L’iniziativa di Novak Djokovic – recepita dall’ATP, che intende contribuire al fondo di solidarietà – ha scatenato un dibattito forse non del tutto prevedibile. Uno dei top 5, che secondo l’idea di Nole avrebbe dovuto donare 30.000 dollari alla causa dei tennisti fuori dalla top 100, si è detto parzialmente in disaccordo: si tratta di Dominic Thiem, a cui ha risposto Nick Kyrgios – che invece la pensa come Djokovic. Ne abbiamo parlato in questo articolo, se volete ricostruire la vicenda.
Il dibattito si arricchisce ora del punto di vista di Lleyton Hewitt, ex tennista australiano, che pur ammettendo che si tratta di un argomento ‘molto delicato’, ha espresso alcune perplessità parlando a Wide World of Sports. Le sue perplessità riguardando un difetto dell’iniziativa di Djokovic ben incarnato dall’esempio di James Duckworth, numero 83 del mondo.
Il ventottenne australiano ha guadagnato circa 1,6 milioni di dollari in carriera, e li ha sudati fino all’ultimo centesimo: tra gennaio 2017 e febbraio 2018 si è operato ben cinque volte, saltando di netto la stagione 2017 e metà della successiva. Ha cominciato il 2019 fuori dalla top 200 e lo ha chiuso rientrando in top 100 proprio all’ultimo respiro, grazie alla vittoria del challenger di Pune.
“Penso a chi ha lavorato duramente come Duckworth“, dice Hewitt. “Negli ultimi anni ha fatto tutto quanto era nelle sue possibilità per tornare in top 100, adesso non sta guadagnando nulla e l’ATP – potenzialmente – gli chiede di donare cinque o diecimila dollari ai giocatori fuori dalla top 100. Non penso che vada bene. Osservando la distribuzione dei montepremi credo che i primi quattro-cinque giocatori possano permettersi di donare più di quello che intendono dare“.
Il punto di vista di Hewitt, in sintesi, è questo: considerando quanto sono sbilanciati i guadagni dei giocatori, soprattutto nei grandi tornei, la proporzione delle donazioni pensata da Djokovic non rispecchia la realtà ed è sfavorevole ai tennisti vicino al fondo della top 100, che certo non navigano nell’oro.