Jamie Hampton nasce nel gennaio 1990 in Germania, a Francoforte; figlia di un padre militare statunitense di stanza in Europa, e di una madre sud coreana. La famiglia torna quasi subito negli USA, e Jamie cresce nel profondo sud, in Alabama. (Tennista statunitense nata in Germania: come John McEnroe).
A otto anni, Jamie vede in TV una partita di tennis, e se ne innamora; nessuno in famiglia gioca a tennis, ma insiste con il padre per farla provare. Quando la portano a un corso stupisce i maestri per l‘eccezionale coordinazione occhio-mano che dimostra. In sostanza giocare le piace, e le riesce anche particolarmente bene.
Non passa molto tempo e decide di dedicarsi seriamente al tennis: sin da ragazzina si vede come una futura giocatrice professionista, e i suoi sforzi sono indirizzati in quella direzione. Per il tennis abbandona il pianoforte, e poi da adolescente comincia la trafila dei tornei locali, che affronta più spesso dei tornei junior. Da Junior partecipa a due soli Slam, US Open 2005 e 2006. Nel 2005 perde al secondo turno da Yaroslava Shvedova (di tre anni più anziana), ma dopo avere sconfitto la coetanea Caroline Wozniacki.
Poco prima dei 18 anni, Hampton comincia il tentativo di scalata della classifica WTA, attraverso i tornei ITF. Sale fino alla posizione 585, ma poi nel luglio 2008 deve fermarsi per tredici mesi: operazione al polso. È il primo serio stop per ragioni fisiche della carriera. Quando torna in campo, nel settembre 2009, ha perso tutti i punti conquistati e quindi deve letteralmente ripartire da zero.
Nel 2010 però dimostra ormai di essere maturata come tennista, e compie un balzo in classifica impressionante: raggiunge otto finali a livello ITF e ne vince quattro; in gennaio è numero 726 nel raking WTA, chiude in dicembre da numero 136 del mondo. In sostanza ha avuto bisogno di un anno di apprendistato e di un anno di pausa (per infortunio), prima di compiere un primo salto di qualità. Del resto lo ha spiegato lei stessa nell’intervista del 2017: nella sua carriera ha sempre faticato un anno per adattarsi al livello della concorrenza, ma poi nella stagione successiva è regolarmente progredita.
Nel 2011 però è ancora una volta ostacolata da problemi fisici. Deve rinunciare a Wimbledon ed è costretta al ritiro anche nel corso del match di primo turno dell’ultimo Major stagionale, a New York. Nel 2012 torna a salire nel ranking. Affronta per la prima volta tutti e quattro gli Slam, gioca a Indian Wells grazie a una wild card e sconfigge la campionessa in carica Jelena Jankovic. Ma di nuovo un guaio alla schiena la obbliga al ritiro, al Roland Garros, contro Arantxa Rus.
In mezzo a questi continui “stop and go” è difficile trovare la condizione, eppure arriva ugualmente l’anno che la rivela al mondo. È il 2013. Il primo anno che affronta da Top 100, senza dover passare sempre dalle qualificazioni, e che le permette in pochi mesi di scalare decine di posti sino al best ranking da numero 24 nel mese di agosto. Ormai Jamie è pronta per affrontare qualsiasi avversaria, e lo dimostra nel modo più eclatante sin dal mese di gennaio, all’Australian Open 2013.
A Melbourne Hampton supera i primi due turni e poi al terzo trova il peggior ostacolo possibile: Victoria Azarenka. Vika è la campionessa in carica, la numero 1 del mondo e non ha ancora perso un match sul cemento in tutta la stagione (e rimarrà imbattuta sino al passaggio sulla terra).
Ne esce una partita straordinaria. Hampton soffre all’inizio, si trova sotto 1-5, ma poi comincia una rimonta inattesa. Anche se perde il primo set 4-6, sembra avere preso in mano le redini del match. Vince il secondo set per 6-4 e sale 2-1 e servizio nel terzo. Ma nel frattempo emergono di nuovo i problemi alla schiena; non l’aiuta il Medical Time Out: il dolore continua ad aumentare, e Jamie finirà per perdere gli ultimi cinque game, visibilmente menomata.
Azarenka conquista il match per 6-4, 4-6, 6-2; e quel set perso risulterà l’unico lasciato per strada sino alla finale. Vika si confermerà campionessa di Melbourne e numero 1 battendo in finale Li Na in tre set. Del match tra Azarenka ed Hampton sono ancora disponibili degli Highlights abbastanza estesi, che ci permettono di capire diverse qualità del gioco di Hampton quando era in forma.
Innanzitutto lo stupefacente controllo del corpo; a conferma delle capacità di coordinazione (emerse sin da bambina) davvero a livello superiore. Poi la ricchezza di soluzioni nei colpi da fondo: servizio molto vario, dritto e rovescio in topspin ma anche slice, oltre ai chop nei recuperi e in alcune risposte.
E poi la posizione in campo: la Azarenka di quei tempi era una macchina da guerra che soffocava le avversarie grazie al ritmo in progressione e alla posizione iper-aggressiva; del resto il suo tennis sul cemento nel biennio 2012-2013 è stato uno dei vertici assoluti degli anni ’10 in WTA. Ebbene, in questa partita Hampton non è da meno: dopo i primi game di assestamento, gioca anche lei con i piedi attaccati alla linea di fondo, e appena si presenta l’occasione non esita a entrare in campo per colpire di controbalzo, e togliere il tempo all’avversaria.
Il video è inequivocabile. Consiglio di seguirlo per intero, per apprezzare la crescita di Jamie nell’arco del match, sino ai problemi fisici che hanno indirizzato il risultato nella parte finale. In questo torneo Hampton è numero 63 del ranking, ma la sua classifica è ampiamente sottostimata.
Quando si gioca così a ridosso della linea di fondo e con un tale timing, diventa quasi irrilevante essere più o meno potenti. Jamie infatti non è strapotente, ma colpisce la palla talmente presto da rimandarla indietro con tempi rapidissimi e quasi insostenibili per chiunque. Tra Azarenka e Hampton si sviluppa così una sorta di “tennis ping pong” di alta precisione. Non esagero se sostengo che Hampton si dimostra alla pari delle tre migliori giocatrici dell’epoca in questo genere di impostazione: vale a dire la stessa Azarenka, Li Na e Kim Clijsters.
L’equilibrio del match è rotto dal guaio alla schiena, che la penalizza negli spostamenti e nel servizio. Parlando di questi dolori in conferenza stampa, Hampton rivela una situazione piuttosto preoccupante, che spiega anche i problemi del passato.
a pagina 3: Dopo l’Australian Open 2013