Proprio adesso che i giovani stavano per effettuare il sorpasso, arriva la pandemia a fermarli. Di più: la lunga pausa forzata non solo differisce l’inevitabile sostituzione in vetta al ranking, bensì favorisce pure i soliti Tre (maiuscolo). A pensarlo e, per nostra fortuna, anche a dirlo, è Alexander Zverev, intervistato dalla DPA, l’Agenzia di stampa tedesca, e da Sportbild, dove gli è sfuggita la dichiarazione incriminata. Senza indugio, andiamo allora a scoprire il motivo per cui Novak Djokovic, Rafael Nadal e Roger Federer beneficeranno più degli altri di questi mesi di stop del circuito.
“Perché hanno più routine e sanno esattamente cosa fare. Inoltre, saranno freschi dopo la pausa, edi solito si esprimono meglio a inizio stagione” spiega Sascha. “Lo stop è quindi più un vantaggio per i più vecchi. Ma di una cosa sono certo: dopo, ci sarà il cambio della guardia”. Insomma, se al rientro in campo il numero 7 del mondo e gli altri della sua generazione non faranno saltare immediatamente il banco, sappiamo già il perché. Chissà se Tommy Robredo ne approfitterà per tornare almeno per un attimo agli ormai antichi splendori o il discorso vale solo per “quei” vecchi. Il catalano classe 1982, intanto, ha svelato a Behind The Racquet di puntare alla top 100.
Tornando a Zverev, dopo che le sue dichiarazioni hanno iniziato ad andare in giro e fare un bel po’ di rumore, il tedesco ha pubblicato una storia su Instagram lamentandosi di essere stato in qualche modo travisato, di non aver mai detto quelle parole. E in effetti alcune delle parole che gli sono state attribuite non le ha dette: non ha mai detto che senza lo stop i Next Gen avrebbero superato i Big 3, come riportato frettolosamente da alcuni giornali. Zverev ha spiegato che la finale tra Thiem e Tsitsipas a Londra e la sua semifinale a Melbourne suggerivano che il vento stesse cambiando, ma “sfortunatamente non sapremo mai come sarebbe andata se avessimo giocato in questi mesi“.
Di seguito vi proponiamo le due risposte di Sascha tradotte in inglese da René Denfeld e le ‘rimostranze’ social del giocatore.
Sascha si trova attualmente nei pressi di Tampa, in Florida, in compagnia dei genitori, del fratello Mischa e della sua famiglia, e si allena alla Saddlebrook Academy. Così, mentre assicura di voler tornare in Germania appena possibile, ne approfitta per dedicarsi a tre sessioni di allenamento al giorno: è lo stesso Zverev di cui parlava poco tempo fa Juan Carlos Ferrero? Ammette comunque che “è difficile quando non sai per cosa ti alleni, ma lo considero un impegno in vista dei prossimi anni”.
Al contrario del fratello, che non tiene una palla in campo dall’estate 2018 ma che resta un fenomeno quando si tratta di gestire situazioni nella terra di nessuno e prendere la rete, Sascha ha ancora dei limiti notevoli (se rapportati ad altri comparti del suo gioco) in fase di transizione. Non a caso, rivela che vuole essere più propositivo: “Sono in grado di tenere tante palle in campo, ma vorrei andare di più a rete e migliorare rovescio e servizio”. Rovescio? “Prima del 2019” continua, “non avevo mai avuto problemi con il servizio. Avevo sempre il mio ritmo”.
Un ritmo che, durante la scorsa stagione, gli abbiamo visto perdere diverse volte; e con esso, non di rado, se ne andava il match. Un problema di fiducia simile a quello di Sara Errani, come lei stessa ha avuto occasione di spiegare facendo peraltro proprio l’esempio di Zverev. Risolti i problemi personali e dopo un’ATP Cup da dimenticare, il ventitreenne di Amburgo ha raggiunto la semifinale a Melbourne, il suo miglior risultato in un Major: “Lo avete visto all’Australian Open quest’anno. Se servo bene, sono uno dei migliori. Ma, se servo male, posso perdere contro molti giocatori”.
Con i tornei che continuano a saltare rinunciando a ipotesi più o meno avventurose di rinvii – l’ultimo è stato l’ATP Stoccarda – e il calendario che cerca continuamente di reinventarsi all’interno di una cornice di assoluta imprevidibilità, Zverev è ben conscio che riuscire a giocare prima della fine della stagione sarebbe già una grande vittoria a prescindere dalle condizioni. Per esempio, il Roland Garros in ottobre sarebbe “strano ma, se dovesse accadere, ne saremmo tutti felici. Sarebbe fantastico se riuscissimo a giocare altri due Slam quest’anno”. Ma non si fa troppe illusioni riguardo alla disputa dello US Open: “È difficile da immaginare, soprattutto perché la stagione nordamericano sul duro dovrebbe partire tra la fine di luglio e l’inizio di agosto. Credo che l’ATP dovrà valutare cosa è possibile quando. Se non funziona negli USA, può funzionare in Europa”.
Per quanto riguarda invece la possibilità, tutt’altro che remota, dell’assenza del pubblico ai tornei, dice che “naturalmente, giochiamo per i fan e gli spettatori sugli spalti. Alla fine, però, è meglio se lo sport torna in TV. Meglio di niente”.
Non gli viene evitata la domanda trasversale che ricorre in un periodo in cui, occasionalmente, ci si sveste degli ormai abituali panni da virologo, epidemiologo, psicologo o economista per filosofeggiare sul futuro: passato questo virus, il mondo cambierà in meglio? “Penso che le persone potranno godere delle piccole cose” risponde Sascha. “Trascorrere del tempo con gli amici, andare fuori a mangiare. Queste cose saranno molto più apprezzate. E, forse, ci occuperemo finalmente del clima, dell’ambiente, del nostro pianeta in generale. Credo che si possa trarre qualcosa di positivo da questo momento”.