzione. Cambiare la propria tecnica è difficile, anzi, spesso la parte difficile è mantenerla“.
La conversazione si è conclusa con un aneddoto sul Roland Garros 2012, quello in cui Sara ha raggiunto la finale. L’aneddoto riguarda il suo match di terzo turno: “Avevo perso il primo set con Ivanovic per 6-1, e mi sono avviata verso il bagno, quando Pablo [Lozano, il suo coach, ndr] mi ha urlato: ‘Brava, vai in bagno, ma non tornare più!’ Da lì è iniziato un torneo pazzesco“. Che dire, meno male che non l’ha ascoltato.