Gli italiani a Monte Carlo
Poco più di un anno si stava concludendo il torneo di Montecarlo. L’italiano Fabio Fognini ottenne il più grande successo della sua carriera battendo in finale il serbo Dusan Lajovic. Prima, in semifinale, Fabio aveva battuto Rafael Nadal. Compiendo questa grande impresa l’italiano si è iscritto per sempre nella storia del tennis, non solo come vincitore di uno dei più antichi e dei più prestigiosi tornei, ma anche come l’unico italiano capace di battere Rafa quattro volte sulla terra battuta. Si è trattato del primo italiano, dai tempi dell’indimenticabile Nicola Pietrangeli, vincitore del torneo disputato sul campo più bello del mondo, sospeso sulla roccia sopra l’azzurro del Mar Ligure.
Quando Nicola Pietrangeli, insieme al principe Alberto, consegnava a Fognini la tanto desiderata coppa, nel box dell’italiano piangeva di felicità sua moglie, Flavia Pennetta. Una volta rivale di Marta Domachowska e Agnieszka Radwańska, campionessa dell’US Open, applaudiva il marito in compagnia del capitano della nazionale italiana di Coppa Davis, Corrado Barazzuti.
Fu un torneo straordinario, anche per me. Per la prima volta andai a Monaco come cronista della Polsat. Furono tre giorni di emozioni e ricordi delle mie precedenti visite, un viaggio commovente sulle orme dell’amico di mio padre, Władysław Skonecki.
Nicola Pietrangeli, il vincitore di Monte Carlo degli anni 1961, 1967 e 1968, giocava meravigliosamente. Il suo tennis era come poesia. Venne due volte a Varsavia, negli anni 1956 e 1958, per la Coppa Davis. L’anno scorso, a metà giugno, visitò la Polonia su invito dell’ambasciatore d’Italia. Per il centenario dell’istituzione delle relazioni diplomatiche polacco-italiane, l’ambasciatore Aldo Amati organizzò un incontro con la leggenda e un torneo amichevole, il Trofeo d’Amicizia. Ho avuto l’onore di condurre l’incontro con Nicola nella bella sala da ballo del palazzo dell’ambasciata, in piazza Dąbrowskiego. Pietrangeli ha ricordato i duelli sul campo con Władysław Skonecki, gli anni ’60 a Roma, la dolce vita, l’amicizia con Marcello Mastroianni e con Charlton Heston, i suoi viaggi – anche quelli a Varsavia.
Le avventure di Gaudenzi
Un altro italiano che prima di Fabio Fognini sfiorò la finale nel Principato di Monaco fu Andrea Gaudenzi. Gaudenzi conta tre titoli ATP (Casablanca, Sankt Polten, Bastad). Nel 1995, in semifinale a Monte Carlo, era in vantaggio di un set su Tomas Muster e conduceva 5-2 nel tie-break del secondo. Gli mancò un po’ di fortuna, Tomas cominciò a zoppicare per la prima volta, forse simulando la contusione (cosi, scherzosamente, suggerì lo stesso Leitgeb) e l’italiano si fece scappare la chance della vita. In finale Muster vinse in cinque set con Boris Becker. Fu del resto la più bella finale nella lunga storia di questo straordinario torneo. Becker aveva avuto un match point nel quarto set. Il duello fu un’anteprima delle partite tra Federer e Nadal. Becker, un po’ come più tardi Federer, giocava in modo offensivo, perfetto da metà campo in avanti; il mancino Muster, archetipo di Nadal, giocava a fondo campo – ma da lì attaccava. Si dà il caso che l’allenatore e il manager dei due tennisti fosse l’austriaco Ronnie Leitgeb.
Ho parlato con Ronnie prima di scrivere questo articolo, e mi ha ricordato alcuni dettagli della carriera del tennista italiano, campione di Roland Garros e dell’US Open juniores. Andrea Gaudenzi nacque a Faenza in una famiglia di tennisti. Suo nonno, Teo Gaudenzi, era un agiato commerciante che giocava anche a tennis da discreto terza categoria. Lo zio Stefano, sesto tennista d’Italia (dopo Pietrangeli, Sirola, Gardini, Merlo e Tacchini) fu vicino ad entrare nella squadra di Coppa Davis. Oggi è titolare di un rinomato studio legale a Ravenna. Anche il padre Gabriele, di professione ingegnere edile, attualmente in pensione, partecipava a tornei. Nei primi anni ‘90, quando l’unico modo per vedere il tennis ogni settimana era avere una parabola, la famiglia ne acquistò una ed era l’unica della zona. Il giovane Andrea divise il suo tempo tra la carriera di tennista professionista (arrivò alla 18° posizione nel ranking ATP) e gli studi di legge a Bologna.
