Dall’10 al 17 maggio, se non fosse intervenuto il coronavirus a complicare tutto, si sarebbero giocati gli Internazionali BNL d’Italia. Per lenire un po’ la nostalgia, e sperando che il torneo possa essere recuperato quest’anno, abbiamo preparato una serie di articoli sui Sette Re di Roma da pubblicare fino a domenica, il giorno in cui si sarebbe disputata la finale. Abbiamo selezionato i sette tennisti che più degli altri hanno contribuito a scrivere la storia di questo torneo in Era Open.
Oggi è il turno di Jim Courier, campione a Roma nelle due edizioni consecutive del 1992 e 1993.
Picchiava forte, Jim Courier. Quel ragazzone della Florida dai capelli rossi ha impressionato il pubblico del tennis nei primi anni Novanta per la potenza dei colpi ma soprattutto per il modo atipico di colpire la palla, strappato e “svirgolettato”, un po’ come se, al posto della racchetta, avesse in mano una mazza da baseball. Gianni Clerici, in un suo articolo su La Repubblica all’indomani della prima vittoria di Jim al Roland Garros nella finale derby contro “Andreino” Agassi, lo aveva definito un “carro armato” e non aveva particolarmente apprezzato come i due yankee sembrassero “armati di clava spaziale”. Ma, al di là dell’estetica, Jim la racchetta la usava davvero bene, tanto da diventare nel 1992 il decimo n. 1 del mondo nell’Era Open (il primo americano dopo John McEnroe, 1984), classifica che manterrà per 58 settimane. Non solo.
In dieci anni di carriera, vanta la bellezza di quattro Slam (2 Australian Open e 2 Roland Garros), 23 titoli in tutto e due trionfi in Coppa Davis (1992 e 1995). Coetaneo di André Agassi (entrambi classe 1970), come il “Kid” di Las Vegas Jim Courier è uno dei “figli” dell’Accademia di Bradenton di Bollettieri, costruiti per essere temibili attaccanti da fondo, anche se il celebre coach ha sempre avuto una predilezione per Agassi. Campione dalle doti atletiche straordinarie, Jim si è sempre distinto per essere un giocatore, sì, potente, ma anche molto ordinato e metodico e, dietro a quelle frustate di dritto e rovescio, si nascondeva un ragazzo sensibile e riflessivo. Tra i tennisti americani, è stato certamente quello più vincente e a suo agio sulla terra battuta, come dimostrano i suoi due storici trionfi al Roland Garros (nel 1991 e nel 1992) e le due bellissime vittorie a Roma, nel 1992 e nel 1993.
DOMINATORE – Terra rossa, dicevamo. Un feeling, quello tra “Big Jim” e il mattone tritato che esplode nel magico triennio 1991-1993 in cui lo statunitense domina il tennis mondiale. Quando Jim vince la prima volta a Roma, nel 1992, vanta già il primo sigillo del Roland Garros, conquistato l’anno precedente dopo aver battuto in finale il “fratello” tennistico Agassi. Courier è n. 1 del mondo ed è reduce dal trionfo all’Australian Open, in cui annienta in finale il tennis champagne di Stefan Edberg. Il tabellone romano gli riserverà, in teoria, un vero e proprio percorso ad ostacoli poiché, match dopo match, Jim dovrà affrontare una schiera di “terraioli”, a cominciare dal primo turno con Thomas Muster (già campione a Roma nel 1990 e fresco vincitore a Montecarlo) che, dopo un combattuto primo set, cede a Jim 7-6 6-4.
Courier ci prende gusto e liquida con un doppio 6-2 lo spagnolo Clavet per poi travolgere anche Sergi Bruguera (6-3 6-2), futuro campione dello Slam francese nel 1993 (in finale con lo stesso Courier) e nel 1994. Jim perde il primo set del torneo con l’argentino Miniussi ma recupera vincendo al terzo e approda in semifinale, dove lo aspetta il tedesco Steeb. Come nel match precedente, il n. 1 del mondo è solido nel recuperare lo svantaggio iniziale e accede alla sua prima finale romana. La sfida all’ultimo round è con un altro amante dell’ocra, Carlos Costa. Ma l’americano non si scompone e, dopo un primo parziale lottato, domina lo spagnolo 7-6 6-0 6-4 (la finale allora si disputava al meglio dei cinque set). Non c’è dubbio, a Jim Courier il rosso piace davvero, tant’è che dopo la prima vittoria romana, sarà la volta del bis parigino. Nel 1992 l’americano trionferà nuovamente a Porte d’Auteil strapazzando in finale il malcapitato Petr Korda.
BIS IN SCIOLTEZZA– Con il successo romano del 1992, Jim Courier è il terzo tennista americano dell’era Open a trionfare al Foro Italico, dopo Vitas Gerulaitis e Jimmy Arias. L’anno successivo, dopo aver bissato il trionfo a Melbourne con un’altra dolorosa sconfitta imposta a Edberg in finale, Courier conferma il feeling con la Città Eterna. Testa di serie n. 2 del tabellone (il n. 1 è il connazionale Pete Sampras), Jim supera facilmente De la Peña; fatica di più con Haarhuis per poi liquidare con un doppio 6-3 il talentuoso Santoro nonché il futuro campione di Parigi, Sergi Bruguera. In semifinale demolisce alla distanza Michael Chang (6-2 6-7 6-0) per poi travolgere all’ultimo round l’ancora inesperto Goran Ivanisevic (6-1 6-2 6-2). Al cospetto delle bianche e maestose statue del Foro, Jim è ancora re di Roma.
Sulla scia del successo in Italia, poche settimane dopo, sarà ancora lui uno dei protagonisti dell’ocra francese ma, questa volta, non fino in fondo. Quello stesso Sergi Bruguera sconfitto in entrambe le edizioni romane, gli strapperà il tris parigino, andando a vincere il suo primo Open di Francia; come Courier nel 1991 e 1992, lo spagnolo si confermerà campione a Parigi l’anno successivo. Ricordiamo, inoltre, che con la terra del Foro il tennista americano aveva rotto il ghiaccio già nel 1989, vincendo il suo primo torneo di doppio in carriera (ne ha vinti 6), in coppia con “Pistol” Pete Sampras.
Dopo il triennio da sogno durante il quale è stato una delle stelle del tour, Jim Courrier rimane competitivo per alcuni annni ancora (fa semifinale a Melbourne e a Parigi nel 1994 e allo US Open nel 1995). Nel major di casa aveva disputato la finale nell’anno che lo ha visto esplodere, il 1991, e sull’erba sacra di Wimbledon giunge all’ultimo round nel suo ottimo 1993. Il colpitore da fondo atipico potrà vantare di essersi issato in finale in tutti gli Slam. Atleta solidissimo, Courier sarà però celebre per una dote tra le più preziose, la forza mentale.
“Big Jim”, nel suo fare sempre modesto e pacato, l’ha dichiarato più volte. Nel 1993, in un’intervista alla stampa francese all’inizio del Roland Garros, aveva sottolineato quanto contasse per lui “le mental”: “In cima alla scala delle qualità necessarie, prima fra tutte per essere ai più alti livelli c’è la forza mentale. Il mio gioco è solido, è vero, ma in generale devo essere al 100% della concentrazione, dal primo all’ultimo punto“. A buon intenditor…