Da Boca Raton, in Florida, dove sta trascorrendo la quarantena insieme alla fidanzata Ajla Tomlianovic, Matteo Berrettini ha rilasciato alcune dichiarazioni ad ANSA sul difficile momento che il mondo, e anche il tennis, stanno affrontando. Matteo avrebbe dovuto partecipare in questi giorni ad un torneino di esibizione a West Palm Beach, l’UTR Pro Match Series, ma ha dovuto dare forfait per il solito infortunio alla caviglia. “Noi siamo stati fortunati perché qui in Florida la situazione è meno grave, rispetto a New York, e ci siamo potuti anche allenare. L’infortunio non è niente di grave, dispiace ma questo è anche il periodo migliore per avere un acciacco…”.
Provando a sollevare lo sguardo oltre la siepe, Berrettini si mostra un po’ scettico sulle possibilità di tornare a giocare tornei ATP da qui alla fine dell’anno solare. Prudenza sembra essere la parola d’ordine alla base delle considerazioni del numero 8 ATP. “Stagione 2020 finita? Spero di no, ma ho grossi dubbi. Io sono per giocare, ma la cosa fondamentale ora è fermare il virus e poi ripartire con il tennis normale. Non credo valga la pena fare ripartire i tornei, ma è la scienza che ce lo deve dire“.
Ovviamente la speranza di poter tornare presto a giocare c’è, ma realisticamente Matteo ammette che il tennis, nella sua dimensione di sport globale, avrà qualche difficoltà in più rispetto ad altri sport. “Spero si trovi una soluzione. Penso a quante nazioni partecipano a un torneo solo. Concentrarle tutte in sicurezza è complicato“. Diverso è invece il caso del calcio, di cui ultimamente si parla sempre di più, anche a causa della decisione della Germania di far ripartire la Bundesliga dal 16 maggio. “Il campionato italiano si gioca solo in Italia, con giocatori che vivono in Italia e non dovrebbero andare all’estero. Il tennis invece è un circuito internazionale. Se il calcio si chiude solo in Italia, con l’Italia che sta migliorando e sta bene, con tutte le precauzioni che si possono prendere, spero non ci siano problemi”.
“Attorno al calcio è indubbio che ci sono tanti interessi economici ed è anche il nostro sport nazionale“, continua Matteo.”Ci sono tanti sport meno contagiosi del calcio e mi dispiace per il loro stop. Il calcio è il nostro sport nazionale, per certi versi è normale che ci sia tutta questa discussione attorno. È la nostra mentalità. Nel tennis si potrebbe creare un circuito nazionale in cui solo i residenti nazionali giocano, questo può valere per tutti gli altri sport. Vediamo cosa succederà“.
Berrettini ha affrontato poi la questione del Player Relief Fund, il fondo di sostegno per i giocatori con classifica più bassa fortemente voluto da Novak Djokovic e realizzato in collaborazione con ATP, WTA, ITF e i quattro Slam. Oltre ai soldi stanziati dalle associazioni e dai Major, il fondo beneficia delle donazioni spontanee dei singoli giocatori (come quella di Murray che ha donato parte della vincita del torneo virtuale di Madrid). Matteo non sembra intenzionato a sostenere economicamente il progetto, preferendo indirizzare le proprie donazioni a ospedali e simili.
“Con Nole ci siamo scritti, non è una cosa obbligatoria: io preferisco aiutare situazioni più complesse, come un ospedale, una famiglia in difficoltà, piuttosto che un tennista. Ci sono tanti giocatori che hanno bisogno di aiuto e vanno in rosso. Il progetto è una cosa molto positiva per il tennis e dimostra che i giocatori tengono anche ai colleghi delle retrovie“.