Girava la voce che si fosse impegnato troppo in palestra con Muster fino a infortunarsi alla spalla destra, il che ebbe ripercussioni sulla finale di Coppa Davis a Milano (1998) quando l’Italia affrontò la Svezia. Nella massacrante partita di cinque set con Magnus Norman, quando era 6 pari nel quinto set, si ruppe il tendine della spalla.
Il suo tennis poteva apparire poco raffinato. Era basato su un’ottima preparazione fisica. Gaudenzi era un tennista al quale piaceva il contrattacco, il suo modo di giocare si potrebbe paragonare oggi forse allo stile dello spagnolo Pablo Carreno Busta. La carriera di Andrea è stata costellata da molti momenti felici, vittorie brillanti, anche contro le leggende del tennis. Vinse con Pete Sampras a Parigi al Roland Garros e con Roger Federer al Foro Italico di Roma. All’età di 17 anni firmò il contratto con Cino Marchese, chiamato nell’ambiente del tennis Silver Fox (volpe argentata, per la sua folta chioma grigio-bianca che sfoggiava fin dall’età di poco più di trent’anni), gioielliere di professione, uno dei pionieri del tennis professionale in Italia. Era amico di Mark McCormack, fondatore della famosa agenzia IMG. Alto, elegante, maestro del marketing, anche quello della propria persona, originario di Valenza in provincia di Alessandria.
Marchese diventò presto un grande personaggio del tennis italiano, il capo europeo della potente IMG. L’agenzia impose al giovanissimo Gaudenzi un allenatore, una volta eccezionale giocatore, l’australiano Bob Hewitt, che dopo rappresentò il Sudafrica, mentre oggi sta scontando a Johannesburg una pena per stupro ai danni di minorenni (poco più di un mese fa gli è stata concessa la libertà vigilata per gli ultimi due anni e mezzo di pena, ndr).
L’UOMO CHE NON HA MAI PAURA DI SCEGLIERE – Ma il giovane italiano di Faenza sentiva di avere più cose in comune con gli austriaci, con Thomas Muster e Ronnie Leitgeb. Vedendo la rigogliosa carriera di Muster, si rivolse a Leitgeb per il supporto e ruppe il contratto con l’influente IMG, legandosi per il resto della sua carriera al manager austriaco. La sua vittoria più brillante e memorabile fu forse quella nella mitica partita contro Jim Courier, al secondo turno dello US Open 1994. Sessione serale allo stadio Louis Armstrong. Andrea era molto ispirato, con gli spalti pieni e vibranti.
Mi è rimasto nella memoria anche il suo duello degli ottavi di finale di Parigi contro Goran Ivanisevic, nella stessa stagione. Durante il terzo set l’arbitro, avendo problemi alla vescica, scese dalla sedia per andare alla toilette. Gaudenzi, divertito, si arrampicò sulla sedia, si sedette lassù e al microfono disse con calma: “Jeu, set et match Gaudenzi”. Tutti scoppiarono a ridere. Un momento di spensieratezza, molto parigino, francese, caratteristico di questo torneo. Il croato vinse quella partita in quattro set e fu lui ad avanzare ai quarti di finale.
INIZIA LA CARRIERA DI MANAGER – Andrea terminò presto la carriera di tennista, all’età di 30 anni. Il suo primo lavoro fu quello di manager nella società austriaca di scommesse Bwin. Diventò subito specialista della gestione di crisi, perché all’indomani del suo ingresso i dirigenti dell’azienda furono arrestati dalla polizia francese a La Turbie, una località situata in montagna, al di sopra di Monaco.
