Questo articolo racchiude estratti da due pezzi di Adam Lincoln, uno del 2017 e uno del 2020. Qui il link alla versione originale del primo, e qui quello del secondo. Seguiranno nelle prossime settimane le storie delle nove donne introdotte in questo articolo, capaci di cambiare la storia della WTA.
L’inizio dell’Era Open nel 1968 comportò la possibilità, per professionisti e dilettanti, di poter competere negli stessi eventi, ma non cambiò di molto la vita delle donne che giocavano a tennis. Anzi, le disparità nei montepremi non fecero che aumentare nei primi due anni di questa nuova, fulgida epoca, e, come se non bastasse, c’erano molte poche opportunità per le donne per prendersi le luci della ribalta. I tornei erano combined, ma decisamente non egalitari.
La situazione giunse a un punto di non ritorno nell’estate del 1970, quando il prestigioso Pacific Southwest di Los Angeles, organizzato da Jack Kramer, fece sapere che gli uomini avrebbero guadagnato oltre otto volte di più rispetto al cosiddetto “gentil sesso”, nonostante il tabellone femminile fosse anch’esso infarcito di grandi giocatrici.
A questo punto entra in scena Gladys Heldman, scaltra donna d’affari nonché fondatrice/editrice della rivista “World Tennis”. Da grande appassionata del gioco e attivista per i diritti delle tenniste, fu Heldman a consigliare a Billie Jean King, la più influente nel circuito femminile, di boicottare il torneo di Kramer, e fu sempre lei ad organizzare un nuovo evento femminile allo Houston Racquet Club allorché Kramer si rifiutò di modificare il montepremi prestabilito.
Cavalcando l’onda del cambiamento che stava avvenendo all’interno della società americana (un sondaggio condotto allo US Open del 1970 aveva mostrato una notevole domanda per il tennis femminile fra gli appassionati di entrambi i sessi), il fondo iniziale da 5.000 dollari per il torneo sarebbe dovuto provenire dalla distribuzione di biglietti a gruppi di donne associate con il tennis nella città texana. Successivamente, Heldman persuase il suo amico Joseph Cullman III (grande appassionato di tennis e chairman del gigante del tabacco Philip Morris) a contribuire con altri 2.500 dollari in cambio dei diritti di sponsorizzazione concessi al suo marchio, Virginia Slims.
Per questo torneo rivoluzionario, ribattezzato quindi Virginia Slims Invitational, Heldman reclutò giocatrici che firmarono accordi settimanali da un dollaro con la sua compagnia. Questo tecnicismo fu molto più che un gesto simbolico, perché le rese delle professioniste a contratto, proteggendole dalle cause che l’establishment tennistico avrebbe potuto intentare.
Ignorando minacce quali l’interdizione dagli Slam e dalle competizioni a squadre, nove donne (sette americane e due australiane) fecero un vero e proprio salto nel buio: King, Peaches Bartkowicz, Rosie Casals, Judy Dalton, Julie Heldman, Kerry Melville Reid, Kristy Pigeon, Nancy Richey e Valerie Ziegenfuss – queste sarebbero diventate le Original 9.
“Avvertii un senso di paura ed euforia allo stesso tempo”, racconta King del giorno decisivo, il 23 settembre 1970. “Sapevamo che stavamo scrivendo la storia e avevamo una grande consapevolezza del nostro scopo. Continuavo a pensare alla visione che avevamo per il futuro del nostro sport. Volevamo che ogni ragazza del mondo potesse avere la possibilità di giocare e, se abbastanza brava, di vivere di tennis”.
Eventuali timori si dimostrarono non privi di fondamento, perché le ribelli subirono le conseguenze del loro gesto. Per esempio, le due australiane del gruppo, Dalton e Melville Reid, furono estromesse dal loro campionato nazionale, mentre Dalton – che a Houston perse in finale contro Casals – non poté usare racchette Slazenger per due anni.
Ciononostante, Cullman fu talmente soddisfatto dall’evento di Houston che l’importo della sponsorizzazione da parte della sua azienda crebbe vertiginosamente: il susseguente World Tennis Women’s Pro Tour, chiamato Virginia Slims Circuit e composto da 21 tornei, offrì un montepremi complessivo di 336.000 dollari, con un numero di partecipanti sempre crescente.
I primi anni Settanta rimasero però un periodo politicamente complicato per il tennis. Gli eventi di lungo corso, inclusi gli Slam, si disputavano ancora sotto l’egida dell’International Lawn Tennis Federation (ILTF) ed erano parte di un Grand Prix separato, mentre la USLTA creò un circuito rivale che faceva forte leva sull’appeal della giovane Chris Evert e di stelle internazionali come Margaret Court, Evonne Goolagong e Virginia Wade. In buona sostanza, le migliori giocavano in leghe separate, i grandi talenti erano divisi.
La guerra del marketing fu infine vinta dalla scaltrezza della Virginia Slims e dagli sforzi delle giocatrici per promuovere il circuito, lavorando instancabilmente dentro e fuori dal campo per costruire una fan base.
King era galvanizzata dai successi del circuito Slims – il primo Master si tenne a Boca Raton, in Florida, nel 1972, con un montepremi da record di 100.000 dollari – ma allo stesso tempo era consapevole del fatto che il progresso non andasse dato per scontato, e pertanto organizzò una resa dei conti alla vigilia di Wimbledon 1973. In quell’occasione, Billie Jean si appellò con fervore all’importanza della solidarietà fra colleghe, portando circa 60 giocatrici a votare a favore della nascita di un nuovo organo governativo, la WTA, che rappresentasse i loro interessi. Adesso le migliori giocatrici facevano parte di un fronte unico, un risultato cruciale.
Due mesi più tardi, lo US Open divenne il primo Slam a garantire il medesimo montepremi agli uomini e alle donne, mentre poche settimane più tardi King sconfisse Bobby Riggs nella famosa Battaglia dei Sessi – da allora il tennis femminile non ha più guardato indietro.
“Le giocatrici di oggi vivono la nostra visione”, dice King. “Nel 1970, e anche dopo la firma del contratto da un dollaro con Gladys, molti non credevano che il tennis femminile sarebbe diventato uno sport globale, e che le giocatrici avrebbero guadagnato le cifre odierne. Ma è una realtà ormai, e so che le giocatrici di oggi terranno in vita il nostro sogno per le generazioni future, ispirando anche altri sport femminili”.
Nel prossimo articolo vi proporremo le biografie minime di queste Original 9 a cui il WTA Tour deve così tanto, e successivamente pubblicheremo un articolo di approfondimento per ognuna di loro.