Poco dopo diventò socio della Musixmatch, una start-up che è il più grande catalogo online di testi di canzoni, per poi diventare anche membro del board of director della ATP Media. La sua conoscenza della legge, del business (ha conseguito un MBA all’università di Monaco), dello sponsoring, delle nuove tecnologie e della televisione, lo rende un capo del tennis mondiale particolarmente competente e apprezzabile. Tagliato per i tempi della crisi.
Ha iniziato a lavorare nel periodo degli incendi apocalittici prima dell’Australian Open e continua durante la pandemia di coronavirus. Prende decisioni rapide e ferme, se la cava benissimo con i media. Anticipa problemi, decidendo per esempio di rinunciare tempestivamente ai tornei di Indian Wells e Miami. Contrariamente alle previsioni di alcuni giornalisti perdona a Guy Forget la decisione di posticipare la data dello Slam parigino per la fine di settembre. Fa di tutto per salvare la stagione sui campi di terra battuta. Gli appuntamenti più importanti dovrebbero essere lo Slam parigino e gli internazionali d’Italia a Roma, con il supporto dei due presidenti delle associazioni nazionali, del presidente Macron e del presidente del consiglio italiano Conte. Per combinazione il presidente della Federtennis è il sardo Angelo Binaghi e della FFT il corso Bernard Giudicelli. I tornei dovrebbero essere il simbolo del rialzarsi di Francia e dell’Italia dalle ginocchia dopo la pandemia di coronavirus. Se tutto andrà in porto dipenderà dallo sviluppo dell’epidemia mondiale nelle prossime settimane.
Gaudenzi ha buone relazioni con i grandi: Nadal, Federer e Djokovic. Anche a seguito di una sua proposta lo svizzero ha rinviato la quarta edizione della Laver Cup al 2021 per lasciare spazio al Roland Garros. Mantiene buone relazioni con Tennis Australia e con l’USTA. È apprezzato e rispettato dai giocatori, del resto è uno di loro.
UN TENNIS TUTTO NUOVO – L’italiano dell’Emilia-Romagna ha la sua visione del tennis. Vuole unire il tennis maschile e quello femminile. Sostiene, giustamente, che sia un solo prodotto. È creativo, aperto a ogni novità, gli piace per esempio la formula Next Gen Finals. Pone il tifoso al centro di ogni ragionamento di business. Capisce perfettamente le necessità e le sfide della televisione moderna ai tempi dell’internet. E infine cerca di unire diversi organismi del tanto diviso mondo del tennis: ATP, WTA, ITF, il board degli Slam. I conflitti di interessi sono inevitabili. La federazione australiana insieme a quella statunitense supportano due nuovi eventi: Laver Cup e ATP Cup, mettendo francesi e Roland Garros in secondo piano. Il futuro della Coppa Davis nella nuova formula, chiamata con cattiveria Coppa Piqué, è stato messo in discussione. Il board degli Slam è un ente che non funziona, non svolge il suo ruolo di base, che è quello di tutelare ad ogni costo i tornei del Grande Slam.
Gaudenzi colma questa lacuna e mette le cose in chiaro. Lo fa con fermezza, ma con il sorriso. Per lui i tornei del Grande Slam sono i più importanti, il fondamento del tennis. Dopo vengono i Masters 1000, ATP 500 e ATP 250. Ha inoltre creato un programma dedicato ai tennisti più colpiti nel periodo della crisi. Il suo modus operandi è usare il pugno di ferro in guanti di velluto.
Il primo presidente dell’ATP non anglosassone abita da anni a Londra con la moglie, anch’essa tennista italiana. I due hanno tre figli dell’età rispettivamente di 13, 11 e 9 anni. Li chiama: messicano, cubano e tedesco, in linea con i loro caratteri. I ragazzi giocano a tennis a livello agonistico. Il papà li porta ogni fine settimana a un torneo LTA, trasferendo loro la sua esperienza. Parla fluentemente l’inglese, il francese, lo spagnolo e discretamente il tedesco. Andrea Gaudenzi ha 46 anni e il futuro del tennis è nelle sue mani.
Tomasz Tomaszewski è un telecronista di Polsat sport, giornalista e scrittore polacco. Ha lavorato in Italia per Canale 5 con Rita dalla Chiesa (programma Forum) negli anni 90, ha fatto il modello e l’attore recitando in una decina di film e serial – ‘Il Barbiere di Rio’ di Giovanni Veronesi nel 1995, tra gli altri.